Il ricorso dei consiglieri comunali, lesi dal mancato recapito dell’avviso di convocazione del Consiglio con conseguente impossibilità di lettura dei documenti di bilancio e del DUP oggetto di approvazione, diviene improcedibile se il Consiglio comunale, con separata e successiva deliberazione, convalidi gli atti approvati in via retroattiva, anche se ciò avvenga in pendenza del giudizio ammnistrativo. Sono queste le indicazioni del TAR per la Calabria (sentenza n.613/2021) che ha dichiarato improcedibile il ricorso dei consiglieri comunali stante l’avvenuta nuova deliberazione adottata in sanatoria da parte del Consiglio comunale.
La vicenda
Alcuni consiglieri comunali di minoranza hanno impugnato la deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del bilancio di previsione e del documento unico di programmazione (DUP) 2020/2022 nonché di tutti gli atti e provvedimenti presupposti, prodromici, preparatori, connessi e consequenziali che hanno trovato presupposto negli atti deliberati dal Consiglio comunale. A dire dei consiglieri, infatti, vi sarebbe stata violazione delle disposizioni sul regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale, per non aver ricevuto la convocazione almeno cinque giorni interi e liberi prima di quello stabilito per la riunione. In sede di adunanza camerale, atta a statuire la richiesta cautelare di sospensione dei documenti approvati dal Consiglio in violazione delle prerogative dei consiglieri, l’ente ha depositato nuova e successiva deliberazione di Consiglio che ha convalidato la precedente deliberazione, chiedendo l’improcedibilità del ricorso. I consiglieri si sono opposti al deposito della documentazione dell’ente, contestando la convalida dell’atto deliberativo impugnato, in quanto nel caso di specie era pendente un giudizio contro l’atto da convalidare.
La sentenza del TAR
Il Collegio contabile ha osservato in va preliminare come, la convalida è il provvedimento con il quale la Pubblica amministrazione, nell’esercizio del proprio potere di autotutela decisionale ed all’esito di un procedimento di secondo grado, interviene su un provvedimento amministrativo viziato e, come tale, annullabile, emendandolo dai vizi che ne determinano l’illegittimità e, dunque, l’annullabilità. Il rapporto tra convalida e ratifica è di species a genus atteso che, come osservato in tema dallo stesso Consiglio di Stato, «in base ai principi generali del diritto amministrativo la ratifica costituisce l’atto con il quale l’organo competente conferma l’atto adottato da altro organo della stessa Amministrazione privo della relativa competenza, sanando così questo vizio di legittimità”, mentre la convalida è volta a sanare ogni altra illegittimità” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 26/10/2018, n. 6125).
Nel caso di specie, l’amministrazione dopo aver richiamato l’istituto della convalida disciplinato dall’art. 21-nonies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 e dopo aver individuato i vizi da cui era affetta la deliberazione consiliare, ha evidenziato i motivi di interesse pubblico sottesi all’adozione di tale atto e ha manifestato la volontà di convalidare la citata deliberazione, con efficacia retroattiva.
Il fatto che la convalida sia intervenuta successivamente all’avvio del contenzioso impugnatorio avverso tale deliberazione, non risulta rilevante. Infatti, “L’ammissibilità della convalida di un atto nelle more del giudizio è da ritenersi, ormai, fuori di dubbio, in virtù delle disposizioni contenute nell’ art. 21- nonies della l. n. 241/1990, pure in pendenza di gravame, in sede amministrativa o giurisdizionale, anche di appello, con la sola esclusione dell’ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza passata in giudicato” (T.A.R. Veneto, Sez. I, 22.2.2018, n. 217).
La richiesta dei ricorrenti in merito al pagamento delle spese processuali anche se dovute ad una soccombenza virtuale non possono essere accolte. L’amministrazione, infatti, ha provveduto a convocare tempestivamente e ritualmente una nuova seduta consiliare, ponendo così gli odierni ricorrenti nella condizione di poter assolvere in modo pieno al loro mandato istituzionale e i rilevanti interessi pubblici in gioco siano circostanze idonee per disporre la compensazione delle spese di lite.
Il ricorso, pertanto, è stato dichiarato improcedibile.
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