di Maria Teresa Nardo Stefano Pozzoli
Il Comune aveva impugnato la delibera di giunta regionale 220/2019 in ragione del fatto che il costo del servizio era stato calcolato e richiesto dalla regione con particolare ritardo (oltre due anni) generando così un debito fuori bilancio per l’ente locale, considerato che questi costi non potevano più essere inseriti nel Pef e quindi essere coperti dalla Tari.
Il rispetto dei tempi dell’iter procedurale definito dalla legge regionale n. 18/2013 avrebbe permesso al Comune di ricomprendere l’onere nel Pef del servizio integrato dei rifiuti dell’anno di riferimento o, al più tardi, dell’anno successivo. Questo avrebbe consentito al Comune di quantificare correttamente la tariffa e le relative entrate necessarie per la copertura in bilancio dei costi del servizio, evitando così il formarsi di un debito fuori bilancio a carico delle finanze comunali.
Il Comune, su questo punto, ha evidenziato il grave pregiudizio derivante dall’obbligo normativo di finanziare in bilancio i debiti fuori bilancio in tre anni, indipendentemente dalla presenza o meno di piani di rateizzazione, come chiarito dalla sentenza della Corte conti SS.RR/EL n. 37/2020 (su cui si veda Nt Enti Locali & Edilizia del 13 gennaio scorso) e dalla deliberazione n. 17/2020 della Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per la Calabria.
Il Comune, davanti al Tar (e successivamente in Consiglio di Stato), richiamando la norma in materia di riconoscimento di debiti fuori bilancio, ha specificato che ai fini della verifica degli equilibri di bilancio la rateizzazione di un debito fuori bilancio oltre i tre anni del bilancio di previsione non è da considerarsi praticabile, tanto più in un ente che già ha approvato il piano di riequilibrio, e che un ulteriore riconoscimento di debito fuori bilancio potrebbe solo aggravare irrimediabilmente gli equilibri già fragili.
Di conseguenza ha richiesto la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.
Tuttavia, con ordinanza n. 560/2020, il Tar ha rigettato la domanda cautelare ritenendo che non sussistano i presupposti per concedere la tutela cautelare, dovendo in proposito anche evidenziare che le dimensioni del debito gravante sul comune e la sua rateizzazione in dieci anni escludono che nel tempo necessario a definire nel merito la controversia possa prodursi un danno grave e irreparabile. Questa posizione è stata confermata, seppur in parte, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sentenza 8648/2020).
La differenza di posizione, tra la Corte dei Conti e il giudice amministrativo può essere rintracciata nell’articolo 53, comma 6 del decreto-legge n. 104 del 2020 convertito dalla legge n. 126 del 2020, che modifica l’articolo 194, comma 3 del Tuel nel modo seguente: «In presenza di piani di rateizzazioni con durata diversa da quelli indicati al comma 2, può garantire la copertura finanziaria delle quote annuali previste negli accordi con i creditori in ciascuna annualità dei corrispondenti bilanci, in termini di competenza e di cassa» .
Non si esclude in questo scenario l’intervento della Corte costituzionale su questa modifica dell’art. 194, comma 3 del Tuel.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento