Gli enti in dissesto non possono concedere a titolo gratuito i propri beni patrimoniali

Gli enti locali possono concedere i propri beni in comodato a terzi, qualora sia perseguito un effettivo interesse pubblico equivalente o addirittura superiore rispetto a quello meramente economico ovvero nei casi in cui non sia rinvenibile alcuno scopo di lucro nell’attività concretamente svolta dal soggetto utilizzatore di tali beni unitamente alla compatibilità finanziaria dell’intera operazione posta in essere.

14 Gennaio 2022
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Gli enti locali possono concedere i propri beni in comodato a terzi, qualora sia perseguito un effettivo interesse pubblico equivalente o addirittura superiore rispetto a quello meramente economico ovvero nei casi in cui non sia rinvenibile alcuno scopo di lucro nell’attività concretamente svolta dal soggetto utilizzatore di tali beni unitamente alla compatibilità finanziaria dell’intera operazione posta in essere, fermo rimanendo il rispetto dell’evidenza pubblica. In caso di enti dissestati, detta possibilità incontra un limite nell’art.251, comma 5, del Tuel, dovendo costituire fonte diretta di reddito. Con queste motivazione la Corte dei conti della Sicilia (deliberazione n.183/2021) ha negato detta possibilità ad un ente in procedura di dissesto.

La domanda del Sindaco

Il Primo cittadino di un ente locale in dissesto ha chiesto ai magistrati contabili un parere in ordine alla legittimità della concessione, a titolo gratuito ed a tempo determinato, dell’uso di un immobile comunale ad associazioni culturali, senza alcun onere a carico dell’ente e a titolo gratuito a condizione che provvedano direttamente alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria e di gestione dell’immobile stesso, al fine di evitare il deterioramento del bene per il non uso e contemporaneamente offrire alla cittadinanza servizi culturali.

Alcune indicazioni della giurisprudenza contabile

Sulla possibilità di poter concedere un bene immobile a titolo gratuito si è espressa la giurisprudenza contabile, precisando che la concessione in comodato di beni di proprietà dell’ente locale è da ritenersi ammissibile nei casi in cui sia perseguito un effettivo interesse pubblico equivalente o addirittura superiore rispetto a quello meramente economico ovvero nei casi in cui non sia rinvenibile alcuno scopo di lucro nell’attività concretamente svolta dal soggetto utilizzatore di tali beni unitamente alla compatibilità finanziaria dell’intera operazione posta in essere (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, del. n.172/2014/PAR; Sezione regionale di controllo per il Lazio, del. n.87/2014/PAR) ed alle modalità di affidamento della concessione, che deve rispettare i canoni dell’evidenza pubblica.

I limiti normativi degli enti dissestati

Gli enti dissestati, tuttavia, soggiacciono ad alcune limitazione del Tuel. In particolare, l’art. 251, comma 5, del D.Lgs 267/2000 prevede che “per il periodo di cinque anni, decorrente dall’anno dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, ai fini della tassa di smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti (…)”. Il successivo art.255, comma 9, invece, prevede che l’organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell’ente, avviando, nel contempo, le procedure per l’alienazione di tali beni.

Il parere

Secondo il Collegio contabile siciliano, la normativa prevede in modo espresso che la gestione del patrimonio disponibile deve costituire fonte diretta di reddito o attraverso l’imposizione di un canone nella misura massima consentita in relazione al valore del bene ovvero attraverso l’alienazione, ai fini del reperimento della massa attiva necessaria per far fronte alla massa passiva. Pertanto, la risposta al Sindaco non potrà che essere negativa, non potendo prescindere l’Ente, in caso di concessione in uso di un bene pubblico a privati, dall’espletamento di una procedura di evidenza pubblica, con l’applicazione di un canone quantitativamente coerente con la condizione di dissesto.

 

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