di Gianni Trovati
L’ordinanza della Corte costituzionale n. 105/2019 Un Comune in pre-dissesto non può esporre in bilancio un avanzo di amministrazione. La stessa impossibilità di vantare “avanzi” caratterizzebbe di conseguenza gli enti in disavanzo. Questi enti non hanno un avanzo reale: e quindi non possono spenderlo. Per chi non segue puntualmente le complicate vicende della finanza locale, queste considerazioni possono sembrare ovvie. Ma sul piano delle regole dei bilanci locali, e soprattutto delle loro interpretazioni operative, tanta ovvietà sfuma. Al punto che c’è voluta un’ordinanza della Corte costituzionale, la 105/2019depositata ieri (presidente Lattanzi, relatore Carosi), per fissare nero su bianco questi principi. La decisione I giudici costituzionali si sono occupati di una norma, l’articolo 5, comma 11-septies del Milleproroghe di fine 2016 (Dl 244/2016) che riapre i termini di presentazione dei piani di riequilibrio agli enti che erano arrivati in ritardo alle sezioni regionali della Corte dei conti. Secondo quella regola, questo è il punto, la finestra per evitare il default si riapre a patto che l’ente abbia «conseguito di un miglioramento, inteso quale aumento dell’avanzo di amministrazione o diminuzione del disavanzo di amministrazione». La norma resta nell’ordinamento perché la Consulta dichiara illegittima la questione di costituzionalità sollevata dalla Corte dei conti siciliana, tanto più che il Comune in questione (Pozzallo, in provincia di Ragusa) non aveva dimostrato il «miglioramento» necessario a sfruttare la proroga. Nel dichiarare l’inammissibilità della questione, però, i giudici delle leggi sottolineano «il carattere parzialmente eccentrico» della norma impugnata, nella parte in cui presuppone la possibilità che l’ente in pre-dissesto possa registrare «un aumento dell’avanzo di amministrazione». Perché «la pre-esistenza di un avanzo di amministrazione» è«incompatibile con la pre-esistenza o l’avviamento del piano pluriennale di riequilibrio». Che cos’è l’avanzo Da qui arriva la definizione dell’avanzo che, dice sempre la Consulta, «non può essere confuso con il saldo attivo di cassa e neppure con un risultato di esercizio annuale positivo». Perché l’avanzo «è tale solo se tiene conto – compensandoli completamente in modo definitivo – degli accantonamenti scaglionati nel tempo contemplati dal piano di riequilibrio». Lo stesso principio, anche se l’ordinanza non se ne occupa perché esula dalla questione specifica finita sul suo tavolo, “cancellerebbe” l’avanzo apparente anche negli enti che si trovano a dover coprire in tre anni un disavanzo. Perché questo “utile”, scritto alla lettera a) del prospetto sul risultato di amministrazione, esiste davvero solo se il risultato resta positivo anche dopo aver conteggiato il rosso da ripianare.Un Comune in pre-dissesto non può esporre in bilancio un avanzo di amministrazione. E la stessa impossibilità caratterizza gli enti in disavanzo. Questi enti non hanno un avanzo reale: e quindi non possono spenderlo.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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