di DAVIDE MATTEI
La richiesta di maggiore trasparenza nelle decisioni e nei processi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili torna con forza al centro del dibattito professionale. A rilanciare il tema è l’Associazione nazionale commercialisti, che denuncia un approccio “chiuso e non inclusivo” da parte dell’organo di vertice, accusato di ostacolare l’accesso a documenti di interesse collettivo per gli iscritti. Il caso che ha riacceso la polemica risale allo scorso anno, quando l’Anc ha dovuto ricorrere al TAR per ottenere i verbali e le osservazioni prodotte durante la consultazione sul nuovo codice deontologico.
Secondo il sindacato, quei documenti avrebbero dovuto essere resi pubblici “senza resistenze e senza alibi”, in nome della trasparenza che riguarda tutti i professionisti iscritti all’albo. Il Consiglio nazionale aveva negato l’accesso giustificando la decisione con motivazioni definite “deboli”: presunta mancanza di interesse diretto dei richiedenti e tutela della privacy. Argomentazioni che, secondo l’Anc, “minano il diritto alla partecipazione e alla conoscenza” di decisioni che incidono sull’intera categoria.
Il verdetto del TAR è stato chiaro: pieno riconoscimento del diritto dell’Associazione a ottenere i documenti e ordine di consegna degli atti. Una decisione che – ha commentato l’Anc – “ha confermato ciò che il buon senso avrebbe dovuto suggerire fin dall’inizio”, evidenziando una mancanza di trasparenza e generando “inutili spese legali a carico degli iscritti”. Oggi la questione si riaccende con il caso delle “lettere di consenso”, inviate da vari Ordini territoriali al Consiglio nazionale. Secondo il presidente Elbano de Nuccio, tutte sarebbero state “favorevoli e incondizionate” alla riforma dell’ordinamento proposta al Governo. Tuttavia, tali lettere non sono mai state rese pubbliche, né agli iscritti né, in alcuni casi, agli stessi componenti del Consiglio. Anche su questo episodio l’Anc ha annunciato un nuovo ricorso al Tar, chiedendo chiarezza e accesso agli atti. “Perché ciò che dovrebbe essere trasparente diventa un mistero che si svela solo davanti a un giudice?”- si domanda il sindacato, ricordando che questo atteggiamento rischia di compromettere la fiducia degli iscritti nelle istituzioni di categoria. Per l’Anc, la vicenda non riguarda solo un principio formale, ma la credibilità dell’intera rappresentanza. “La trasparenza non è un atto di cortesia, ma un dovere istituzionale”, afferma il sindacato. E la scarsa chiarezza nei processi decisionali ha alimentato malumori e divisioni in una categoria che deve ritrovare i valori di collegialità e partecipazione.
* Articolo integrale pubblicato su Italia Oggi del 15 ottobre 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)
Garantire il pieno diritto nell’accesso ai documenti
La recente pronuncia del TAR conferma che “la trasparenza non è un atto di cortesia, ma un dovere istituzionale”
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