Fusioni, i tagli non sorprendono

26 Luglio 2019
Modifica zoom
100%

Il mancato rifi nanziamento dei fondi statali produrrà pesanti decurtazioni dei contributi

Biglio: l’Anpci ha sempre messo in guardia i comuni
Chi è causa del suo mal pianga se stesso. La decisione del governo di non integrare il fondo per le fusioni con le risorse (25 milioni) necessarie quest’anno a garantire il massimo dei contributi disponibili per i comuni oggetto di aggregazione ha colto di sorpresa tutti tranne che l’Anpci. Da anni, infatti, l’Associazione nazionale dei piccoli comuni mette in guardia dai facili entusiasmi che contagiano i sindaci dei minienti spingendoli verso le fusioni dietro la promessa di contributi straordinari dello stato e delle regioni. L’Anpci ha sempre sostenuto che prima o poi questi contributi sarebbero stati ridotti e così è stato. Quest’anno infatti (si veda ItaliaOggi del 3 luglio) per garantire agli enti il massimo delle risorse erogabili in base alla legge (60% dei trasferimenti percepiti nel 2010 con il tetto massimo di 2 milioni di euro a fusione) sarebbero serviti 70 milioni, invece dei 46,5 milioni disponibili che nel 2018 sono bastati per soddisfare tutti. Colpa del boom di aggregazioni registrate l’anno scorso al solo scopo, meramente strumentale, di mettere mano sui fondi statali e regionali. «Una vera e propria febbre dell’oro, peccato che però l’oro si sia esaurito», ha osservato la presidente dell’Anpci, Franca Biglio. E a chi oggi si lamenta e accusa l’esecutivo di non aver voluto reintegrare il fondo per le fusioni con i 25 milioni mancanti, Biglio replica: «Davvero si è potuto credere che in piena spending review e con la spada di Damocle dell’Europa che ha appena chiuso la procedura di infrazione per extradefi cit contro l’Italia, l’esecutivo potesse erogare come nel paese del Bengodi tutti quei milioni? I piccoli comuni che si fondono con quelli più grandi quasi certamente hanno assunto tale decisione con il miraggio di ottenere i contributi straordinari da stato e regioni, senza rendersi conto che questi contributi, prima o poi, sarebbero stati ridotti e che gli stessi venivano comunque corrisposti solo a partire dall’anno successivo all’istituzione del nuovo comune risultante dalla fusione, cioè quando il comune piccolo veniva già incorporato sparendo per sempre». «Prima di imboccare una strada senza ritorno occorreva leggere bene le norme», prosegue la presidente dell’Anpci. «Da anni portiamo avanti la battaglia contro questa fi nta spending review, dimostrando che i piccoli comuni non hanno bisogno di tutori che impongono o spingono verso le unioni e le fusioni, strumenti che, oltre a generare maggiori costi, riducono gli spazi di democrazia diretta».
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento