di Pietro Sacchetta
L’articolo 10, comma 2, Dpr 633/1972, prevede che le prestazioni di servizi, effettuate da consorzi nei confronti di consorziati (o soci di società consortili), sono esenti Iva a condizione che i soci, nel triennio solare precedente, abbiano registrato una percentuale di detrazione, di cui all’articolo 19-bis Dpr 633/72, non superiore al 10%. L’interpello Gli enti locali, diversamente dalle aziende che esercitano esclusivamente attività commerciale, svolgono sia attività istituzionale (es. gestione dell’anagrafe, polizia locale), che attività commerciale soggetta ad Iva (es. mensa scolastica, servizio idrico integrato). Sino ad ora, nei casi in cui gli enti locali ricevevano prestazioni di servizi dai loro consorzi, non esisteva una chiara interpretazione sulle modalità di calcolo della percentuale di detraibilità di cui all’articolo 19-bis, Dpr 633/72. In altri termini, al momento di chiedere ai consorzi l’emissione delle fatture in esenzione Iva, c’era l’incertezza per gli enti se, nel calcolo della percentuale di detraibilità, rientrava solo l’attività commerciale, ovvero anche quella istituzionale. A seguito di interpello, formulato dalla Città di Parma, ex art. 11, co. 1, lett. a), L. 212/2000, la Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate dell’Emilia Romagna, intervenendo sul punto, con risposta n. 909-764/2019 del 7 novembre 2019, ha fornito una chiara interpretazione in merito alla questione sollevata. I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate L’Agenzia delle Entrate, citando il contenuto della Circ. AE 23/E del 8.5.2019, ha ribadito innanzitutto che la ratio della previsione di cui all’articolo 10, co. 2, Dpr n. 633/1972 è «riferibile anche a consorzi costituiti tra soggetti che non hanno la qualifica di soggetti passivi, i quali, svolgendo attività escluse dal campo di applicazione dell’Iva, non hanno comunque diritto ad operare la detrazione dell’imposta pagata sugli acquisti. La stessa norma comunitaria di riferimento (art. 132, paragrafo 1, lettera f) Direttiva 2006/112/CE), equipara espressamente ai fini in esame i consorziati che esercitano attività e le persone che svolgono attività per la quale non hanno la qualifica di soggetti passivi». L’Agenzia puntualizza, quindi, che il diverso tenore letterale della previsione nazionale (art. 10, comma 2, Dpr 633/1972), che non contiene alcun riferimento alle persone prive di soggettività Iva, non può condurre a negare a queste ultime, costituite in strutture consortili per la realizzazione di servizi finalizzati allo svolgimento delle loro attività, l’applicabilità del regime di esenzione. L’Agenzia prosegue specificando che «nell’ipotesi di contribuenti che esercitano più attività – esenti ed imponibili, il requisito di cui trattasi deve essere valutato avendo riguardo al rapporto percentuale tra le operazioni diverse da quelle imponibili e le complessive operazioni effettuate nel periodo d’imposta», tenendo conto, quindi, di tutte le attività esercitate e, «soltanto nel caso in cui la percentuale delle prestazioni che danno diritto a detrazione risulti non superiore al 10 per cento di quelle complessivamente effettuate, il consorziato avrà diritto a ricevere dal consorzio prestazioni in esenzioni di imposta». In conclusione, l’Agenzia delle Entrate, rispondendo chiaramente all’istanza di interpello ricevuta, equipara alle operazioni esenti quelle fuori campo Iva, poste in essere da soggetti privi della qualifica di soggetti passivi (quali possono essere quelle dell’ente nell’ambito della sua attività istituzionale). Conclusioni Sulla base di tali presupposti, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, nella determinazione del pro-rata, il comune istante dovrà tenere conto di tutte le operazioni complessivamente effettuate e cioè: – operazioni fuori campo; – operazioni commerciali esenti; – operazioni commerciali imponibili; con conseguente applicabilità del regime di esenzione Iva, per le fatture ricevute a seguito di servizi consortili, solo se la percentuale di detraibilità, calcolata secondo i requisiti sopra individuati, non abbia superato il 10% per cento nel triennio solare precedente. Alla luce della risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate, l’identificazione delle entrate corrispondenti per il calcolo del pro rata, non potrà che riferirsi a tutte le operazioni commerciali ed istituzionali effettuate dal comune, e quindi alle entrate riportate ai primi tre titoli del bilancio di entrata dell’ente.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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