Estesa la sentenza della Consulta anche agli enti non in riequilibrio finanziario

22 Maggio 2019
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Si ricorda come la sentenza n.18 del 2019 della Corte Costituzionale abbia rilevato l’illegittimità costituzionale  dell’art. 1, comma 434 della Legge 232/2016 (c.d. legge di stabilità 2017) per gli enti in riequilibrio finanziario. Detta disposizione prevedeva, in particolare, che gli enti locali che nel corso del 2013 o del 2014 avessero presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne avessero conseguito l’approvazione, ai sensi dell’articolo 243 bis del Tuel, avrebbero potuto ripianare la quota di disavanzo applicato al piano di riequilibrio, secondo le modalità previste dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2015. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, i medesimi enti, ferma restando la durata massima del piano di riequilibrio come previsto dall’articolo 243 bis, comma 5, del Tuel, avrebbero potuto rimodulare o riformulare il precedente piano in coerenza con l’arco temporale di trenta anni previsto per il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.118.

La medesima normativa è stata inserita dal legislatore anche per gli enti che avevano approvato un piano di copertura del disavanzo. La disposizione è contenuta nella legge di bilancio 2017 e precisamente al comma 435 dell’articolo unico secondo cui “Fermi restando i tempi di pagamento dei creditori, gli enti locali che hanno proceduto alla revisione dei residui, per effetto di espressa pronuncia della Corte dei conti, nel corso  degli esercizi 2012, 2013 o 2014, antecedentemente al riaccertamento straordinario di cui all’articolo 3, comma 7, del  decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, determinando un  piano triennale di copertura  del disavanzo riscontrato, ai sensi dell’articolo 193 del  testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali,  di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono riformulare tale  piano, entro il 31 marzo 2017, per la parte non ancora attuata, secondo le modalità e nell’arco temporale previsti dal decreto del  Ministero dell’economia e delle finanze 2 aprile 2015,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2015. A decorrere dalla data di riformulazione del piano, gli enti di cui  al  periodo precedente presentano alla sezione regionale della Corte dei conti apposita attestazione del rispetto dei tempi di pagamento di cui  alla direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011”.

Sulla legittimità della disposizione è intervenuta la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per le Marche con la deliberazione 16 maggio 2019 n. 27.

La vicenda

Un Comune comunicava alla Corte dei conti di aver proceduto ai sensi dell’articolo 1, comma 435 della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 alla rimodulazione di un precedente piano di copertura del disavanzo (da triennale a trentennale) per la parte residua non ancora attuata. Il disavanzo oggetto di rimodulazione è stato accertato con delibera di Consiglio comunale e trae origine dalle verifiche effettuate dalla Sezione della Corte dei conti sull’attività di riaccertamento straordinario dei residui.

Le indicazioni della Corte

Il Collegio contabile, chiamato a giudicare la riformulazione del piano di rientro del disavanzo, precisa in via preliminare che la normativa citata dall’ente, al fine di detta riformulazione richiede il rispetto dei tempi medi di pagamento che nel caso di specie non risulta rispettato, a nulla rilevando le giustificazioni dell’ente secondo il quale l’ultimo capoverso dell’articolo 1 comma 434 della legge 11 dicembre 2016 n. 232, richiede che dalla data di riformulazione del piano venga presentata alla Sezione Regionale di controllo della Corte dei Conti apposita attestazione del rispetto dei tempi di pagamento di cui alla direttiva 2011/7/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011, senza peraltro stabilire che il mancato rispetto del predetto termine comporta la decadenza del nuovo piano approvato.

Nel merito della rimodulazione è permessa agli enti che presentano un piano triennale di copertura del disavanzo ex art. 193 TUEL determinato da una revisione (ordinaria) dei residui compiuta, per effetto di espressa pronuncia della Corte dei conti, nel corso degli esercizi 2012, 2013 o 2014, antecedentemente al riaccertamento straordinario. Ora, secondo il Collegio contabile, la revisione dei residui, da cui è scaturito il disavanzo soggetto a ripiano triennale, è stata compiuta dall’Ente nel corso del 2016 e che essa si colloca in epoca successiva al riaccertamento straordinario, con la conseguenza che la norma di cui al comma 435 cit. non può trovare applicazione.

Avuto riguardo alla ratio della norma inserita nella legge di bilancio 2017, va rilevato che essa intende coordinare gli effetti peggiorativi derivati dalla revisione ordinaria dei residui conseguenti all’adozione di pronunce della Corte dei conti determinanti un piano triennale di copertura, con gli effetti derivanti dall’introduzione delle nuove regole della contabilità armonizzata e, in particolare, con le norme che regolano la copertura del maggior disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui (art. 3, co. 7 D. Lgs. 118/11 e DM 2.04.2015). La norma presuppone, quindi, che la fonte del disavanzo determinato dalle pronunce del Giudice contabile risieda in partite che sarebbero state eliminate in sede di riaccertamento straordinario. Infatti, secondo il Collegio contabile, siffatta è l’unica in grado di assicurare la compatibilità della norma con il principio di equilibrio del bilancio posto dall’art. 81 Cost., in quanto il ripiano trentennale presuppone l’applicazione delle nuove regole contabili da cui scaturiscono nuove forme di disavanzo (legate, in particolare, all’accantonamento al FCDE) e non può offrire copertura a disavanzi effettivi già presenti in epoca precedente all’introduzione della nuova contabilità armonizzata.

Continua il Collegio contabile, che questa ricostruzione è rafforzata anche alla luce dei principi enucleati nella recente pronuncia della Corte costituzionale n. 18/2019. Nella citata sentenza – sebbene resa con riguardo alla diversa fattispecie della rimodulazione dei piani di riequilibrio pluriennali ex art. 243-bis TUEL approvati prima del riaccertamento straordinario – la Consulta è tornata a ribadire la forza espansiva dell’art. 81, terzo comma, Cost. quale presidio degli equilibri di finanza pubblica in grado di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti la sana gestione finanziaria e contabile, sottolineando il vulnus che le deroghe alla regola della copertura triennale dei disavanzi provoca a elementari principi di equità intergenerazionale. Infatti, laddove l’ente, come nella fattispecie, si trovi in una situazione di disavanzo “effettivo” che scaturisce non tanto dall’applicazione delle nuove regole della contabilità armonizzata quanto piuttosto dalla cancellazione di residui attivi insussistenti, la dilatazione dei tempi del risanamento (da tre a trenta anni) non può andare a discapito delle ragioni dei creditori e del loro diritto ad ottenere i pagamenti entro i termini massimi di legge.

L’organo competente

Altra questione investa la competenza dell’organo che approvi una rimodulazione del piano triennale di rientro. Secondo il Comune la competenza è intestata alla Giunta Comunale, secondo la Corte la comptenza è invece del Consiglio comunale. Infatti, si tratta di un provvedimento investe la materia del bilancio (stabilendo l’ammontare di disavanzo annuo da finanziare e individuando le relative fonti di copertura), per cui la competenza non potrà che essere ricondotta all’organo consiliare, ai sensi dell’art. 42, co. 2 lett. b) TUEL. A corroborare tale conclusione contribuisce la circostanza che la rimodulazione del piano di rientro incide direttamente (modificandoli) sui contenuti di una precedente delibera di Consiglio comunale.

Conclusioni

Secondo il Collegio contabile, pertanto, il Comune ha illegittimamente proceduto alla rimodulazione della parte non attuata del piano triennale di copertura del disavanzo, con la conseguenza che la quota residua del disavanzo dovrà avvenire nel corso del corrente esercizio 2019.

Scarica la Deliberazione della Cassazione

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