Equo compenso, conto salato per la p.a. 

3 Agosto 2023
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di SIMONE D’ALESSIO (ItaliaOggi 03/08/2023) – In collaborazione con Mimesi s.r.l
L’equo compenso (disciplinato dalla legge 49/2023, in vigore da maggio) potrebbe avere un conto «salato» per le casse dello Stato: poiché, infatti, vi rientrano i servizi resi in favore delle Pubbliche amministrazioni e delle loro partecipate, «l’interpretazione secondo cui la disciplina si applicherebbe a ogni rapporto contrattuale comporterebbe un significativo maggior onere a carico delle finanze pubbliche», al contrario di ciò che prevede l’articolo 13 dello stesso testo. Inoltre, «qualora vi fosse un’applicazione generalizzata delle nuove norme» a tutte le mansioni «per le società di maggiori dimensioni si determinerebbe un aumento del compenso dei sindaci del tutto fuori mercato» al punto che, «secondo il calcolo di una società di grandi dimensioni quotata con un valore di redditi lordi e di attività pari a circa 8 miliardi, l’equo compenso di ciascun sindaco ammonterebbe a circa 580.000 euro», a fronte di quello attuale medio di «circa 50.000 euro». È un passaggio della circolare di Assonime (l’Associazione fra le società italiane per azioni) sull’applicazione dell’equo compenso, che segue l’invio di una lettera, firmata da altre organizzazioni datoriali, alla presidenza del Consiglio e ai dicasteri della Giustizia e delle Imprese e del made in Italy, nella quale sono stati evidenziati alcuni «nodi», principalmente legati ai costi (dal «volume insostenibile per il mondo imprenditoriale») che deriverebbero dall’attuazione delle disposizioni (come raccontato su ItaliaOggi di ieri). A giudizio del consigliere nazionale dei commercialisti con delega alla deontologia e ai compensi professionali Pasquale Mazza, «se il problema è quello degli emolumenti che la Pa in generale-e non le partecipate- deve riconoscere ai professionisti per le prestazioni d’opera intellettuale richieste, posso dirmi contento che sia finalmente finita la stagione delle gare che prevedono l’assegnazione di incarichi con pagamenti irrisori, se non, addirittura, a titolo gratuito», sottolinea, ricordando i casi dei bandi «a zero euro» di alcuni organismi statali e territoriali con i quali, fino a pochi anni fa, si puntava a reclutare soggetti con elevate qualifiche, non prevedendo per loro alcuna remunerazione. E ricorda che, come anticipato ieri sul giornale dal presidente della categoria Elbano de Nuccio, al ministero della Giustizia «c’è già una nostra proposta correttiva per introdurre un «tetto» ai compensi dovuti ai collegi sindacali delle società di grandi dimensioni» quelle, rammenta Mazza, «con parametro di riferimento superiore ad un miliardo», affinché i pagamenti «non risultino sproporzionati». Fonti del mondo datoriale interpellate da ItaliaOggi, intanto, non nascondono di temere che discenda dall’applicazione della legge 49/2023 un’alterazione del mercato, con compensi o esageratamente verso l’alto, o verso il basso, nonché l’acuirsi del livello di incertezza, in uno scenario fortemente condizionato dall’attività della pubblica amministrazione impegnata nell’attuazione del Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza).
* Articolo integrale pubblicato su ore Italiaoggi del 3 agosto 2023.

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