La Gazzetta degli enti locali
Rientra nell’ambito delle passività pregresse e non richiede il riconoscimento del debito fuori bilancio il pagamento del maggior importo dell’IVA dovuto dall’Ente locale all’appaltatore a seguito dei controlli dell’Agenzia delle Entrate, che aveva ritenuto applicabile l’aliquota ordinaria e non un’aliquota agevolata.
È questa l’indicazione contenuta nella recente deliberazione della Corte dei conti (Sezione Regionale di controllo della Sardegna – parere n. 33/2021) che ha inquadrato, appunto, la fattispecie sottoposta nell’ambito delle passività pregresse anziché dei debiti fuori bilancio, con i conseguenti effetti in merito alle modalità da seguire ed utilizzare per provvedere al pagamento della differenza di imposta.
Le passività pregresse derivano, in particolare, da impegni contabili assunti regolarmente ma che non risultano sufficienti a far fronte alla spesa in modo integrale, quando essa viene ad evidenza. Di conseguenza, secondo la pronuncia, si verificano allorché, all’esito dell’assunzione del formale impegno, taluni fatti imprevedibili, «talvolta (ma non necessariamente) legati alla natura della prestazione, sfuggono sia alla voluntas che all’auctoritas del soggetto che ha assunto l’obbligazione per conto dell’ente», incidendo, appunto, sulla misura del costo.
I debiti fuori bilancio hanno, invece, la loro genesi in obbligazioni assunte in assenza di un regolare impegno di spesa e che, in presenza di talune condizioni (previste dall’art. 194 del d.lgs. 267/2000), possono essere oggetto di riconoscimento e successivo pagamento.
Contabilmente, tra l’altro, le passività pregresse si riferiscono, come precisato, a spese comunque sorte nel rispetto delle regole contabili, presentando l’impegno originariamente assunto unicamente caratteristiche di incapienza, «per cui non se ne può desumere, da un lato, che esse siano sorte in violazione delle regole del bilancio e, dall’altro, che sia necessaria la manifestazione di una loro ratifica da parte dell’organo consiliare».
Naturalmente, la spesa aggiuntiva potrà trovare “copertura” nell’ambito della gestione di competenza del bilancio, dal momento che trattasi di oneri aggiuntivi che si sono manifestati nel corso dell’esercizio di riferimento
Consequenzialmente, quindi, alle maggiori somme dovute l’ente potrà far fronte con l’ordinaria procedura di spesa eventualmente ricorrendo alle opportune variazioni di bilancio qualora si rivelassero necessarie, senza ricorrere alla (più onerosa procedura del riconoscimento del debito fuori bilancio).
In proposito, per completezza e con riferimento al profilo più squisitamente fiscale, è rilevante richiamare la previsione di cui all’art. 60 del d.P.R. 633/1972, che esplicitamente stabilisce il diritto del contribuente a rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica ne confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi.
A sua volta il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento