LA CONSULTA RITIENE NON FONDATI I RILIEVI DEL CDS
Legittimo sospendere, durante la procedura di dissesto, gli interessi prodotti dai debiti insoluti e dalle anticipazioni di cassa degli enti locali. Non sono fondate le eccezioni di incostituzionalità sollevate dal Consiglio di Stato sull’art.248, comma 4 del Tuel. Una norma che, a differenza di quanto dubitato dai giudici di palazzo Spada, non realizza alcuna discriminazione per violazione del principio di uguaglianza che impone di non equiparare sul piano normativo situazioni ontologicamente diverse. Secondo il Cds invece l’illegittimità della norma del Tuel emergerebbe proprio dal fatto che essa sembra costruita in analogia con quanto previsto per gli imprenditori insolventi dalla disciplina dei fallimenti (art.154 del dlgs 14/2019). E’ quanto emerge dalla sentenza n.219/2022 della Consulta, depositata ieri in cancelleria (e redatta dal giudice Angelo Buscema) con cui la Corte costituzionale ha salvato le norme del Tuel impugnate, in quanto “espressive di un ragionevole bilanciamento tra l’esigenza di tutela dei creditori, alla base della sicurezza dei traffici commerciali, e l’esigenza di ripristinare i servizi indispensabili per la comunità locale”. La Corte ha spiegato come la disposizione relativa agli accessori del credito abbia la finalità “di determinare esattamente la consistenza della massa passiva da ammettere al pagamento nell’ambito del dissesto dell’ente locale, ma essa non implica l’estinzione dei crediti non ammessi o residui, i quali, conclusa la procedura di liquidazione, potranno essere fatti valere nei confronti dell’ente risanato». Secondo i giudici delle leggi, un comune, nell’assumere un impegno di spesa pluridecennale, dovrebbe prestare adeguata considerazione alla relativa sostenibilità finanziaria, con l’indicazione delle risorse effettivamente disponibili,a garanzia di una sana gestione finanziaria. Inoltre, in pendenza della procedura di dissesto, dovrebbe apprestare misure, anche contabili, idonee a garantire il più rapido ripristino dell’equilibrio finanziario. La sentenza spiega che il pagamento dei debiti scaduti rappresenta un obiettivo prioritario non solo per la critica situazione economica che il ritardo ingenera nei soggetti creditori, ma anche per la stretta connessione con l’equilibrio finanziario dei bilanci pubblici, che viene intrinsecamente minato dalle situazioni debitorie non onorate tempestivamente. La Corte ha poi precisato che l’esposizione debitoria per interessi passivi derivanti dal ritardato pagamento assume particolare rilievo anche per lo specifico e oneroso criterio di calcolo, che riduce le effettive risorse da destinare alle finalità istituzionali. Da ultimo la Corte costituzionale ha ricordato come il tema dell’imputabilità all’ente risanato dei debiti non soddisfatti dall’Organismo straordinario di liquidazione sia stato segnalato dall’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali presso il ministero dell’interno il quale, nel valutare gli strumenti posti in essere dal legislatore per fronteggiare le situazioni di crisi degli enti locali, ne ha messo in luce gli aspetti problematici, riferiti in particolare alla facoltà concessa ai creditori di rifiutare la proposta transattiva formulata dall’organismo di liquidazione.
* Articolo integrale pubblicato su Italia oggi del 25 ottobre 2022.
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