di Luciano Cimbolini
Con la delibera 52/2019, la Sezione controllo del Trentino ha rimesso alle Sezioni centrali due questioni di massima di particolare rilevanza: se il comma 821 della legge 145/2018 abbia abrogato i commi 1 e 1-bis dell’articolo 9 della legge 243/2012 e se, oltre ad aver ridefinito il parametro dell’equilibrio di bilancio in senso difforme dalla 243, abbia prodotto effetti anche sulle condizioni per il ricorso all’indebitamento da parte di regioni ed enti locali disciplinate, in particolare, dall’articolo 10, comma 3, della stessa legge 243/2012.
Con la delibera 20/2019 la Corte ha delineato il contesto normativo all’interno del quale, al momento, devono muoversi gli enti territoriali.
Per la Corte il saldo di finanza pubblica rilevante ai fini comunitari, come declinato dall’articolo 9 della legge 243/2012 (saldo non negativo in termini di competenza tra le entrate finali e le spese finali) e quello degli equilibri propri del bilancio del singolo ente, previsti dall’articolo 40 del Dlgs 118/2011 per le regioni e dall’articolo 162, comma 6, del Dlgs 267/2000 per gli enti locali (equilibrio di competenza, complessivo e di parte corrente, sia in fase di previsione inziale che di variazioni), rimangono separati sotto il profilo concettuale, ma devono trovare applicazione congiunta sotto il profilo operativo.
Il Dm dell’Economia del 1° agosto 2019 (undicesimo correttivo dell’armonizzazione) ha articolato il risultato di fine esercizio in termini di competenza previsto, per gli enti territoriali, dal comma 821 della legge 145/2018, in tre distinti equilibri («risultato di competenza», «equilibrio di bilancio» ed «equilibrio complessivo»), modificando i prospetti del quadro generale riassuntivo e dell’equilibrio di bilancio allegati al rendiconto, facendo concorrere al relativo conseguimento anche gli stanziamenti, iscritti nel bilancio di competenza dell’esercizio, a titolo di accantonamenti e vincoli.
A fronte di questa complicata situazione normativa, per la Corte dei conti rimane l’obbligo per gli enti territoriali di rispettare il «pareggio di bilancio» sancito dall’articolo 9, commi 1 e 1-bis, della legge 243/2012, anche quale presupposto per la contrazione di indebitamento finalizzato a investimenti (articolo 10 della legge 243) da interpretare secondo i principi di diritto enucleati dalla Corte costituzionale nelle sentenze 247/2017, 252/2017 e 101/2018, che hanno consentito l’integrale rilevanza di risultato di amministrazione applicato e fondo pluriennale vincolato.
Inoltre, vanno rispettati gli equilibri finanziari complessivi prescritti dagli articoli 40 e 42 del Dlgs 118/2011, per le regioni, e dagli articoli 162, 187 e 188 Dlgs 267/2000, per gli enti locali, e, da ultimo, quelli posti dal comma 821 della legge 145/2018 (che per le regioni ordinarie si applicheranno dal 2021).
Anche per il ricorso al debito vanno osservate anche le altre disposizioni che pongono limiti qualitativi o quantitativi, fra cui l’articolo 3, commi 17 e seguenti, della legge 350/2003, l’articolo 62 del Dlgs 118/2011 per le regioni e gli articoli 202 e seguenti del dlgs 267/2000 per gli enti locali.
Le Sezioni riunite ritengono che alle norme della legge 243/2012, tese a garantire fra l’altro che gli enti concorrano al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica posti in ambito europeo, strutturati secondo le regole valevoli in quella sede (Sec 2010), si affianchino le norme proprie dell’ordinamento giuridico-contabile degli enti territoriali, finalizzate a garantire il loro complessivo equilibrio finanziario.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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