Le partite contabili, non rientranti all’interno della convenzione con una avvocato del libero foro, sono dovute a prescindere dalla mancata sottoscrizione di un autonomo contratto e della copertura finanziaria, non rientrando tali spese all’interno dei debiti fuori bilancio riconoscibili direttamente dall’ente, ma rappresentando la difesa dell’ente una partita rientrante nelle passività pregresse che devono essere adeguate di volta in volta sulla base del valore della controversia e del suo andamento nel tempo. Sono queste le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Cassazione (sentenza 26/207/2019 n.20381) che ha riformato le conclusioni cui era giunta la Corte di Appello che al contrario ha richiesto la forma scritta e la preventiva copertura finanziaria.
La vicenda
Un avvocato del libero foro aveva proceduto alla sottoscrizione di una convenzione con un ente locale prevedendo in particolare che, al di fuori degli importi previsti in convenzione delle cause trattate soggette ad un compenso forfettario, l’ente locale avrebbe dovuto versare la differenza pattuita. A seguito della richiesta di queste somme eccedenti, in presenza di cause dal valore non determinabile, i limiti stabiliti in convenzione l’avvocato chiedeva, con decreto ingiuntivo, il pagamento al giudice civile a fronte del rifiuto del comune di corrispondergli quanto dovuto. Mentre il Tribunale di primo grado ha riconosciuto le ragioni del professionista, la Corte di Appello, in riforma della sentenza dei giudici di primo grado, dopo aver riconosciuto che nella convenzione fossero comprese le cause che, come quella oggetto dell’incarico attribuito, sono di valore indeterminabile, per le quali, pertanto, occorreva procedere separatamente con la stipulazione di un autonomo contratto di patrocinio, ha esaminato e ritenuto fondato il motivo con il quale il Comune aveva dedotto che, ove si fosse ritenuto che l’incarico professionale conferito all’avvocato non era compreso nella convenzione, la mancata determinazione espressa della misura del compenso avrebbe determinato la nullità del rapporto contrattuale di mandato tra l’ente pubblico e l’appellato e che, pertanto, la domanda proposta dal professionista, in quanto formulata soltanto sulla base del mandato conferito dal Comune, avrebbe dovuto essere comunque rigettata. In questo caso, allora, per la Corte di appello, il rapporto contrattuale intercorso tra il Comune e l’avvocato difettava, relativamente all’incarico in questione, della necessaria forma scritta. Infatti, il contratto d’opera professionale con la P.A., ancorché quest’ultima agisca iure privatorum, deve rivestire la forma scritta ad substantiam, e deve, pertanto, tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’ente interessato nei confronti dei terzi, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione e l’entità del compenso, dovendo, altresì, escludersene la possibilità di conclusione tramite corrispondenza, occorrendo che la pattuizione sia versata in un atto contestuale, anche se non sottoscritto contemporaneamente. Pertanto, il solo provvedimento amministrativo di affidamento di un incarico professionale da parte della P.A. non è sufficiente a costituire il vincolo contrattuale, trattandosi di un mero atto amministrativo, con efficacia interna all’ente pubblico, facente parte della procedura pubblicistica destinata a sfociare nell’atto di approvazione del contratto vero e proprio. In conclusione, i giudici di appello non hanno ritenuto sufficiente, nel caso di specie, il rilascio al difensore della procura alla lite. Oltre al difetto della forma scritta, il giudici di appello hanno rilevato la sussistenza di un ulteriore vizio del negozio rilevando che “l’obbligazione di pagamento pretesa con il decreto ingiuntivo dal professionista risulta invalida perché non assistita dal correlativo impegno di spesa richiesto, non solo dalle norme generali in tema di contabilità di Stato, ma anche dalle norme sugli enti locali”, le quali, infatti, impongono che il costo del proprio legale sia oggetto di previsione iniziale e non consentono, pertanto, che si possa affidare un incarico ad un legale in assenza di attestazione di copertura finanziaria.
Avverso la sentenza della Corte territoriale il professionista ha proposto appello in Cassazione, essenzialmente su due motivi. Il primo riguarda la sufficienza della sottoscrizione della procura ad litem, da parte del Sindaco quale legale rappresentante del Comune, a soddisfare, in caso di incarico di patrocinio legale, il requisito della forma scritta ad substantiam richiesto dalla normativa. Nel secondo motiva il professionista legale ha rilevato come, in caso di incarichi legali e di spese di giustizia, la necessità dell’impegno di spesa dev’essere esclusa, trattandosi di spese ordinarie oltre che, per loro natura, del tutto incerte nel loro ammontare al momento del conferimento dell’incarico.
Le indicazioni della Cassazione
Entrambi i motivi del ricorrente sono stati accolto dalla Cassazione.
In primo luogo, evidenziano i giudici di Piazza Cavour, deve essere confermata l’orientamento del giudice di legittimità che ha più volte affermato che, nel contratto di patrocinio della pubblica amministrazione, il requisito della forma scritta ad substantiam è soddisfatto con il rilascio al difensore della procura ai sensi dell’art. 83 c.p.c., atteso che l’esercizio della rappresentanza giudiziale tramite la redazione e la sottoscrizione dell’atto difensivo perfeziona, mediante l’incontro di volontà fra le parti, l’accordo contrattuale in forma scritta. Ciò in quanto la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cosiddetto contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte. In definitiva, quando la procura ad litem sia stata conferita per iscritto dal cliente ed è accettata dal professionista con il concreto esercizio della rappresentanza giudiziale tramite atto difensivo sottoscritto, perfeziona il contratto di patrocinio tra ente pubblico e professionista, del quale, infatti, sussistono tutti i requisiti necessari, vale a dire l’incontro di volontà tra ente pubblico e difensore, la funzione economico-sociale (causa) del negozio, l’oggetto nonché la forma scritta, che, quale requisito proprio di tutti i contratti stipulati dalla P.A., risponde all’esigenza di identificarne il contenuto negoziale e di rendere possibili i controlli dell’autorità tutoria.
Anche la seconda eccezione deve essere accolta in merito al mancato impegno contabile, in quanto la mancata previsione della spesa e della sua copertura non può concernere anche le deliberazioni relative alla partecipazione degli Enti a controversie giudiziarie, sia perché è incerta l’incidenza del relativo onere economico, condizionato alla soccombenza, e sia perché, nel bilancio dell’Ente, è di norma presente una voce generale nella quale possono essere inserite le prevedibili spese di lite.
La sentenza dei giudici di appello non essendosi attenuta ai principi da tempo enunciati dalla Cassazione deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di appello in diversa composizione che si pronuncerà sui principi di diritto enunciati dal giudice di legittimità.
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