di Gianluca Bertagna Davide d’Alfonso
Con il nuovo contratto spinta (mini) alla parte stabile e a quella variabile
Nuove regole per la costituzione dei fondi decentrati e possibilità di superamento del limite 2016. È a buon punto l’iter del contratto 2019/2021 delle Funzioni centrali, apripista per gli altri comparti.
L’ultima bozza (Sole 24 Ore del 30 novembre) contiene anche la riscrittura parziale delle regole per la costituzione del fondo. Si conferma quale primo tassello della costituzione del fondo, e in particolare delle risorse di parte stabile, l’importo unico consolidato, che oggi è regolato per gli enti locali dall’articolo 67 comma 1 del contratto del 21 maggio 2018. A questo si aggiunge un importo integrativo per garantire che il meccanismo della riclassificazione del personale entro le nuove aree funzionali non comporti penalizzazioni economiche per i dipendenti che nel precedente inquadramento risulteranno avere una retribuzione più elevata, correlata alla posizione economica attuale. Superato l’allineamento tecnico, la bozza introduce un beneficio contrattuale, dove prevede che la parte stabile sia incrementata di una percentuale, da definirsi, per le amministrazioni centrali, in correlazione con le disponibilità che saranno stanziate nella legge di bilancio, applicata al monte salari del 2018. Il meccanismo potrebbe replicarsi negli enti locali, che devono trovare però i finanziamenti nel proprio bilancio.
Il beneficio decorre, seguendo la bozza, dal 1° gennaio 2021, ragion per cui si stabilisce che l’incremento di quest’anno confluisca una tantum, aggiungendosi a quello a regime, nel fondo del 2022. Un doppio beneficio in partenza, dunque.
Il contratto conferma poi la possibile individuazione, da parte delle amministrazioni, delle risorse variabili. Il riferimento è al contratto del 12 febbraio 2018 delle amministrazioni centrali. Per le Funzioni Locali il rimando dovrebbe essere a quanto oggi elencato all’articolo 67, comma 3 del contratto di riferimento.
Il penultimo comma riserva il contenuto certamente più atteso: si prevede che, in attuazione di quanto sarà previsto nella prossima legge di bilancio, ciascuna amministrazione per proprie esigenze organizzative o gestionali potrà incrementare, di un importo non superiore a una percentuale del monte salari 2018, anche la parte variabile, superando il limite dell’articolo 23, comma 2 del Dlgs 75/2017.
Tale possibile superamento del tetto 2016, preannunciato dal Dl 80/2021 e oggi sincronicamente sul tavolo della contrattazione collettiva e della legge di bilancio, viene correlato, per le amministrazioni statali, all’utilizzo di somme che saranno previste nella stessa legge. Al contrario, per le amministrazioni non statali, la bozza prevede che esso poggi su risorse proprie. Meccanismo, quest’ultimo, che varrebbe di norma anche per gli enti locali. Non si tratta di grosse somme, perché i 200 milioni valgono circa lo 0,2% della massa salariale dei settori statali. Analogo sarà l’impatto negli enti locali. In ogni caso l’Anci ha proposto un emendamento alla legge di bilancio per garantire trasferimenti ad hoc in favore degli enti locali, che altrimenti potrebbero essere seriamente in difficoltà nel dare concreta applicazione a questa apertura.
In collaborazione con Mimesi s.r.l.
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