di Ettore Jorio
Un disavanzo di amministrazione artificioso è il prodotto che scaturirà dall’applicazione del comma 876 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020. Un precetto che mette in discussione i principi dell’ordinamento contabile e in forse la specificità dei diritti sanciti dal diritto privato a tutela dei crediti. Insomma, il legislatore, quando si tratta di facilitare la vita ai Comuni (oggi anche alle Regioni), ne inventa una più del diavolo. Il solito improprio veicolo della legge di fine anno Con il comma 876 dell’articolo 1 della legge 160/2019, verrebbe concessa a tutto il sistema autonomistico la facoltà di ripianare nei tre anni successivi il disavanzo di amministrazione determinatosi nell’anno precedente, a partire dal 2019, per il «mancato trasferimento di somme dovute da altri livelli di governo» in forza di sentenze esecutive, indipendentemente dall’organo giurisdizionale che le ha pronunciate. Il generale riferimento agli enti di cui articolo 2 del Dlgs 118/2011 renderebbe, invero, possibile il ricorso al neointrodotto marchingegno agevolativo a una larghissima platea istituzionale. A goderne sarebbero, difatti, tutti gli enti territoriali e, utilizzando un’interpretazione non eccessivamente estensiva, tutte le istituzioni di riferimento di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, compresi i loro organismi strumentali. Quindi, a partire dal 2019 e per gli anni a venire, è dato modo a tutti gli enti beneficiari di fare scempio dei principi generali della finanza pubblica e del concorso obbligatorio all’equilibrio economico della Repubblica. Tutto questo consentito da un legislatore che, senza alcun ritegno nell’adottare leggi-provvedimento ad entem, favorisce il ricorso a soluzioni dilatorie, per l’appunto, in materia di obbligo di ripianamento del disavanzo di amministrazione accumulato, sovente di dimensioni tali da renderlo altrimenti irreparabile. È quanto si ricava appunto dalla lettura del comma 876 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2020, resa alquanto difficile da un lessico quasi criptico, stante le interpretazioni sino a oggi intervenute. Uno escamotage che genera più di un dubbio In apparenza parrebbe apprezzabile l’opportunità offerta agli enti pubblici creditori di altri livelli di governo (Stato, Regioni e non solo!), inadempienti nei loro riguardi, di spalmare il gap finanziario, conseguentemente determinatosi, nei tre esercizi successivi in quote costanti, da assicurarsi con risorse proprie, oppure con quote «negoziate» con l’ente debitore, che può ben consacrare in una apposita intesa con quello creditore e/o limitarsi a comunicare formalmente al medesimo un apposito piano di erogazione. Ciò a garanzia dell’adempimento, ancorché differito e/o rateizzato, nei confronti dei creditori in senso lato, altrimenti penalizzati dai conseguenti naturali problemi di gestione di cassa, tali da potere mettere in ulteriore pericolo l’esistenza delle imprese e degli enti cui sono dovuti i contributi riferibili ai rapporti di dipendenza intrattenuti. Meno pregevoli, lo scopo reale e la metodologia individuata. Il fine è infatti il solito, quello di agevolare, a prescindere, la vita istituzionale degli enti locali e delle Regioni, consentendo ai livelli di governo comunque «superiori» – una definizione, questa, che invero genera anche una qualche perplessità in relazione al novellato articolo 114 della Costituzione – di non ottemperare ai propri obblighi di pagamento nei confronti di quelli «inferiori». Non solo. Si configura soprattutto l’obiettivo di consentire, a iniziativa volontaria di questi ultimi, rispettivamente all’ente debitore (il livello di governo superiore) di godere di una rateizzazione erogativa triennale e a quello creditore (il livello di governo «inferiore») di ripianare il maggiore disavanzo di amministrazione determinatosi nel medesimo arco di tempo. Di conseguenza, di distribuire nei tre anni successivi il loro rispettivo obbligo di pagamento in favore dei loro fornitori. Il tutto, sulla base di una norma ordinaria che – nel determinare una insussistenza di quell’attivo generato in virtù delle sentenze della tipologia presa a riferimento dal legislatore – metterebbe in forse la vis esecutiva delle stesse attraverso l’espulsione, a questo punto sine causa, dei residui attivi corrispondenti ai crediti dalle medesime inoppugnabilmente sanciti. Alcuni rilievi, per nulla irrilevanti Quanta alle metodologia, qualche perplessità, anche grave. La più rilevante riguarda la difficoltà a comprendere, ragionieristicamente, come un mancato trasferimento di un credito possa determinare ex se una maggiore entità del disavanzo di amministrazione, senza che in relazione a esso venga perfezionato un ordinario riaccertamento dei residui attivi con espulsione del credito a esso risalente. Un residuo attivo che, nel caso di specie, sarebbe cancellato a fronte di una causa che francamente è incomprensibile. Ciò in considerazione che il relativo credito è consacrato in sentenze della Corte costituzionale ovvero in dicta esecutivi pronunciati da altri livelli giurisdizionali, ai quali il legislatore sottrarrebbe la inconfutabile vis coercitiva. Per concludere, la norma nel concreto legittimerebbe tra l’altro, una volta che gli enti territoriali (inferiori) vi abbiano fatto ricorso, la materiale sospensione dell’esecuzione dell’adempimento dell’ente superiore sancito definitivamente per via giurisdizionale. Conseguentemente, l’evento escluderebbe la messa in mora dell’ente «superiore» debitore – da parte di quello creditore – il quale sarebbe di guisa autorizzato a non privarsi della provvista senza incorrere nell’inadempimento relativo. Di certo, sarà una bella gatta da pelare per le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti valutare la legittimità dell’operato degli enti locali e Regioni, che abbiano fatto ricorso alla procedura, rispettivamente, in sede di verifica ordinaria in base all’articolo 148-bis del Tuel e in sede di parifica dei rendiconti regionali nonché di esame dei piani di riequilibrio in base agli articoli 243-bis e seguenti del Tuel.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento