Veniamo dunque an un approfondimento della definizione di “residuo passivo”. Innanzitutto occorre evidenziare che il concetto di residuo emerge nell’ambito della contabilità finanziaria degli enti locali.
Occorre fare riferimento alle seguenti norme:
– Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267:
Articolo 183 impegno
Articolo 190 residui passivi
Articolo 227 Rendiconto della gestione
Articolo 228 Conto del bilancio
– D. Lgs. 23/6/11, n. 118
Art. 9 Il sistema di bilancio
Art. 11 Schemi di bilancio
all. 10. Schema del Rendiconto della gestione
In secondo luogo, la definizione di residuo scaturisce dalla necessità di separare convenzionalmente gli esercizi (finanziari) che considerano l’arco di tempo 1 gennaio – 31 dicembre, mentre la gestione vera e propria dell’Ente ha, per sua natura, il carattere di continuità.
In questa ottica, costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate entro il termine dell’esercizio (31 dicembre), così come indicato nell’art. 190, comma 1, del Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267. L’esistenza dei residui comporta la tenuta di due gestioni contabili finanziarie parallele: la contabilità finanziaria di competenza (gestione di competenza) relativa all’anno in corso e la contabilità finanziaria relativa ai procedimenti di erogazione delle spese e di acquisizione delle entrate iniziati ed imputati negli anni precedenti e non ancora conclusi (gestione residui).
Ad esempio, i mandati di pagamento devono indicare se si riferiscono ad impegni su stanziamenti di bilancio dell’anno in corso (gestione di competenza) o se si riferiscono ad impegni assunti negli anni precedenti non ancora pagati (gestione residui).
Le cose si complicano perchè la definizione di residuo passivo, rinvia di fatto a quella dell’impegno di spesa, senza il quale di fatto il residuo non può sussistere. Ad esempio, vedasi l’art. 190, comma 2, del Tuel, che dispone: “E’ vietata la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate ai sensi dell’articolo 183” del Tuel.
Quindi, senza dover affrontare l’annosa definizione di impegno di spesa (nella sua accezione generale e nelle mille modalità ed eccezioni), la definizione di residuo passivo che appare la migliore (anche ai fini dei concorsi pubblici), perchè semplice e ancorata a regole matematiche, è esattamente quella contenuta nel comma 1 del Tuel, D. Lgs. 18/8/2000, n. 267:
“Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate entro il termine dell’esercizio”.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, Allegato n. 4/2 al D. Lgs. 23/6/11, n. 118, punti:
9 La gestione dei residui e il risultato di amministrazione
9.1 La gestione dei residui.
11.12 (elenco dei residui definitivi iniziali)
11.10 Il riaccertamento ordinario dei residui.
Fra le conseguenze, invece, bisogna evidenziare due fattispecie:
1) se, come dovrebbe essere seguendo la regola generale, un residuo passivo corrisponde a un debito certo, liquido ed esigibile al 31 dicembre, esso dovrebbe essere pagato velocemente, al fine di rispettare i tempi di pagamento delle transazioni commerciali (30 o 60 gg dalla fattura).
2) se invece il residuo passivo diventa, a seguito di verifica successiva, una economia di spesa, allora come tale confluisce positivamente nel risultato di amministrazione dell’esercizio in cui tale economia si è verificata.
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