Danno erariale per utilizzazione illegittima di una collaborazione coordinata e continuativa

Condanna erariale per due dirigenti comunali che hanno impiegato una risorsa umana, assunta con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, impiegandola in funzioni generalizzate e tipiche del rapporto di lavoro subordinato.

14 Gennaio 2020
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La questione riguarda la condanna erariale di due dirigenti comunali che hanno impiegato una risorsa umana assunta con contratto di collaborazione coordinata e continuativa impiegandola in funzioni generalizzate e tipiche del rapporto di lavoro subordinato, anziché in quelle strettamente attinenti all’oggetto dei contratti di collaborazione, avendo in tal modo esposto l’Ente datore di lavoro a sostenere le spese derivanti dalla condanna risarcitoria pronunciata dal giudice del lavoro. Sono queste le conclusioni cui è pervenuta la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, con la sentenza n.104/2019.

La vicenda

A seguito del debito fuori bilancio pagato a fronte della sentenza del Tribunale civile che ha condannato l’ente al risarcimento del danno per aver impiegato, senza soluzione di continuità, un lavoratore con contratto di collaborazione coordinata e continuativa in violazione di legge, in quanto è stato accertato dal giudice civile che il lavoratore ha svolto esclusivamente mansioni di segreteria – tutte riconducibili alle finalità istituzionali del medesimo ente – occupando un ufficio del palazzo municipale ed avendo operato in esecuzione delle disposizioni di servizio, all’occorrenza impartite dai superiori gerarchici di settore, e con osservanza degli stessi in orari di ufficio riservati al personale dipendente contrattualizzato, il PM contabile ha chiesto il rinvio a giudizio dei dirigenti succedutesi nel tempo al danno erariale per l’utilizzazione illegittima del lavoratore. Infine, la spesa sostenuta dall’ente locale per la condanna subita in sede civile deve essere considerata in parte compensata in considerazione dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità, mentre le spese sostenute dal comune per il contenzioso insorto con la dipendente illegittimamente utilizzata, non hanno prodotto alcuna utilità all’Ente, ma si sono rese necessarie per il ripristino della legalità violata ed il legittimo riconoscimento del diritto della dipendente risultato leso.

La conferma del Collegio contabile

Secondo il Collegio contabile la tesi della Procura merita accoglimento. Infatti, è indubbio che il lavoratore autonomo venisse collocato nell’espletamento di mansioni di segretaria nell’ufficio dell’Assessore ai lavori pubblici che quotidianamente le attribuiva le mansioni da svolgere. Il dirigente, nonostante avesse perfetta conoscenza del tipo di assunzione a progetto, ossia non soggetto a vincoli di subordinazioni, di fatto lo collocava in funzioni esulanti dal progetto stesso, benchè ne avesse la supervisione. Infatti, la delibera di giunta comunale che definiva l’atto di indirizzo per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa con espresso richiamo all’articolo 7, comma 6, del D. lgs.165/2001, con conseguente richiamo alla circolare della Funzione Pubblica secondo cui le collaborazioni coordinate e continuative, pur avendo natura formale di rapporti di lavoro autonomo (e quindi privatistici), non sono del tutto svincolati dall’organizzazione pubblicistica, soggiacendo al potere di coordinamento del datore pubblico, che ne definisce in dettaglio il contenuto e ne controlla lo svolgimento. Esse, inoltre, presentano i caratteri della continuità, in contrapposizione alla occasionalità, protraendosi nel tempo definito in sede negoziale; della coordinazione, costituita, secondo la Cassazione, dal vincolo funzionale tra l’opera del collaboratore e l’attività del committente; della prestazione personale, in virtù della quale il ricorso a propri collaboratori risulta decisamente limitato. Il presupposto del ricorso a tali professionalità è fondato dalla necessità di assolvere ad esigenze qualificate e temporanee della pubblica amministrazione, nell’ambito delle competenze ad essa attribuite dall’ordinamento, oltreché sull’assenza di corrispondenti professionalità e competenze all’interno dell’organico, per tale motivo esse soggiacciono a disciplina fiscale e previdenziale assimilata a quella del lavoro dipendente.

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