Danno erariale per il rimborso delle spese legali in presenza di prescrizione del reato

29 Maggio 2019
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La liquidazione delle spese legali sostenute da un dipendente può considerarsi legittima solo in caso di assoluzione nel merito, configurandosi invece un’indebita erogazione nel caso in cui il rimborso sia avvenuto in presenza di mera estinzione del giudizio per prescrizione del reato. Queste sono le conclusioni cui è pervenuta la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Piemonte, con la sentenza 27 maggio 2019 n.179.

La vicenda

Il dirigente di una ASL veniva indagato con riferimento a diverse ipotesi di reato a seguito della procedura di un appalto pubblico, ma il procedimento penale veniva concluso con la formula dell’estinzione del giudizio per intervenuta prescrizione dei reati. Il dirigente, in considerazione di un procedimento giudiziario connesso con l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, formulava richiesta di patrocinio legale a carico del datore di lavoro e, a seguito della conclusione del procedimento penale, l’ente procedeva alla liquidazione delle spese legali da questi sostenute.

A seguito di ricostruzione del quadro normativo e contrattuale, la Procura conveniva il giudizio per danno erariale i dirigenti e i responsabile che avevano disposto il pagamento. Infatti, secondo il PM contabile la liquidazione delle spese legali sostenute da un dipendente, sarebbe legittima solo in caso di assoluzione nel merito, configurandosi invece un’indebita erogazione nella fattispecie, come quella in esame, di rimborso spese legali in presenza di mera estinzione del giudizio per prescrizione del reato.

Le considerazione del Collegio contabile

Il Collegio contabile è tenuto a verificare in via prioritaria l’eventuale antigiuridicità della condotta del convenuto e, in particolare, la legittimità o meno della liquidazione delle spese di lite sostenute da un dipendente prosciolto per prescrizione. In via principale le disposizioni legislative (art. 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67) stabiliscono che “Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato”. In altri termini, il legislatore ha condizionato la rimborsabilità delle spese legali ad un provvedimento di esclusione di responsabilità, ossia ad un accertamento positivo, e nel merito, di assenza di responsabilità. Risulta evidente come un’assoluzione per prescrizione che non contiene alcuna valutazione assolutoria nel merito. AL fine di rafforzare la citata lettura, il medesimo legislatore è intervenuto con una norma di interpretazione autentica (art. 10 bis, comma 10, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203) a mente del quale la norma sopra richiamata (e l’analoga norma per i giudizi di responsabilità amministrativa contenuta nell’articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543) si interpreta “nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 91 del codice di procedura civile, non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida l’ ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’amministrazione di appartenenza”. La stessa ARAN nell’interpretazione delle clausole contrattuali ha avuto modo di precisare come “La terminologia impiegata nelle disposizioni contrattuali consente di ritenere che l’Azienda possa procedere al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente soltanto nell’ambito di un procedimento giurisdizionale sfociato in una decisione assolutoria passata in giudicato”.

Conclusione

Quindi non vi può essere alcun dubbio sulla illegittimità del rimborso delle spese legali sostenute dalla dipendente nel procedimento penale conclusosi con sentenze di estinzione del reato.

In ordine all’elemento soggettivo, l’inosservanza di un precetto normativo di evidente portata e di una disciplina contrattuale interpretata dall’Aran in modo inequivoco, o anche solo il mancato approfondimento della normativa di settore, integrano indubbiamente la gravità della colpa. Infatti, un comportamento improntato ad un canone ordinario di diligenza, infatti, avrebbe imposto quantomeno un approfondimento della disciplina di settore, all’esito del quale non vi sarebbero stati dubbi circa l’infondatezza dell’istanza di rimborso delle spese legali.

In dipendente, pertanto, deve essere condannato al danno erariale corrispondente all’illecito pagamento disposto contra legem e delle disposizioni contrattuali.

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