Danno erariale al responsabile finanziario per i compensi professionali ricevuti per la difesa tributaria dell’ente

Nessuna ulteriore tutela al responsabile finanziario e al Segretario comunale, condannati per danno erariale, per i compensi professionali illegittimi corrisposti, per la difesa tributaria dell’ente, al medesimo responsabile finanziario.

19 Settembre 2022
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Nessuna ulteriore tutela al responsabile finanziario e al Segretario comunale, condannati per danno erariale, per i compensi professionali illegittimi corrisposti, per la difesa tributaria dell’ente, al medesimo responsabile finanziario. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ordinanza n.27171/2022) hanno giudicato inammissibile il ricorso del responsabile finanziario contro la condanna erariale ricevuta.

Il fatto

Un responsabile finanziario, assunto in part-time ai sensi dell’art.110 del Tuel, condannato per danno erariale, per aver ricevuto compensi professionali separati per le attività d’istituto concernente la difesa tributaria in giudizio del proprio ente, ha presentato ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Il danno erariale era stato quantificato nella somma totale ricevuta dal responsabile finanziario che, in regime di part-time, aveva ricevuto specifico incarico professionale, nella veste di libero professionista, negoziando un compenso pari al 30 per cento delle somme effettivamente incassate sulla scorta del parere favorevole di regolarità tecnica del Responsabile del servizio affari generali e Segretario comunale. Il medesimo dirigente, aveva evitato di adottare pareri di regolarità contabile sulle deliberazioni di suo interesse, lucrando il compenso per la difesa del Comune stesso. Il danno erariale, quantificato dalla Procura contabile, pari ai compensi illegittimamente ricevuti, era stato attribuito per il settanta percento al medesimo responsabile finanziario, e per il restante trenta percento, al Segretario comunale e responsabile del servizio affari generali, per il parere positivo rilasciato. Il Collegio contabile di primo grado e la Corte di appello, hanno confermato il danno erariale in quanto, in ragione del pagamento indebito essendo il responsabile finanziario incaricato anche della gestione dei tributi, ivi compresa tutta l’attività relativa al loro recupero, ed aveva perciò violato il principio di onnicomprensività della retribuzione, in quanto l’attività di recupero tributario non poteva che rientrare nelle funzioni istituzionali dell’ente e del Responsabile del settore preposto (ex art. 11, comma 3, del d.lgs. n. 546/1992) e non poteva essere esternalizzato allo stesso soggetto che svolgeva, all’interno, quelle stesse funzioni. Il Segretario comunale, aveva, invece, proceduto ad impegnare e a liquidare le somme illegittimamente pattuite, sulla scorta delle fatture presentate dal responsabile finanziario, per l’attività di riscossione svolta sulla base delle deliberazioni di Giunta comunale, che espressamente autorizzavano lo stesso a difendere l’Ente dinanzi alla Commissioni tributarie per l’attività di recupero.

Avverso la decisione della Corte contabile di appello, il responsabile finanziario ha presentato ricorso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione, sostenendo che i giudici contabili avrebbero violato i limiti esterni della giurisdizione. Inoltre, nel caso di specie, le somme percepite a seguito dell’attività difensiva svolta innanzi alla Commissione tributaria, non rientravano nell’ambito di applicazione del c.d. principio di onnicomprensività della retribuzione di cui all’art. 24, comma 3 del TU 165/2001, ovvero tra i doveri d’ufficio, peraltro regolati da un rapporto di lavoro part-time a tempo determinato.

L’inammissibilità del ricorso

Per i giudici di legittimità, aditi dal ricorrente, i motivi del ricorso sono inammissibili. Infatti, la questione ha riguardato i compensi professionali erogati al responsabile finanziario, pur avendo quest’ultimo evitato di adottare pareri di regolarità contabile sulle deliberazioni di suo interesse. Si trattava, pertanto, secondo i giudici contabili dell’accertata responsabilità erariale per illecita gestione del denaro pubblico, avendo la Corte dei Conti valutato, nell’esercizio della sua giurisdizione, che gli strumenti scelti dagli amministratori pubblici difettavano dei presupposti previsti dalla legge ed erano estranei rispetto al fine da perseguire. L’inammissibilità del ricorso discende dal possibile sindacato di legittimità della Cassazione sulle decisioni della Corte dei conti, per motivi inerenti alla giurisdizione, essendo esso circoscritto all’osservanza dei limiti esterni di essa e non si estende ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale, concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale. In altri termini, il ricorso è inammissibile qualora denunci l’erronea interpretazione delle norme sostanziali o processuali, o sull’assenza di motivazione della sentenza impugnata, o, ancora, sulla mancata individuazione degli elementi fondativi della responsabilità contabile, trattandosi di vizi che riguardano esclusivamente il sindacato sui limiti interni della giurisdizione.

Il ricorso, pertanto, è stato dichiarato inammissibile.

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