In via generale si pensa che le autorizzazioni preventive per svolgimento di incarichi esterni richieda la preventiva autorizzazione al loro svolgimento pena il danno erariale per i compensi ricevuti se effettuati senza la citata autorizzazione. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale della Sardegna, con la sentenza 15 maggio 2019 n.144 ne estende la portata anche ad attività non professionali che, seppur occasionali, siano state svolte senza la dovuta autorizzazione.
La vicenda
Il responsabile del servizio del personale di un Comune, a seguito di una attività di verifica ispettiva nei confronti di un campione di dipendenti, effettuata attraverso l’acquisizione di informazioni dall’Agenzia delle Entrate, ha proceduto all’esame delle dichiarazioni dei redditi di alcuni dipendenti.
Nel caso specifico, si appurava che un dipendente avesse dichiarato oltre ai redditi da lavoro subordinato presso l’Amministrazione comunale, anche redditi per “compensi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente” e nonché “redditi diversi”. A seguito di contestazione avviata nei confronti del dipendente quest’ultimo evidenziava che si trattava di attività del tutto compatibili con la prestazione lavorativa pubblica, trattandosi di redditi derivanti dall’utilizzo saltuario della propria abitazione per attività di “bed and breakfast”, regolarmente autorizzata dall’amministrazione comunale e non riconducibile ad attività professionale o imprenditoriale. Il responsabile del personale, non considerando esaustiva la spiegazione invitata il dipendente a versare i compensi percepiti in quanto effettuati in violazione del divieto fissato dall’art. 53 del D. Lgs. n. 165 del 2001.
La questione veniva attratta alla Procura della Corte dei conti, in considerazione del mancato versamento degli importi da parte del dipendente. La Procura ha sostenuto che nel caso di specie sebbene la conduzione di un “bed and breakfast” non implichi lo svolgimento di una prestazione professionale assorbente e non implichi l’inquadramento dell’esercente tra gli imprenditori, la possibilità (in astratto lecita) di svolgere detta attività è subordinata ad una verifica in concreto da parte dell’amministrazione e all’autorizzazione ex art. 53 del D. Lgs. n. 165 del 2001, in carenza delle quali lo svolgimento dell’attività esterna è illecito. Nelle proprie memorie difensiva il dipendente ha confutato le conclusioni della Procura precisando che le attività svolte non rientrerebbero nel novero delle attività necessarie della previa autorizzazione da parte dell’ente in quanto compatibili con il proprio ruolo di dipendente pubblico. A conferma della compatibilità il dipendente ha citato la Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 155 del 13 ottobre 2000 secondo cui l’attività di bed & breakfast non può essere qualificata come “commerciale e d’impresa” in quanto connotata dalla carenza di professionalità dell’esercente e dall’insussistenza di uno sfruttamento a scopo commerciale dell’immobile. D’altra parte, precisa il dipendente come la Procura abbia errato nel considerare le norme che riguardano l’autorizzazione allo svolgimento degli incarichi extra istituzionali si estendano anche a tutte le attività svolte dal dipendente potenzialmente generatrici di reddito, in quanto tale affermazione non troverebbe alcun riscontro nel dato normativo, in quanto l’art. 53 del D. Lgs.165/2001 – che disciplina il conferimento di incarichi extra istituzionali – non prevede affatto l’incompatibilità con il pubblico impiego di un’attività non commerciale quale la gestione di un bed & breakfast, circostanza che, pertanto, imporrebbe di considerare lecito il relativo esercizio.
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