di GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore)
Le garanzie pubbliche sui prestiti hanno agevolato l’accesso al credito, contribuito a contenere le insolvenze e a stimolare gli investimenti». Ma serve «un ripensamento dello schema di ricognizione per fornire un quadro più esaustivo» della loro consistenza nei documenti di finanza pubblica; e bisogna «rafforzare gli strumenti di monitoraggio per verificare l’incidenza di potenziali perdite» sul bilancio statale. Sono le conclusioni di un’analisi approfondita appena ultimata dalle sezioni riunite della Corte dei conti, sfociata nel Quaderno dedicato alle garanzie pubbliche nella “collana” di lavori in cuiè ora scandito il rapporto di coordinamento della finanza pubblica.
Dalle 79 pagine del documento si ricava una radiografia dettagliata del fenomeno, finito da mesi anche al centro dei radar del ministro dell’Economia e diventato ora uno degli ingredienti del negoziato di queste ore con le banche sulla Manovra. «Il sistema delle garanzie pubbliche ha raggiunto fenomeni patologici – ha sostenuto Giorgetti nell’audizione sul piano dei conti -, ed è inaccettabile che il credito sia erogato dalle banche solo se c’è la garanzia pubblica». I termini della possibile revisione delle regole sono messi in fila dalla Corte dei conti. Che sottolinea la necessità di rimettere mano ai controlli alla luce di due dati di partenza: l’«incremento delle escussioni nel 2024», arrivate a 2,45 miliardi in seguito a un aumento di richieste sia nel fondo Pmi (+48% sull’anno prima; 1,67 miliardi di escussioni) sia nel sistema Sace (+122%; escussioni per 800 milioni), e l’accelerata che sta prendendo forma quest’anno, dopo che nei primi sei mesi «l’effetto delle garanzie sul saldo netto da finanziare è stato di 4,6 miliardi», coprendo il 78,6% dei 5,85 miliardi registrati in tutto il 2024.
Non sono numeri da emergenza, perché finora il tasso di escussione si è rivelato ogni anno «strutturalmente inferiore a quello atteso». Ma l’onda può crescere visto il calendario delle scadenze, con modalità che non è facile prevedere perché oggi «non vi è alcuna disposizione che preveda l’indicazione dell’ammontare delle garanzie rilasciate e l’incidenza e, neppure, indicazioni riassuntive delle operazioni in sede di rendiconto». Il punto è che le regole contabili sulle garanzie sono nate nel 2009, «quando il fenomeno era limitato», mentre l’ombrello pubblico si è ingigantito dal 2020. Il sistema è duplice, differenziato anche nell’impatto sui conti, che divide quasi a metà lo stock da 294 miliardi (a fine 2024) fra le garanzie «standard» e quelle «one off». Le prime sono quelle concesse per operazioni numerose e simili fra loro: permettono una stima attendibile della perdita attesa, quindi incidono sull’indebitamento netto quando il gestore effettua l’accantonamento. Le altre non offrono previsioni solide, e diventano deficit con l’escussione. L’attribuzione alla prima o alla seconda famiglia non è «definita preliminarmente», ma è «affidata a una valutazione successiva». Con le regole attuali, la delega ai gestori è totale, e nel bilancio dello Stato non c’è «una rappresentazione unitaria». C’è solo un allegato con l’elenco degli schemi di garanzie, che però risalendo al 2009 ignora il grosso degli strumenti, realizzati dopo.
Il Mef non ha le mani sul volante delle garanzie, perché «a fronte delle risorse pubbliche dedicate non vi è la gestione delle singole operazioni da parte dell’Amministrazione pubblica, ma l’affidamento a gestori terzi» che «utilizzano modelli di valutazione dei rischi propri». Con presupposti simili, è meno complicato capire ad esempio come si sia sviluppato nell’ombra il caso di Banca Progetto, entrata in crisi con un portafoglio crediti in larga parte coperto da garanzie pubbliche. La Corte chiede allora un ripensamento profondo delle regole, per avere «un quadro più chiaro ed esaustivo» delle garanzie, «sia quelle in essere sia quelle cessate», con «l’indicazione della natura di ciascuna garanzia» e del suo «effetto finanziario sui saldi di finanza pubblica, soprattutto in prospettiva dovendosi stimare la traiettoria dell’andamento della spesa netta» del Patto Ue. L’occasione è la riforma della contabilità, in cantiere per adeguare l’ordinamento italiano alle nuove regole comunitarie; e per la Corte l’occasione sarebbe utile per introdurre «sistemi di monitoraggio dell’efficacia delle singole misure, che non si limitino al mero riscontro finanziario ma valuti l’effettiva utilità, anche in ragione dell’addizionalità dell’intervento».
*Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 10 ottobre 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)
Dalla Corte dei conti alert sulle garanzie: serve più controllo pubblico
Nei primi sei mesi del 2025 impatto da 4,6 miliardi sul saldo netto. Necessaria una valutazione preventiva sull’efficacia reale di ogni intervento
Il Sole 24 Ore
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