di GIANNI TROVATI (Il Sole 24 Ore – 18/07/2023) – In collaborazione con Mimesi s.r.l
Mentre la politica nazionale si infila nella nuova puntata del dibattito su paci fiscali, rottamazioni, condoni e affini, i sindaci lanciano l’allarme sugli inciampi della riscossione locale. Lo fanno nell’audizione del tardo pomeriggio sulla delega in commissione Finanze al Senato, dove misurano un affanno nella macchina degli incassi comunali giunto ormai molto sopra ai livelli di guardia.
La cifra chiave è quella che accompagna il cosiddetto «Fondo crediti di dubbia esigibilità», un meccanismo che la riforma della contabilità locale ha introdotto per evitare che i Comuni spendessero soldi mai incassati. In pratica ogni ente deve congelare in bilancio, senza quindi poterla utilizzare per funzionare e dare servizi, una cifra parametrata sui mancati incassi degli anni precedenti.
E nel complesso degli enti questo fondo, ha spiegato il delegato Anci alla finanza locale, il presidente Ifel Alessandro Canelli a Palazzo Madama, ha raggiunto la cifra record di 5,5 miliardi. E il calcolo è provvisorio, perché i dati più recenti (i bilanci 2023 vanno approvati entro fine luglio) indicano una salita ulteriore verso quota 5,7-5,8 miliardi. La misura del fondo si basa sulle somme richieste ma non versate mediamente negli ultimi cinque anni (in pratica tutte le principali entrate tranne l’addizionale Irpef e l’Imu versata spontaneamente), e indica che circa il 14% di tributi, multe, canoni e tariffe dei servizi (compresa la Tari) non arrivano mai nelle casse locali.
La cifra è notevole, e si spiega prima con i lunghi anni di sostanziale abbandono di un sistema della riscossione locale lasciato a metà del guado dopo i tentativi di riforma di una decina di anni fa. Ma quel che il dato medio non spiega è l’entità del colpo portato dai mancati pagamenti nei Comuni più colpiti da un fenomeno parecchio diseguale, che si concentra nelle grandi città e nel Centrosud. Il Fondo crediti, calcolano le analisi aggiornate di Anci-Ifel, vale in media meno di 30 euro ad abitante in Veneto e sale a 130 euro pro capite, più del quadruplo, in Calabria. La coincidenza fra la geografia delle mancate riscossioni e quella delle crisi finanziarie locali, fatte di dissesti, pre-dissesti e rendiconti in rosso, è quasi perfetta ed è efficace nell’indicare le conseguenze pratiche dell’evasione locale. «È assolutamente necessario che con l’attuazione della delega si affronti il tema della debolezza della riscossione locale», concludono i sindaci nell’audizione.
Che chiedono anche di far ricavare «un margine positivo di comparto» dal riassetto delle entrate locali, oltre ad assicurare «una perfetta compensazione» dei tagli Irpef e dell’estensione dei regimi cedolari che rischiano di tagliare l’addizionale locale. Per il resto, sul fisco locale la delega dovrebbe accogliere l’emendamento concordato nelle scorse settimane fra Governo e Comuni, che prevede un riordino nel sistema di rilevazione dei dati, una razionalizzazione in particolare dei tributi minori e soprattutto la possibilità per i Comuni di introdurre autonomamente forme di definizione agevolata anche quando non sono previste a livello nazionale.
Con un altro passo verso la moltiplicazione delle forme di tregua fiscale pensate come rimedio più o meno parziale a una riscossione che non funziona.
* Articolo integrale pubblicato su ore Ilsole24ore del 18 luglio 2023.
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