Corte dei conti: attività consultiva solo in presenza di richieste chiare, precise e concrete

il sole24ore
15 Gennaio 2020
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di Carmelo Battaglia e Domenico D’Agostino

Con la deliberazione n. 214/2019, la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Campania, ha chiarito i limiti oggettivi di ammissibilità delle richieste consultive inoltrate alla magistratura contabile. In particolare, per la Sezione campana, il quesito deve attenere all’applicazione concreta di una disposizione normativa che determini, o possa determinare, conseguenze sugli equilibri economico-finanziari dell’ente, ovvero deve inerire alla scelta fra due o più interpretazioni di un disposto regolamentare, che involga aspetti attinenti alla sana gestione contabile, nell’ottica di salvaguardare l’interesse pubblico di razionalizzazione della spesa e di ottimizzazione delle entrate. Nello specifico, l’ente richiedente, in dissesto, aveva avanzato istanza su come ci si debba orientare nella gestione del bilancio approvato per l’anno 2019 con riferimento a somme vincolate e non, ossia se possa costituire un valido criterio di azione, a tutela di principi di buona amministrazione, il disposto normativo di cui all’articolo 250, Dlgs 267/2000 (Tuel), con riferimento al bilancio approvato per il 2019. A giudizio della Corte, l’ente richiedente ricade nella situazione contemplata dall’articolo 246, comma 4, Dlgs 267/2000 ossia se, per l’esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l’intero esercizio finanziario, intendendosi operanti, per l’ente locale, i divieti e gli obblighi previsti dall’articolo 191, comma 5, del medesimo decreto. In tal caso, la deliberazione di dissesto può essere validamente adottata, esplicando gli effetti di cui all’articolo 248. Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri dell’organo straordinario di liquidazione e del Consiglio dell’ente, sono differiti al primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui sia stato deliberato il dissesto. La Corte ha, altresì, individuato i dubbi dell’ente richiedente: l’articolo 246, comma 4, Dlgs 267/2000, laddove rinvia ai divieti e obblighi previsti dall’articolo 191, comma 5, Tuel, rimanda alla sua precedente formulazione, con specifico riferimento al divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge; mentre, l’attuale formulazione dell’articolo 191, comma 5, come modificato dal Dlgs 126/2014, rimanda alla costituzione del registro delle fatturazioni. Secondo il sindaco richiedente tale stato di fatto creerebbe un vuoto normativo sulle modalità di gestione del bilancio di previsione a fronte di una dichiarazione di dissesto finanziario: per un verso, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, Dl 50/2017, convertito in legge n. 96/2017, in deroga a quanto previsto dall’articolo 255, comma 10, del Tuel, per i comuni e per le province in stato di dissesto finanziario l’amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata compete all’organo straordinario della liquidazione e, per altro verso, l’amministrazione dei residui attivi e passivi è gestita separatamente, nell’ambito della gestione straordinaria di liquidazione, restando ferma la facoltà dell’organo straordinario della liquidazione di definire anche in via transattiva le partite debitorie, sentiti i creditori; da ultimo, visto lo slittamento al 2020 della predisposizione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, l’organo straordinario di liquidazione, che dovrà insediarsi presso l’ente per la gestione dei debiti pregressi, sarà competente per i residui attivi e passivi maturati entro il 31 dicembre dell’anno precedente l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, cioè entro il 31.12.2019. In definitiva, il comune ha avanzato una richiesta di parere aperta, nel senso che, stante la particolarità della fattispecie, dichiara di trovarsi in una situazione di assoluta incertezza circa le misure da adottare: per un verso, la carenza di disciplina normativa sulle misure da impiegare per la corretta gestione del bilancio di previsione, approvato a fronte di una successiva dichiarazione di dissesto finanziario, e, per altro verso, il dubbio circa le modalità di gestione dei fondi vincolati e non, per evitare ulteriori aggravi di spese a carico dell’ente in caso di atti giudiziari e, contestualmente, per rispettare la par condicio creditorum. Da ultimo, il richiedente ha affermato che, in via cautelativa, gli uffici si sono orientati sulla base del disposto normativo di cui al citato articolo 250, Dlgs 267/2000. La richiesta di parere è stata dichiarata inammissibile oggettivamente, in quanto non consentiva di individuare esattamente, con tutta la certezza che la materia impone, i termini della problematica su cui si vertevano le perplessità interpretative dell’ente. Ne consegue che le richieste di parere debbono essere circostanziate e non generiche, concrete e non ipotetiche, tali da orientare l’azione amministrativa nelle scelte di gestione e non tali da sostituirsi ad essa nelle decisioni politico-amministrative.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

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