Comuni, accollo debiti selettivo

ItaliaOggi
28 Maggio 2021
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Il sottosegretario Scalfarotto traccia la linea delle future riforme contabili per gli enti
Pre-dissesto più appetibile senza vincoli al personale

Sì all’accollo statale dei debiti dei comuni ma solo dietro la precisa garanzia che, una volta risanati i conti, gli enti non riprendano a indebitarsi. «Perché non deve passare il messaggio che lo Stato tenda a penalizzare chi ha avuto comportamenti virtuosi». E in quest’ottica la capacità di riscossione delle imposte può rappresentare «un’efficace e signifi cativa cartina di tornasole» per distinguere chi è stato effi ciente da chi lo è stato meno. Modificare la disciplina del pre-dissesto in modo che diventi davvero una opportunità per risanare i conti delle amministrazioni e smetta di rappresentare, come accade ora, un rinvio a lungo termine del momento in cui le criticità vengono affrontate e risolte. Come? Rendendolo «più appetibile», per esempio eliminando i vincoli sul personale e consentendo il ricorso al debito per fi nanziare investimenti. E ancora, riformare il Tuel per superare quella sorta di «responsabilità oggettiva dei sindaci» che oggi rischia di tenere lontani dalla vita pubblica molti aspiranti primi cittadini. Sono le priorità del sottosegretario al ministero dell’interno, Ivan Scalfarotto, a cui è stata affi data la delega per riprendere il percorso di riforma del Tuel.

Un percorso che non potrà non tenere conto delle condizioni di grande difficoltà finanziaria, aggravate dalla pandemia, in cui si trovano molti enti, ancora più a rischio dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato l’utilizzo del Fondo anticipazioni liquidità e il ripiano trentennale del debito. Domanda. Sottosegretario, la recente sentenza della Consulta ha rilanciato il tema della difficile gestione del disavanzo dei comuni. Un tema spesso affrontato dalla politica con scelte emergenziali, di corto respiro, anziché strutturali. Cosa ne pensa della soluzione su cui Mef e Viminale stanno lavorando d’accordo con Anci e Upi? Risposta. C’è da dire che la Corte Costituzionale si è espressa su questa materia con una serie di sentenze, ultima la 80/2021, in modo estremamente chiaro. Sono sentenze che certamente aprono un problema oggettivo su un principio però condivisibile – quello dell’equità intergenerazionale nella tenuta dei conti pubblici per cui non si può far pagare alle generazioni future la responsabilità dei nostri errori di ieri e di oggi – che la politica dovrebbe affrontare strutturalmente invece di costruire interventi episodici che sembrano più idonei a gestire i sintomi che a rimuoverne la causa. Io credo che la politica debba avere il coraggio di affrontare il problema anche prevedendo un intervento della finanza pubblica nazionale, ma solo con condizionalità ben precise inerenti meccanismi automatici di riscossione dei tributi locali e di controllo della spesa corrente in affari generali. D. Sul dissesto e pre-dissesto il viceministro Castelli punta a trovare una soluzione stabile, attraverso l’attivazione di una cabina di regia che resti costantemente aperta, per evitare di riproporre lo schema seguito in tutti questi anni, ossia l’intervento in extremis con norme ad hoc per salvare questo o quel comune. Cosa ne pensa? R. La Conferenza Stato-Città ha proprio pochi giorni fa costituito un tavolo tecnico-politico per discutere insieme a Anci e Upi queste tematiche e trovare soluzioni che tengano insieme il necessario rispetto delle sentenze della Corte Costituzionale con l’esigenza di fare in modo che i nostri comuni siano messi in condizione di operare e di svolgere quel ruolo, dal valore inestimabile, che rivestono nell’architettura istituzionale della Repubblica e nella vita dei cittadini. Certo, il filo rosso deve essere proprio quello dell’approccio strategico e non solo tattico, non solo la gestione dell’emergenza, ma la valutazione attenta dei problemi per l’individuazione di soluzioni praticabili e di lungo respiro.

Credo che un foro in cui le prospettive dello Stato centrale e delle autonomie locali sono rappresentate contemporaneamente, dando la possibilità ai vari livelli istituzionali di collaborare lealmente tra loro, sia il luogo adatto per adottare decisioni positive e fruttuose. D. Da più parti si chiede che la riforma del Tuel ormai considerata ineludibile parta proprio dalle regole per i comuni in dissesto e pre-dissesto. Su cosa si dovrà intervenire per evitare gli errori del passato? R. Io penso ci sia lo spazio per rivedere signifi cativamente la disciplina. Abbiamo innanzi tutto bisogno di elementi che individuino potenziali crisi in uno stato ancora iniziale, quando il problema non è già conclamato. Il pre-dissesto va poi ripensato e riportato alla sua funzione originaria: fu creato per guarire ed evitare le situazioni problematiche, si è trasformato invece in un rinvio a lungo termine del momento in cui le criticità vengono affrontare e risolte. Il dissesto deve essere reso più «appetibile» allentando alcuni dei vincoli che tuttora sono previsti per la «good bank», in primis quello del personale, e permettendo l’accensione di debito in misura sostenibile per realizzare gli investimenti. Il concetto è chiaro: il dissesto, soprattutto per i sindaci neoeletti, non deve essere uno stigma, la zavorra che impedisce a un’amministrazione appena eletta – magari proprio in nome del rinnovamento – di realizzare il proprio programma, ma il modo più trasparente per permettere la ripartenza. D. Oltre ai problemi contabili si interverrà anche sulla governance degli enti locali? Un tagliando alla legge Delrio e un nuovo assetto delle gestioni associate sembrano temi non più rinviabili. R. A più di vent’anni dal varo del Testo Unico è sicuramente arrivato il momento di un tagliando. Già il mio predecessore Achille Variati aveva lavorato a lungo su questo e sia alla Camera che al Senato le Commissioni Affari Costituzionali stanno rifl ettendo e lavorando sul tema, a dimostrazione del fatto che la necessità di una riforma è sentita da più parti.
Ci sono certamente questioni che sono emerse nella pratica e che meritano di essere esaminate e risolte rapidamente. Penso alla responsabilità penale dei sindaci, che talvolta pare allargarsi fi no a diventare una sorta di responsabilità oggettiva, a certe norme sulle incompatibilità, al ruolo delicatissimo e prezioso dei Segretari comunali, al funzionamento delle province, a un più generale bisogno di semplificare procedure e comunicazioni dai Comuni verso il centro. C’è poi un tema che mi sta molto a cuore che è quello di incentivare ulteriormente le fusioni tra comuni. Qui va segnalato che abbiamo aumentato, proprio nel dl Sostegni bis (art.52 comma 3), i fondi destinati a questo meccanismo. Il punto è semplice: stante che ovviamente l’ultima parola spetta ai cittadini con i referendum, è giusto che lo Stato incentivi la creazione di comuni di dimensione suffi ciente ad essere protagonisti dello sviluppo. D. L’accollo statale del debito dei comuni è una soluzione strutturale per resettare tutto e ripartire oppure rischia di essere controproducente perché fa passare il messaggio che alla fine nessuno paghi davvero per gli sprechi del passato? R. In condizioni normali, le risponderei che un eventuale accollo da parte dello Stato dovrebbe servire solo a rinegoziare i tassi di interesse per alleviare l’impatto di passività finanziare accese in anni passati (quando i tassi erano molto alti) e che – appunto – le piccole dimensioni dei comuni spesso non consentono di rinegoziare e adattare alla situazione fi nanziaria vigente. Tuttavia non possiamo negare che l’impatto devastante del virus sulla nostra economia deve spingerci a pensare più in grande fino a valutare anche potenziali interventi straordinari come quelli che si sono pensati per le famiglie e per le imprese.
Detto questo, dobbiamo sempre avere in mente due criteri che secondo me restano inderogabili: il primo è che la nostra Costituzione prevede il fondo perequativo dello Stato, che deve intervenire per riconoscere pari opportunità tra enti locali più o meno favoriti quanto alle condizioni economiche locali, non certo tra quelli meglio o peggio organizzati. Il secondo è che qui parliamo di soldi pubblici e dunque ogni possibile intervento tampone da parte dello Stato non dovrebbe essere erogato se non in presenza della garanzia che il fenomeno non torni a riprodursi dopo qualche anno, questo anche per evitare la sensazione che lo Stato tenda a penalizzare chi ha invece tenuto comportamenti virtuosi. Per misurare la presenza di entrambi i criteri direi che la capacità effettiva di riscuotere le imposte, costituirebbe un efficace e signifi cativa cartina di tornasole.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

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