Ci sono 1.400 comuni a rischio default dopo la sentenza della Consulta

ItaliaOggi
14 Maggio 2021
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Ci sono 1.400 comuni a rischio default dopo la sentenza della Consulta Cerisano a pag. 35 Sono 1.400 i comuni che rischiano il default a causa della sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato l’anomala utilizzazione delle anticipazioni di liquidità negli enti locali e il ripiano trentennale del disavanzo. Ai circa 950 municipi che risultavano già in disavanzo nel 2019 (e che sarebbero costretti a moltiplicare la propria esposizione annuale per 8 o per 4,5 volte se fossero costretti a ripianare il proprio debito in 3 o 5 anni) se ne aggiungerebbero altri 450 che oggi presentano lievi avanzi di bilancio e quote di anticipazione rilevanti.
Tra gli enti in disavanzo, circa un terzo necessiterebbe di quote di maggior ripiano per oltre 100 euro pro capite, con conseguenze evidenti sui servizi ai cittadini. Di qui la necessità di non perdere altro tempo perché «tagliare spese vuol dire spegnere luci, non raccogliere i rifi uti, chiudere asili». Gli effetti della sentenza n. 80/2021 della Consulta appaiono ogni giorno più funesti in termini di impatto sui conti locali (Anci e Upi li hanno riassunti in una nota inviata al ministro dell’interno Luciana Lamorgese e predisposta per la prossima riunione della Conferenza stato-città) e il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, lancia l’allarme: «A 1.400 comuni che stavano spalmando il debito non si può dire di restituirlo in 3 o 4 anni. Entro maggio dobbiamo approvare i bilanci. So che il ministero dell’economia se ne sta occupando. Bisogna fare presto». Decaro ha non ha replicato alle osservazioni del presidente della Corte, Giancarlo Coraggio, che ieri durante la relazione sull’attività del 2020, ha riconosciuto il ruolo dei sindaci come avamposti del nostro sistema istituzionale, ma ha sostanzialmente difeso la sentenza perché, ha osservato, «evitare il dissesto dei comuni è un compito primario a cui lo Stato deve assolvere».
Ma il legislatore l’aveva fatto nel modo sbagliato «perché continuare a fare debiti sulle spese correnti non è possibile e non è democratico che i sindaci scarichino sui sindaci futuri debiti che possono essere anche il frutto di una politica interessata» (si veda altro pezzo in pagina). La posizione del sindaco di Bari (e in generale dell’Anci e dell’Upi) è chiara: non discutere la sentenza della Consulta ma, proprio per attuarla in modo «doveroso», ricercare insieme con la politica e con il governo una soluzione «di sistema» anche in prospettiva del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Le proposte delle autonomie si sostanziano nel tris di interventi (anticipato da ItaliaOggi l’11 maggio) che Anci e Upi hanno messo nero su bianco in ordine di preferenza: • un accollo allo stato delle passività fi nanziarie residue derivanti dalle anticipazioni, con mantenimento dell’obbligo di restituzione trentennale a carico degli enti locali, in linea con il percorso di ristrutturazione del debito delineato dal legislatore; • un fi nanziamento statale della maggior esposizione degli enti locali dovuta alla sentenza (pari a circa 1 mld all’anno se in 3 anni o meno se spalmata in un quinquennio), opportunamente disaggregato sulla base della composizione dei risultati di amministrazione di ciascun ente; • un aggiustamento contabile che porti a considerare il disavanzo aperto dalla Consulta come parte del riaccertamento straordinario dei residui da imputare al bilancio degli enti interessati a partire dal 2015 (anno di entrata in vigore della contabilità armonizzata). E in quanto tale ripianabile in 30 anni, ossia in un orizzonte temporale identico a quello censurato dalla Corte. Una soluzione, quest’ultima, che avrebbe il pregio di recepire l’insegnamento della Consulta comprendendo il disavanzo da anticipazione nel disegno complessivo della riforma del 2015 e mantenendo di fatto l’orizzonte trentennale di ripiano.
Nel frattempo dovrebbe comunque essere approvata una norma transitoria che consenta l’approvazione dei bilanci (rendiconti 2020 e preventivi 2021-2023) entro il 31 maggio, impegnandosi a risolvere il nodo del defi cit entro la data (31 luglio) per la salvaguardia degli equilibri di bilancio. Il viceministro al Mef, Laura Castelli, che sta seguendo il dossier per il governo ha chiesto a tutte le forze politiche un patto a sostegno dei comuni (si veda ItaliaOggi del 5 maggio), Oggi (si veda ItaliaOggi dell’8 maggio) ci sarà l’incontro tra il governo e i responsabili enti locali dei partiti, per provare a elaborare una soluzione tecnica stabile tesa a evitare il ripetersi di nuove bocciature da parte non solo dei giudici delle leggi ma soprattutto dei magistrati contabili,i più critici verso il meccanismo escogitato dal decreto legge 162/2019 (non a caso ad aver sollevato la questione di legittimità costituzionale è stata proprio una sezione regionale della Corti conti, quella della Puglia). Il veicolo normativo per introdurre l’auspicata norma salva-comuni potrebbe essere il decreto legge Sostegni bis, nella speranza che la sua approvazione non slitti ancora.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

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