Cessazione dell’avvocato e limiti ai suoi compensi. La soluzione è nei principi contabili

16 Dicembre 2022
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I compensi dell’avvocatura sono stati limitati dal legislatore, per le cause vittoriose per l’ente, sia per le spese poste a carico della parte soccombente riscosse, sia per la parte delle spese compensate poste a solo carico dell’ente locale nei limiti di quanto stanziato nell’anno 2013. La Corte dei conti della Campania (deliberazione n.121/2022), in risposta ad un quesito dell’ente circa la verifica dei limiti massimi dei compensi erogati agli avvocati debba ritenersi il principio di competenza (maturati) o quello di cassa (effettivamente introitato), ha risposto sulla base delle regole stabilite dai principi contabili armonizzati.

La domanda del Sindaco

L’ente locale ha approvato un regolamento nel quale ha previsto un limite ai compensi degli avvocati a qualsiasi titolo cessati dal servizio, concedendo la liquidazione di quanto dovuto (una volta incassati i proventi), ovvero nel rispetto del limite dell’anno 2013 in presenza di spese compensate, nel massimo dei due anni successivi alla sua cessazione. La questione controversa è, in questo caso, quale deve essere il parametro di riferimento, non avendo a disposizione uno stipendio, ovvero se lo stesso deve essere calcolato sull’ultimo utile prima della cessazione dal servizio.

Le spese compensate

In ragione della fattispecie, non potendo il Collegio contabile stabilire o meno la legittimità del regolamento comunale, risponde alla prima domanda sul limite dei compensi legati alla vittoria per le cause con spese compensate, non potendo l’ente riconoscere più di quanto stanziato nell’anno 2013. In merito al limite, il giudici contabili hanno evidenziato che occorre far riferimento a quello “assestato” in corso d’esercizio e non a quanto esposto inizialmente nel bilancio di previsione 2013 e che, in caso di “assenza di stanziamenti ad oggetto dettagliato per fare fronte specificamente a spese legali destinate alla propria avvocatura con oneri a carico dell’ente”, si può richiamare la “tabella del fondo salario accessorio o del fondo per la retribuzione valida per il 2013 per dimostrare l’osservanza del limite” (Corte dei conti Puglia, delibera n. 49/2014). Anche qualora l’ente locale abbia completamente omesso di stanziare, nell’anno 2013, somme per il pagamento di compensi professionali, è stato ritenuto che “l’importo da assumere come base di riferimento per l’applicazione del limite imposto dal comma 6 dell’art. 9 del d.l. 90/2014 possa individuarsi in un importo pari alla somma complessiva che l’Ente avrebbe dovuto correttamente impegnare e liquidare nel corso dell’esercizio 2013” (Corte dei conti Puglia, delibera n. 200/2016).

E’ stato altresì evidenziato che non sussiste la possibilità per l’ente di rinviare agli anni successivi il pagamento delle somme non erogabili nell’anno in cui tali diritti al compenso sono sorti, perché gli importi eccedenti il “tetto” annuo di stanziamento non possono essere impegnati ai sensi del comma 6 dell’art. 9 citato, “per cui la quota di compensi degli avvocati dipendenti eccedente lo stanziamento previsto nei limiti del corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013 non può essere erogata né nell’annualità di riferimento, né nelle successive seppur capienti” (Corte dei Conti del Molise, delibera n. 71/2020). Pertanto, dalla giurisprudenza contabile tracciata emerge che il limite finanziario del 2013, nelle varie accezioni pur diversamente declinate, vada determinato tenendo conto dei compensi “di competenza” del medesimo esercizio (Corte dei conti Liguria, deliberazione n. 76/2021).

Il principio contabile

Al fine di risolvere i quesiti posti dal Sindaco soccorrono i principi contabili, in quanto la loro corretta contabilizzazione fuga ogni possibile dubbi sui compensi dovuti.

Il paragrafo 5.2, lettera a) (spese di personale), ultimo alinea contenuto nell’allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, prevede che “per quanto riguarda la spesa nei confronti dei dipendenti addetti all’Avvocatura, considerato che la normativa prevede la liquidazione dell’incentivo solo in caso di esito del giudizio favorevole all’ente, si è in presenza di una obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento, con riferimento al quale non è possibile impegnare alcuna spesa. In tale situazione l’ente deve limitarsi ad accantonare le risorse necessarie per il pagamento degli incentivi ai legali dipendenti, stanziando nell’esercizio le relative spese che, in assenza di impegno, incrementano il risultato di amministrazione, che dovrà essere vincolato alla copertura delle eventuali spese legali.”. In altri termini, lo stanziamento con finalità di accantonamento deve corrispondere effettivamente ai giudizi in corso. Pertanto, seguendo il citato principio contabile e considerato che le risorse destinate agli avvocati interni dell’ente devono transitare nel fondo per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato, per il personale dirigente (ai sensi dell’art. 57, comma 2, lett. b), del CCNL del personale dirigente dell’area funzioni locali del 17 dicembre 2020) o nel fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività, per il personale non dirigente (ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. c), del CCNL Funzioni locali del 21 maggio 2018, attualmente art. 79, comma 2 lett. a CCNL Funzioni locali 2019-2021) da un punto di vista contabile:

  • in fase previsionale, l’ente è tenuto a stanziare le necessarie risorse nell’esercizio in cui verosimilmente l’obbligazione si prevede possa giuridicamente perfezionarsi;
  • qualora, l’obbligazione dovesse divenire esigibile in un esercizio successivo a quello in cui sia stato appostato lo stanziamento, quest’ultimo confluirà nel risultato di amministrazione vincolato;
  • le relative risorse dovranno confluire nel fondo dell’esercizio in cui l’obbligazione diviene esigibile;
  • qualora l’amministrazione abbia costituito il fondo in un esercizio includendovi le risorse necessarie alla liquidazione dei compensi professionali dei propri legali, ma le obbligazioni si dovessero rendere esigibili in esercizi successivi, sarà necessario che esse siano traslate nella parte vincolata del risultato di amministrazione e poi, nell’esercizio in cui sono esigibili spostate nel fondo ed erogate al professionista, sempre nel rispetto del limite richiamato dal predetto comma 6. (Corte dei conti Abruzzo, deliberazione n. 166/2021).

In conclusione, il criterio dello stanziamento in bilancio declinato dal citato principio contabile in conformità a quanto stabilito dall’art. 9 del D.L. n. 90 del 2014, richiede all’ente una puntuale attività ricognitiva e valutativa del contenzioso in essere, dei tempi e del possibile esito, accantonando gli importi ritenuti congrui per soddisfare tale necessità di spesa con l’avviso che, in caso di mancato impegno delle somme, queste “incrementano il risultato di amministrazione, che dovrà essere vincolato alla copertura delle eventuali spese legali”, nel rispetto, per quanto riguarda il comma 6 dell’art. 9 più volte citato, del tetto del 2013, indipendentemente di quanto incidentalmente erogato per cassa nel medesimo esercizio (ma riferito a stanziamenti e impegni di anni precedenti).

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