La proposta del viceministro all’economia, Laura Castelli, sta già raccogliendo un consenso unanime (dal ministro degli affari regionali Mariastella Gelmini, ai presidenti di Anci e Upi Antonio Decaro e Michele de Pascale, passando per il capogruppo di Forza Italia in commissione bilancio della camera, Roberto Pella) ma «bisogna far presto», dice Castelli a ItaliaOggi, «perché i bilanci sono in scadenza al 31 maggio e serve lanciare un messaggio unitario». Il viceministro non lo dice chiaramente ma il riferimento non è tanto alla Consulta quanto alla Corte dei conti che negli ultimi anni puntualmente ha smontato quanto costruito dai tecnici per salvare i bilanci dei comuni. Per gli ambulanti è invece in arrivo una norma, concordata tra Mef e Mise, per superare i rilievi che l’Antitrust ha sollevato in risposta ai dubbi posti dal comune di Roma. Le concessioni degli ambulanti conserveranno la loro validità per i novanta giorni successivi alla fi ne dello stato d’emergenza, ferma restando la loro eventuale maggior durata. Domanda. Viceministro, non c’è pace per i bilanci degli enti locali. Nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo per la proroga al 31 maggio dei preventivi 2021 e dei rendiconti 2020 e dalla Consulta è arrivata nuovamente una picconata ai meccanismi di rientro del debito. Il rischio è di mandare in crisi almeno un migliaio di comuni, proprio nel momento cruciale per la chiusura dei conti. Cosa farete per evitare un effetto domino? Risposta. Già oggi abbiamo avviato un’interlocuzione con tutti i partiti dell’arco parlamentare per vederci il prima possibile ed elaborare proposte normative volte a risolvere questo problema che rischia di impattare sui bilanci dei comuni.
Abbiamo avviato un dialogo con i responsabili enti locali ed economici di tutti i partiti. Vogliamo raggiungere un accordo politico per superare gli effetti di una sentenza che ha spiazzato tutta la politica italiana. Bisogna fare presto perché la scadenza del 31 maggio non è così lontana. La politica che conosce le necessità dei territori non ha dubbi sulla necessità di intervenire in tempi stretti. Sono molto fi duciosa. Nelle interlocuzioni di queste ore vedo solo convergenze. D. Avete quantificato l’impatto della sentenza sui bilanci locali? R. Stiamo ancora stimando l’effetto di questa sentenza. Il problema è il principio ed è un principio che a me preoccupa molto perché se si dovesse usare per le regioni d e t e rminerebbe una voragine di oltre 7 miliardi. Non basta coprire i buchi che si aprirebbero nei bilanci dei comuni, serve una norma ordinamentale. Da tre anni mi occupo di enti locali dal governoe, grazie alla collaborazione con il professor Francesco Delfino, abbiamo messo mano alla normativa per aiutare i comuni. La politica deve aiutare i comuni perché questo signifi ca garantire i servizi ai cittadini. Se ogni volta che facciamo una norma che dà tempo e respiro ai sindaci, la Corte conti la impugna e ne nasce un nuovo orientamento costituzionale i comuni non li faremo mai ripartire. Questi sono gli effetti di anni di tagli, per i quali noi abbiamo invertito la tendenza da quando siamo al governo. Tutto questo mi sembra paradossale se si tiene conto che stiamo uscendo da una dolorosissima pandemia e abbiamo alle porte un Pnrr che destina molte risorse ai comuni. Faccio un appello ai costituzionalisti: ci aiutino, nelle pieghe di una normativa degli enti locali che si modifi ca in relazione alle difficoltà e alle necessità di un Paese stremato dalla pandemia, a uscire dall’impasse, perché vorrei evitare che il numero di comuni che entrano in dissesto aumenti in maniera ingiustificata a causa di questa sentenza. A nessun sindaco piace allungare i debiti, un sindaco lo fa per garantire i servizi essenziali. Questo sì mi sembra un principio costituzionale indubitabile. D. La risoluzione al Def approvata nelle scorse settimane alla Camera impegna il governo a riprendere in mano il dossier rinegoziazione del debito, avviato con la legge di bilancio e il Milleproroghe 2019 ma poi rimasto in stand by a causa del Covid. Per il momento però si partirà con la rinegoziazione del debito delle regioni. Quando sarà il turno dei comuni? R. La rinegoziazione del debito dei comuni è un’operazione che ci sta molto a cuore e che abbiamo voluto mutuare dall’accollo del debito di Roma per estenderla a tutti i comuni. Il dpcm è stato fi rmato, stiamo chiudendo il decreto attuativo del Mef e abbiamo costituito l’Unità di coordinamento che gestirà le rinegoziazioni. Stiamo già facendo le prime valutazioni sulle grandi città. La settimana scorsa ho avuto una riunione di coordinamento con i sindaci delle città metropolitane, quelle maggiormente interessate alla rinegoziazione. Riuscire a sgravarle dal debito significherebbe far respirare non solo i grandi centri ma anche i territori limitrofi. D. I sindaci chiedono risorse per poter prevedere sul territorio agevolazione Tari ampie e signifi cative per le attività produttive rimaste chiuse. Le bozze del decreto sostegni bis prevedono uno stanziamento di 600 milioni di euro. E’ una cifra defi nitiva o potrebbero arrivare risorse in più? R. Penso che alla fi ne lo stanziamento sarà questo.
Questa misura rappresenta un impegno che il governo si è preso con il senato e che intendiamo onorare. I comuni la useranno certamente, come alcuni stanno già facendo con risorse proprie, per sgravare dalla tassa rifi uti gli esercizi commerciali chiusi o limitati nella loro attività a causa della pandemia. D. Il tema delle concessioni (per il commercio su strada ma anche per i beni demaniali) è tornato alla ribalta nella scorse settimane. E’ un tema su cui da anni l’Italia è sospesa tra i princìpi della direttiva Bolkestein e una legislazione interna che non sembra così favorevole all’apertura al mercato e alla concorrenza. Ora anche i giudici e le procure vogliono vederci chiaro e hanno iniziato a chiedere alle forze dell’ordine di monitorare le concessioni. Un intervento sarebbe dovuto arrivare nel recente decreto proroghe ma poi è saltato. Il governo cosa intende fare? R. Noi abbiamo fatto una norma che non è l’applicazione della direttiva Bolkstein ma non è nemmeno una proroga secca delle concessioni. E’ un rinnovo con requisiti più messa a gara delle quote che restano fuori. Su Roma ci sono delle diffi coltà ma per superarle penso sia necessario far applicare bene il regolamento del comune di Roma e garantisco personalmente il mio supporto al comune per fare in modo che i rinnovi con requisiti siano applicati in modo giusto. Non credo sia opportuno che il comune di Roma possa procedere con l’applicazione della Bolkestein perché non è legge dello stato. Per garantire continuità alle attività degli ambulanti e sostegno al settore duramente colpito dalla pandemia abbiamo messo a punto assieme al ministero dello sviluppo economico una norma che aiuta a superare i rilievi che l’Antitrust ha sollevato in risposta ai dubbi posti dal comune di Roma, senza stravolgere l’ottimo lavoro fatto con le associazioni di categoria e con i sindaci. Il meccanismo del rinnovo con requisiti (più gara) è un meccanismo che funziona in tutt’Italia.
Nella norma messa a punto col Mise prevediamo che le concessioni degli ambulanti conservino la loro validità per i novanta giorni successivi alla fine dello stato d’emergenza, ferma restando la loro eventuale maggior durata. D. Come giudica la prospettiva che le norme sulla limitazione della responsabilità per danno erariale ai soli casi di dolo, in scadenza a fine anno, vengano prossimamente prorogate? La Corte conti ha più volte manifestato di mal digerire un’estensione di tale misura…. R. E’ un tema aperto che il parlamento sta discutendo anche in questi giorni per il ddl Pella. Dobbiamo chiederci se vogliamo far amministrare i comuni di sindaci che non sono tutelati. Sono dei volontari, anzi dei francescani dedicati alla politica come amo ripetere, che si sobbarcano il ruolo più diffi cile nella gestione della cosa pubblica. Dobbiamo tutelarli, perché un conto è controllarli, un altro non farli operare, soprattutto alla vigilia del Recovery plan che rischia di non dare i suoi frutti se si continua a credere che i sindaci rappresentino il male assoluto.
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