A seguito dei consistenti aumenti disposti dal DM 21/12/2018 sui compensi dei revisori dei conti degli enti locali, si è posto da subito il problema di una possibile estensione anche ai revisori in carica. Il primo scrutinio positivo è avvenuto a seguito della cancellazione del vincolo della riduzione del 10% previsto nel d.l.78/2010 e non più rinnovato a partire dal 2018. A ciò si è aggiunto il citato D.M. che dopo circa 13 anni di invarianza di aumento dei compensi dei revisori, ha aggiornato gli importi con aumenti consistenti. Di questo ultimo provvedimento, ossia sulla possibilità di estensione anche ai revisori in carica, si sono spese diverse Sezione regionali della Corte dei conti, quasi tutte possibiliste, tranne quella del Molise che ha invece dato prevalenza alla normativa di cui all’art.247, comma 7, del Tuel che fissa in modo inesorabile la remunerazione nell’atto di nomina. Oggi la Sezione delle Autonomie sulla questione di massima si esprime con propria deliberazione n.14/2019 ricostruendo sia la normativa sia il rapporto, pur sempre, convenzionale che lega l’ente con i professionisti della revisione contabile.
La soluzione della Sezione delle Autonomie
Pur condividendo tutte le motivazioni delle varie Sezioni regionali, il Collegio della nomofilachia contabile parte dalle sue precedenti considerazioni (deliberazione n.16/2017) ed in modo particolare sulla centralità della determinazione concordata del compenso quale momento di composizione delle esigenze finanziarie della PA e delle istanze remunerative dei professionisti interessati da cui discenderebbe la possibilità per le parti di rinnovare il giudizio di adeguatezza del compenso e procedere ad una sua rideterminazione laddove incongruo. Tuttavia, di particolare rilievo sono anche le considerazione della Sezione del Molise (deliberazione n. 70/2019) sul suo percorso argomentativo secondo cui non potrà che essere considerata intangibile la determinazione assunta dall’organo consiliare, ai sensi dell’art. 241, comma 7, del TUEL, dove l’autonomia negoziale assuma una connotazione del tutto peculiare in ragione dei plurimi limiti ex lege previsti in relazione sia al contenuto del rapporto contrattuale – laddove la determinazione del corrispettivo è ancorato a parametri predeterminati – sia alla libertà di scelta del contraente laddove l’art. 16, comma 25, del d.l. n. 138/2011 prevede un peculiare sistema di reclutamento mediante “sorteggio” dei componenti. Inoltre, sempre in merito alle conclusioni del Collegio contabile molisano, non potrà non essere considerato che la ritenuta possibilità di determinare il compenso solo nel momento dell’approvazione dell’atto di nomina trovi fondamento, in primo luogo, nell’esigenza di garantire l’imparziale esercizio della funzione da parte dei soggetti investiti del ruolo di esercitare i compiti di revisione economico-finanziaria dell’Ente locale, la cui connotazione pubblicistica emerge dalla considerazione delle specifiche attività di controllo e verifica esercitate, nonché dei connessi oneri di comunicazione alla Corte dei conti in relazione, tra l’altro, all’osservanza dei principi in materia di indebitamento in applicazione dell’art. 119, ultimo comma, della Costituzione e, più in generale, alla sussistenza di gravi irregolarità contabili e finanziarie.
La soluzione da proporre non potrà, quindi, che essere quella che parte da un lato dal rapporto convenzionale e, dall’altro lato dalla disciplina posta dall’art. 241 del TUEL (predeterminazione del tetto massimo del compenso base sulla base di criteri oggettivi/previsione di eventuali incrementi solo in ragione di una estensione dell’incarico/limitazione dei rimborsi) dove il legislatore ha inteso riconoscere non solo un adeguato corrispettivo per lo svolgimento delle funzioni di revisione, ma perseguire anche finalità di contenimento delle spese degli enti locali.
Precisa la Corte con vada tenuto conto delle già indicate conclusioni a suo tempo proposte (Sezione Autonomie, deliberazione n.16/2017) che nel fornire risposta negativa in relazione alla richiesta di determinazione, per via interpretativa, di un limite minimo inderogabile, ha rimarcato come, attesa la natura convenzionale del rapporto, ineludibile parametro di riferimento per la determinazione del compenso sia rappresentato dall’art. 2233, comma 2, del codice civile in forza del quale, nei rapporti d’opera intellettuale, “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione” e come detto emolumento debba essere “congruamente determinato al fine di assicurare l’effettività e l’indipendenza dell’attività di supervisione, di indirizzo e di verifica intestato ai revisori.”
Conclusioni
Precisati i principi, la Sezione Autonomia conclude precisando che debba riconoscersi la possibilità per gli enti locali di procedere ad una rinnovata valutazione dell’adeguatezza degli emolumenti determinati anteriormente al 21 dicembre 2018 rispetto a quelli quantificati facendo applicazione del previgente decreto e, se del caso, procedere ad una rivisitazione degli stessi: ciò naturalmente previa attenta verifica della compatibilità finanziaria e della sostenibilità dei nuovi oneri. In particolare gli organi consiliari – ai quali il combinato disposto degli art. 243 e 241 TUEL intesta la competenza a determinare l’emolumento di cui trattasi – dovranno verificare se “la misura del compenso inizialmente deliberata dall’ente locale si manifesti chiaramente non più rispondente ai limiti minimi di congruità ed adeguatezza che, anche sulla base di principi derivanti dall’ordinamento comunitario, sono considerati esistenti in materia” e, previa verifica della compatibilità finanziaria e della sostenibilità dei nuovi oneri, adottare i conseguenti provvedimenti necessari per riportare il compenso ad un livello conforme ai suddetti parametri.
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