Con comunicato del 01/09/2015 l’ANCI risponde al seguente quesito:
DOMANDA:
Nel Comune scrivente sono ubicati degli immobili comunali adibiti a finalità sociale. gli immobili suddetti sono concessi a tempo determinato a famiglie in situazione di disagio, in attesa che si liberi un alloggio ERP o che possano avere un’assegnazione a tempo indeterminato in base ai bandi di assegnazione. In passato il Comune scrivente ha stipulato dei contratti a tempo determinato per un periodo di due anni. Più volte sono state concesse proroghe o rinnovi. Chiediamo se è regolare da un punto di vista amministrativo stabilire un periodo di validità di due anni o se è necessario (anche per i contratti di alloggi comunali concessi a tempo determinato) stabilire un altro termine per non inficiare la validità dell’atto.
RISPOSTA:
Al fine di dare una risposta esaustiva al quesito formulato dalla scrivente amministrazione, è utile richiamare la vigente normativa in materia di beni immobili comunali. I beni immobili sono classificati in: – beni del demanio comunale, destinati, per loro natura o per le caratteristiche loro conferite dalle leggi, a soddisfare prevalenti interessi della collettività. – beni del patrimonio indisponibile, destinati ai fini istituzionali del Comune e al soddisfacimento di interessi pubblici, non compresi nella categoria dei beni demaniali di cui agli artt. 822 e 823 del Codice Civile. – beni del patrimonio disponibile, non destinati ai fini istituzionali del Comune e pertanto posseduti dallo stesso in ragione di diritto privato. I beni disponibili si distinguono in immobili ad uso abitativo ed in immobili ad uso non abitativo. I beni soggetti a regime di demanio e del patrimonio indisponibile possono essere oggetto di utilizzo esclusivo da parte di terzi allorché l’attività da svolgere sia conforme alle finalità di interesse pubblico, dell’Amministrazione Comunale. La concessione in uso temporaneo a terzi di beni demaniali e patrimoniali indisponibili avviene mediante atti di diritto pubblico e, in particolare, con concessione amministrativa, su conforme atto deliberativo della Giunta Comunale. La durata massima della concessione deve essere fissata nel Regolamento comunale e può essere sempre revocata per sopravvenienti interessi dell’Amministrazione Comunale. La concessione in uso di beni patrimoniali disponibili è, di norma, effettuata nella forma e con i contenuti dei negozi contrattuali tipici previsti dal titolo III del libro IV del Codice Civile, ovverosia: a) Contratto di locazione (artt. 1571 e ss. C.C.) b) Contratto di affitto (artt. 1615 e ss. C.C.) c) Contratto di comodato (artt. 1803 e ss. C.C.) L’assegnazione e la gestione contrattuale dei beni ad uso abitativo sono disciplinati dalle norme vigenti ed in particolare dalla Legge n. 431/1998. In casi eccezionali da motivare adeguatamente, i beni immobili di proprietà dell’Amministrazione Comunale possono essere affidati in comodato o concessi in uso gratuitamente, con delibera della Giunta. Va comunque evidenziato che la gestione degli immobili di proprietà degli enti locali, anche da mettere in relazione all’entità delle misure di economia e finanza previste dall’ordinamento pubblico, richiede l’assunzione da parte degli enti stessi di particolare disciplina regolamentare. In base alle considerazioni che precedono si rileva che: – se gli immobili comunali adibiti a finalità sociale sono facenti parte del patrimonio indisponibile, essi sono assegnati a tempo determinato a famiglie in situazione di disagio mediante concessione, la cui durata (nonché la possibilità di rinnovo o proroga) devono essere disciplinati nel regolamento comunale. – se invece i suddetti beni appartengono al patrimonio disponibile, nella loro assegnazione, il Comune agisce iure privatorum. Per la durata del contratto di locazione, valgono le prescrizioni di cui all’art. 5 della Legge n. 431/1998, a norma del quale, il decreto del Ministro dei lavori pubblici 30.12.2002 definisce le condizioni e le modalità per la stipula di contratti di locazione di natura transitoria anche di durata inferiore ai limiti previsti dalla legge per soddisfare particolari esigenze delle parti. L’art. 1, comma 2 del D.M. prevede che “I contratti di locazione di natura transitoria di cui all’articolo 5, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, hanno durata non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi. Tali contratti sono stipulati per soddisfare particolari esigenze dei proprietari e/o dei conduttori per fattispecie da individuarsi nella contrattazione territoriale tra le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative”. Sembrerebbe però, dalla lettura del quesito, che i beni siano stati assegnati a titolo gratuito per cui – anche nell’ipotesi in cui non fossero stati conferiti con atto di diritto pubblico (concessorio) – ma l’amministrazione avesse utilizzato uno strumento privatistico, questo non potrebbe che essere quello del comodato, relativamente alla cui durata la legge non prescrive un termine preciso (l’art. 1809 c.c. si limita a prevedere che il comodatario è tenuto a restituire la cosa: tale prestazione diviene esigibile alla scadenza del termine espressamente convenuto). Si ritiene pertanto che, se i beni immobili ad uso abitativo sono stati assegnati in concessione o in comodato, sia conforme alle norme vigenti stabilire per i relativi contratti una durata di due anni.
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