Aiuti di Stato non compensati

ItaliaOggi
9 Ottobre 2020
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La Corte di cassazione ha respinto il ricorso di una partecipata dal Comune di Torino
Le società in house non possono utilizzare dividendi
Gli aiuti di Stato non possono essere compensati dalla società in house con i dividendi. Le disposizioni previste dalla legislazione nazionale, sulla esenzione triennale dell’imposta sul reddito a benefi cio di società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria, sono state dichiarate illegittime dalla Commissione europea, in quanto ritenute incompatibili con il mercato comune. Il recupero disposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società a partecipazione pubblica, per le imposte non pagate, non possono essere dalla stessa assolte tramite compensazione con i maggiori dividendi erogati al socio, e ciò, a prescindere se la partecipazione in mano pubblica sia totalitaria o se tratti di società in house. Queste sono le indicazioni della Cassazione (sentenza n. 19779/2020) che ha respinto le doglianze della società elettrica partecipata quasi totalmente dal Comune di Torino. La vicenda. L’Agenzia delle entrate ha proceduto all’emissione dell’avviso di recupero delle imposte sul reddito della Azienda energetica metropolitana di Torino spa, con azionista maggioritario il comune di Torino, pur a fronte di disposizioni legislative (legge n.549/1995) che la sollevassero da tassazione. Infatti, la legge di riferimento è stata dichiarata incompatibile con il mercato comune, con la decisione n. 2003/2002 della Commissione Ue, classifi cando detta esenzione dall’Irpeg come aiuto di Stato. Contro l’avviso di accertamento delle imposte non versate è ricorsa la società, in Commissione tributaria, evidenziando come, i maggiori utili versati all’azionista pubblico, discendessero proprio dalla quota di esenzione dall’imposta sulle società disposta dalla normativa di riferimento. La Ctp e, successivamente, la Ctr, hanno negato che, la citata compensazione dei maggiori utili, trasferiti all’azionista pubblico, potesse essere considerata in compensazione al beneficio delle minori imposte versate per due motivi rilevanti. Il primo, in quanto il versamento dei dividendi ha la fi nalità di compensare l’azionista del capitale investito. Il secondo motivo, in quanto il comune di Torino non coincide con lo Stato centrale destinatario della decisione di recupero. Contro la decisione negativa di rigetto, la società ha presentato ricorso in Cassazione, insistendo che il benefi cio, derivante dalla «moratoria fi scale», fosse stato retrocesso sotto forma di distribuzione di utili al comune di Torino, azionista per il 99% del capitale sociale, il quale quindi doveva considerarsi il benefi ciario effettivo dell’aiuto di Stato e quindi destinatario dell’azione di recupero. La conferma del giudice di legittimità. Le doglianze della società non sono state considerate fondate. Il giudice di legittimità è già intervenuto sugli aiuti di Stato, a seguito della citata decisione della Commissione europea. In quella occasione è stato evidenziato l’obbligo, da parte dell’Agenzia delle entrate, di procedere, mediante ingiunzione, al recupero delle imposte non versate in forza del regime agevolativo normativo. Ciò è, inoltre, avvenuto anche nei confronti delle società in house, a partecipazione pubblica totalitaria, risultando irrilevante la composizione del capitale sociale rispetto all’obiettivo di evitare che le imprese pubbliche, beneficiarie del trattamento agevolato, potessero concorrere nel mercato delle concessioni dei cosiddetti servizi pubblici locali, che è un mercato aperto alla concorrenza comunitaria, in condizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti (tra le tante sez. 5 , sentenza n. 2396 del 31/1/2017). D’altra parte, l’attività di recupero deve necessariamente indirizzarsi nei confronti dell’impresa che ha fruito della esenzione fi scale, posto che l’effetto distorsivo della libera concorrenza si produce specifi camente in capo ai soggetti economici che, tramite l’aiuto di Stato, hanno lucrato una posizione di indebito vantaggio nei confronti degli altri operatori economici. Infine, in merito alla compensazione avvenuta con i maggiori dividendi ai soci e, in particolare, all’ente pubblico locale quale socio di maggioranza, non può sussiste alcuna correlazione logico-giuridica tra la illegittima esenzione dell’impresa, dal pagamento di tributi statali, e la libera scelta di distribuzione di dividendi ai soci, quand’anche si tratti dì socio ente pubblico locale con partecipazione quasi totalitaria. Il ricorso, pertanto, è stato rigettato con pagamento anche delle spese di lite quantifi cate queste ultime in un importo considerevole (30 mila euro).
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

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