Acquisto di immobili degli enti in riequilibrio finanziario. La restrizione dei giudici contabili

Le disposizioni introdotte nel decreto fiscale 2020 hanno previsto che a decorrere dall’anno 2020 cessano di applicarsi alcune disposizioni in materia di contenimento e di riduzione della spesa ed in particolare, per quello che qui interessa, i vincoli previsti per gli enti territoriali che effettuino operazioni di acquisto di immobili.

9 Novembre 2020
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Le disposizioni introdotte nel decreto fiscale 2020 hanno previsto che a decorrere dall’anno 2020 cessano di applicarsi alcune disposizioni in materia di contenimento e di riduzione della spesa ed in particolare, per quello che qui interessa, i vincoli previsti per gli enti territoriali che effettuino operazioni di acquisto di immobili previste solo ove ne siano comprovate documentalmente l’indispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal responsabile del procedimento e che la congruità del prezzo sia attestata dall’Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese. Il venir meno di tali restrizioni, tuttavia, non possono espandersi anche agli enti in riequilibrio finanziario (ex art.243-bis del Tuel) se non nel caso in cui l’acquisto sia stato previsto nel piano di riequilibrio approvato dalla Corte dei conti. Sono queste le conclusioni cui è pervenuta la Corte dei conti della Puglia (deliberazione n.99/2020) in risposta al dubbio sollevato da un Sindaco.

La richiesta

Un Sindaco ha chiesto ai giudici contabili se le disposizioni recate dall’art. 57, comma 2, lett. f) del d.l. n. 124/2019 siano applicabili anche agli enti che abbiano fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ex artt. 243-bis ss. TUEL. Nel caso di specie, infatti, l’ente locale in piano di riequilibrio avrebbe intenzione di procedere all’acquisto di un immobile di proprietà privata da destinare a finalità istituzionali (struttura sociale), da assegnare in concessione e da realizzare mediante fondi regionali. Tuttavia, la spesa a carico dell’Ente sarebbe, pertanto, solo quella relativa all’acquisto del bene in questione.

I precedenti vincoli

Prima dell’intervento del legislatore, richiamato dal Sindaco nella propria richiesta, il quadro legislativo prevedeva che «A decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente l’indispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal responsabile del procedimento. Le disposizioni di cui al primo periodo non si applicano agli enti locali che procedano alle operazioni di acquisto di immobili a valere su risorse stanziate con apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica o cofinanziate dall’Unione europea ovvero dallo Stato o dalle regioni e finalizzate all’acquisto degli immobili stessi. La congruità del prezzo è attestata dall’Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese. Delle predette operazioni è data preventiva notizia, con l’indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel sito internet istituzionale dell’ente». Tale normativa, tuttavia, conteneva alcune eccezioni con l’esclusione alle «procedure relative all’acquisto a titolo oneroso di immobili o terreni effettuate per pubblica utilità ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, nonché alle permute a parità di prezzo e alle operazioni di acquisto programmate da delibere assunte prima del 31 dicembre 2012 dai competenti organi degli enti locali e che individuano con esattezza i compendi immobiliari oggetto delle operazioni e alle procedure relative a convenzioni urbanistiche previste dalle normative regionali e provinciali» (secondo la norma di interpretazione autentica recata dall’art. 10-bis del d.l. n. 35/2013).

La nuova normativa

La legge fiscale 2020 ha fatto venir meno il regime vincolistico con relativa cessazione degli effetti per gli enti locali. La questione, allora si sposta se sussistano ancora limiti per gli enti in riequilibrio finanziario di acquisizione di beni immobili, una volta venuti meno i vincoli legislativi.

La legislazione, prevede per gli enti in riequilibrio finanziario due diverse ipotesi per poter rimodulare il piano a suo tempo presentato ed approvato dalla Corte dei conti e precisamente:

  • la prima, attualmente contemplata dal secondo inciso del comma 5 dell’art. 243-bis TUEL, alla cui stregua «Qualora, in caso di inizio mandato, la delibera di cui al presente comma (i.e. la delibera consiliare di adozione del piano, che deve intervenire entro il termine perentorio di 90 giorni dalla data di esecutività della delibera di ricorso alla procedura) risulti già presentata dalla precedente amministrazione, ordinaria o commissariale, e non risulti ancora intervenuta la delibera della Corte dei conti di approvazione o di diniego di cui all’articolo 243-quater, comma 3, l’amministrazione in carica ha facoltà di rimodulare il piano di riequilibrio, presentando la relativa delibera nei sessanta giorni successivi alla sottoscrizione della relazione di cui all’articolo 4-bis, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149»;
  • la seconda, contenuta nei commi 7-bis-7-ter dell’art. 243-quater TUEL, relativi all’ipotesi che, durante l’attuazione del piano, emerga «grado di raggiungimento degli obiettivi intermedi superiore rispetto a quello previsto». In tal caso «[…] è riconosciuta all’ente locale la facoltà di proporre una rimodulazione dello stesso, anche in termini di riduzione della durata del piano medesimo. Tale proposta, corredata del parere positivo dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente, deve essere presentata direttamente alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti.

Non avendo previsto altre possibilità di rimodulazione del piano di riequilibrio, allora è possibile concludere che eventuali nuove risorse finanziarie acquisite dall’ente dovranno necessariamente essere destinate al miglioramento dei suoi saldi ed al rafforzamento del suo equilibrio. In questo caso, precisa il Collegio contabile pugliese, il piano approvato integra il parametro alla cui stregua valutare il conseguimento degli obiettivi di risanamento dell’ente interessato e, di conseguenza, la legge annette al piano approvato uno statuto di tendenziale intangibilità.

Conclusioni

Per il Collegio contabile, pertanto, l’effettuazione di una spesa non prevista dal piano di riequilibrio approvato introduce un elemento di alterazione del percorso di riequilibrio cristallizzato con la sua approvazione, in contrasto con il quadro normativo che consente ordinariamente una modifica del piano nelle due ipotesi sopra richiamate. In merito all’acquisto dell’immobile, pertanto, vi sarebbe impossibilità da parte dell’ente in riequilibrio di procedere a un aggravio del piano, mediante l’inserimento di una nuova spesa, essendo le ipotesi di modifica del piano stesso espressamente contemplate dal legislatore.

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