La questione, di particolare rilevanza, riguarda la base di calcolo dell’acquisto di beni e servizi su cui effettuate l’accantonamento in caso del mancato rispetto dei tempi medi di pagamento. Secondo la Corte dei conti della Campania (deliberazione n.4/2021) possono essere sottratte all’aggregato di spesa solo gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione, quest’ultimo quale vincolo di destinazione delle entrate derivanti da legge, da trasferimenti e da prestiti, per i quali operano i limiti di utilizzazione, con obbligo di ricostituzione entro l’anno, prescritti dal combinato disposto degli artt. 195 e 222 del TUEL.
La domanda del Sindaco
Le disposizioni legislative della legge di bilancio 2019, operative dal bilancio 2020, hanno previsto che gli enti che siano in ritardo con i pagamenti ai fornitori, ovvero che non abbiano ridotto il proprio stock del debito commerciale di almeno il 10%, dovranno accantonare una percentuale variabile dal 5% all’1%, in base ai ritardi nei pagamenti registrati nell’esercizio precedente, sugli stanziamenti riguardanti, nell’esercizio in corso, la spesa per acquisto di beni e servizi”, e che, nel corso dell’esercizio, l’accantonamento sia adeguato alle variazioni di bilancio relative agli stanziamenti della spesa per acquisto di beni e servizi e non riguarda gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione. Su quest’ultima precisazione del legislatore afferente il vincolo di destinazione, ha chiesto chiarimento il Sindaco di un comune partenopeo.
La risposta
Al fine di adempiere alle obbligazioni previste dalla Comunità europea, in tema di tempestività dei pagamenti alle imprese, il legislatore italiano si è mosso in una duplice direttrice. Da un alto ha ampliato la possibilità agli enti locali di ricorrere alle anticipazioni di liquidità. Dall’altro lato ha introdotto misure finalizzate a conseguire il rispetto dei tempi di pagamento e a ridurre l’importo del debito commerciale residuo da parte delle amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato, differenziate a seconda della natura dell’amministrazione e della relativa disciplina contabile. Quest’ultima direttrice ha previsto ‘obbligatoria istituzione di uno specifico fondo quando l’ente non rispetti i tempi di pagamento o non riduca a sufficienza lo stock di debiti commerciali; la disciplina di tale fondo indica il criterio di quantificazione e specifica che il relativo appostamento rifluisce sul risultato di amministrazione, accertato con l’approvazione del rendiconto. La Consulta ha precisato nella sentenza n.78/2020 che ““il fondo da appostare in bilancio rappresenta (…) una soluzione contabile e gestionale funzionale a consentire all’amministrazione di disporre di liquidità necessaria a velocizzare i pagamenti delle proprie obbligazioni commerciali e a ridurre la relativa voce di debito residuo. Il meccanismo approntato impedisce di effettuare impegni di spesa e pagamenti a valere sulle somme accantonate nel fondo; ciò fa sì che, a fine esercizio, le relative economie di spesa rifluiscono nella quota libera del risultato di amministrazione e l’ente può utilizzare la giacenza di cassa in tal modo formatasi per pagare i debiti arretrati”. Si tratta di un accantonamento – ulteriore rispetto agli altri fondi previsti dall’art. 167 del Tuel e dal principio contabile 4/2 – che di fatto limita la capacità di spesa degli enti locali, con l’obiettivo di garantire l’allineamento tra la capacità di spesa e la effettiva disponibilità di cassa. Pertanto, tale misura legislativa oltre ad indurre l’ente a conseguire liquidità di cassa utile a velocizzare i pagamenti commerciali, lo strumento del fondo di garanzia realizza anche l’ulteriore e indiretto effetto positivo di ridurre l’esposizione dell’amministrazione a titolo di interessi passivi sui pagamenti tardivi, che superano il tasso di oltre l’8% annuale.
Il legislatore ha a tal fine previsto che la percentuale sugli acquisiti di beni e servizi, variabile dal 1% fino all’5% dovrà essere effettuata al netto degli stanziamenti correlati a risorse con “specifico vincolo di destinazione”.
La soluzione al quesito posto dal Sindaco è dato proprio dalle indicazioni della Consulta trattandosi di “strumenti adeguati in relazione alla finalità di indurre l’ente a conseguire giacenze di cassa proprio per estinguere le obbligazioni che esso ha assunto”. In altri termini, le esclusioni non potranno che riguardare le sole spese in cui il regime vincolistico opera anche in termini di cassa, oltre che di competenza. In altri termini, solo le risorse di cui all’art.180, comma 3, lett. d) del Tuel, ossia le entrate che abbiano un vincolo specifico ad una determinata spesa stabilito per legge, per trasferimenti o per prestiti, sottrae definitivamente all’Ente la disponibilità delle risorse anche sotto il profilo della gestione di cassa e giustifica l’esclusione degli stanziamenti per l’acquisizione di beni e servizi che attingono a tali entrate con specifico vincolo di destinazione dall’importo su cui applicare la percentuale di accantonamento al FGDC. Restano escluse dall’abbattimento, pertanto, le entrate vincolate in termini di competenza ma liberamente disponibili in termini di cassa, altrimenti ciò comporterebbe un ingiustificato alleggerimento dell’incidenza di questo accantonamento sul bilancio dell’ente, non coerente con la ratio dell’istituto.
In conclusione, in risposta alla richiesta del Sindaco, la percentuale di accantonamento al Fondo di garanzia debiti commerciali va applicata alla spesa per acquisto di beni e servizi con esclusione degli stanziamenti di spesa riferita solo ai vincoli di destinazione delle entrate derivanti da legge, da trasferimenti e da prestiti.
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