Obiettivi PNRR tutti raggiungibili, ma adesso risposte rapide dalla Ue

Intervista al ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di coesione, Tommaso Foti

Il Sole 24 Ore
4 Luglio 2025
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di MANUELA PERRONE e GIANNI TROVATI (dal Sole 24 Ore)

«Gli obiettivi del PNRR, con la giusta manutenzione, sono tutti raggiungibili, e chiariamo un equivoco: non abbiamo l’obbligo di spendere l’intera dotazione di 194,4 miliardi entro il 30 agosto 2026. I tempi per la rimodulazione straordinaria del Piano, però, sono stretti, e in una fase come questa l’accelerazione del confronto con la Commissione europea sarebbe molto utile». Nelle stesse ore in cui a Roma sono in corso i colloqui della task force comunitaria nei diversi ministeri coinvolti nell’attuazione del Piano, il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, accetta di fare il punto con il Sole 24 Ore sullo stato di avanzamento del Piano e sui lavori in corso per la revisione degli ultimi 171 obiettivi del Recovery italiano, a cui sono collegate la nona e decima rata che valgono complessivamente 41,2 miliardi di euro.

Ministro, la rimodulazione straordinaria del Piano è stata annunciata più volte, ma non ha ancora visto la luce. A che punto siamo?
Il 4 giugno la Commissione Ue ha indicato le direttrici su cui possiamo muoverci e in questi giorni sono in corso i confronti tra la delegazione dei tecnici europei e i nostri per capire, alla luce delle nuove istruzioni, la praticabilità delle soluzioni sul tappeto. La riprogrammazione deve viaggiare nel perimetro delle misure già attivate, perché non c’è margine per ipotizzare nuovi interventi. A nostro avviso occorre assolutamente accelerare i tempi. La nostra idea era andare in Parlamento, tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, ma occorre avere risposte dalla Commissione.

Uno dei filoni più delicati è quello delle imprese, a partire da Transizione 5.0. Sarà possibile spostare i fondi non utilizzati a meccanismi di credito d’imposta, come quelli di Transizione 4.0 che hanno funzionato?
È facile dire di dirottare fondi su una misura che ha già dimostrato la sua efficacia, si figuri se non sarebbe il nostro interesse, ma bisogna vedere se la struttura tecnica della Commissione lo ritiene fattibile e una risposta ufficiale al momento non c’è.

E l’ipotesi di rifinanziare i contratti di sviluppo?
Anche su questo non c’è stata ancora una pronuncia. Ovviamente noi non formalizziamo ogni singola proposta, ma portiamo avanti un dialogo che mira a ottenere le indicazioni generali indispensabili in questa fase finale del Piano in cui non si hanno orizzonti enormi né dal punto di vista temporale né da quello delle possibili alternative.

Ci conferma che la vostra piattaforma guarda alla rimodulazione di 14 miliardi del Pnrr per le imprese, come era emerso ad aprile nell’incontro a Palazzo Chigi?
Sì, ma le aziende hanno bisogno di aiuti concreti, non di piattaforme. Bisogna tener conto dei vincoli che non permettono di reindirizzare risorse al di fuori dei capitoli originari. Anche se in un Piano quinquennale spesso l’evoluzione rapida degli scenari rende alcune parti un po’ fuori contesto, e in qualche caso, l’esperienza ha mostrato che la domanda su alcuni filoni è molto inferiore a quella preventivata.

È accaduto, ad esempio, per le colonnine di ricarica elettrica. Con la rimodulazione tecnica già approvata si prevede un piano di incentivi per l’acquisto di auto elettriche, ma per ora all’annuncio non è seguito il provvedimento. Quando arriverà, tenuto conto che l’attesa penalizza le vendite in un mercato già in crisi?
Io penso che il ministero dell’Ambiente stia accelerando i tempi, cosa che giudico assolutamente necessaria.

Non è una contraddizione ridurre i fondi per le colonnine e dare incentivi alle auto elettriche? E non si rischia così di sussidiare acquisti di auto cinesi, come lo stesso governo aveva dichiarato riducendo in manovra il fondo automotive?
Teniamo conto che nella migliore delle ipotesi questa misura va a incentivare l’acquisto di 40mila auto, in un mercato che fortunatamente è ancora grande ancora quaranta volte tanto. Poi bisogna considerare l’assenza di alternative, sempre perché, anche se si continua a non volerlo dire, nel Piano non c’è solo spesa, ma anche riforme e parametri rigidi entro cui muoversi. Uno su tutti: il principio Dnsh (Do No Significant Harm), che impone agli interventi finanziati con i fondi PNRR di non produrre danni all’ambiente.

È un principio figlio del Green New Deal, ora messo pesantemente in discussione…
Infatti sarebbe stata necessaria una maggiore elasticità, anche perché questo atteggiamento ha avuto come conseguenza la compressione di investimenti e risorse su temi, come le ferrovie, in cui difficilmente si possono portare a termine in tre anni opere che mediamente richiedono anche il doppio del tempo. In queste condizioni, se l’Italia è prima in Europa per obiettivi raggiunti e importi incassati, è perché si è cercato in questi quasi tre anni, di raddrizzare il tiro e concentrarsi su misure e obiettivi davvero raggiungibili.

Da questo punto di vista il governo ha appena incassato l’ok alla settima rata e inviato la richiesta di accredito per l’ottava. Tra gli obiettivi raggiunti al 30 giugno, quale ritiene il più significativo?
I risultati smentiscono chi, dall’opposizione, si preoccupa di sostenere il contrario. Con questa nuova rata arriviamo a 140 miliardi di euro ricevuti, il 72% della dimensione finanziaria del Piano. Ricordo che gli accrediti arrivano soltanto al raggiungimento degli obiettivi. Quindi se qualcuno parla di «automatismi» o non ha letto il Piano o non lo ha capito. È ancor più grave se lo dice chi, come Giuseppe Conte, si vanta di averlo presentato. Fra i traguardi più rilevanti ci sono quelli che rafforzano la competitività delle imprese. La più rilevante è la riduzione dei tempi di pagamento delle amministrazioni pubbliche.

Resta, però, il problema della spesa effettiva: mancano 120 miliardi in meno di due anni.
Va chiarito che è possibile raggiungere tutti gli obiettivi anche senza spendere l’intera dotazione entro la scadenza. Questo non significa che la spesa non debba essere accelerata, ma bisogna tenere conto di due fattori. I dati ufficiali soffrono dei ritardi nella rendicontazione e al censimento mancano ancora gli interventi di maggiore impatto economico che hanno inevitabilmente tempi più lunghi.

Per superare il termine avete intenzione di ricorrere a uno o più veicoli finanziari?
Una facility è già stata attivata per l’edilizia residenziale pubblica e altre sono allo studio. L’idea non è quella di creare cento strumenti finanziari. Dobbiamo capirne il perimetro, sia come disponibilità economica, sia rispetto al soggetto da coinvolgere e alle misure di riferimento.

Continua a circolare l’ipotesi di destinare una quota delle risorse PNRR alla difesa.
Abbiamo già detto in tutte le lingue che non intendiamo avvalerci di questa possibilità.

* Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 4 luglio 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)

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