Il responsabile finanziario, per la sua qualità di pubblico ufficiale, che propone il pagamento di competenze arretrate, maturate dallo stesso all’esito di una causa promossa in danno del Comune stesso, senza astenersi, malgrado l’interesse patrimoniale diretto al provvedimento proposto, risponde del reato di abuso di ufficio non rilevando che successivamente il Consiglio comunale abbia emendato e stralciato la variazione di bilancio richiesto. Determinati a tal fine, sono state le indicazioni dei revisori dei conti e del Segretario comunale. Il reato e il risarcimento del danno sono state confermate dalla Cassazione (sentenza n.27757/2020).
La vicenda
A seguito dei giudizi amministrativi, il Sindaco procdeva alla nomina del responsabile dei servizi finanziari riconoscendogli la categoria giuridica, la posizione economica, l’indennità di posizione e gli emolumenti correlati in linea con quanto previsto dal CCNL di riferimento. A fronte di tali giudizi, il responsabile dei servizi finanziari ha proposto una variazione di bilancio, con la quale venivano accertati gli importi dovuti con relative poste rettificative in bilancio al fine del successivo pagamento delle spettanze dovute. Il Consiglio comunale, anche a fronte dei pareri negativi dei revisori dei conti e del Segretario comunale, emendava le variazioni di bilancio riferite alla parte di interesse del responsabile finanziario. A seguito di esposto e successivamente di giudizio penale, con rito abbreviato, il responsabile è stato condannato per abuso di ufficio e risarcimento del danno nei confronti del Comune costituitosi parte civile, considerato colpevole per aver proposto la citata variazione nel suo interesse senza astenersi, malgrado l’interesse patrimoniale sotteso al provvedimento proposto. La sentenza veniva confermata anche in sede di giudizio di appello, tanto che il responsabile finanziario ha proposto ricorso in Cassazione.
La difesa del responsabile finanziario
Nel ricorso il responsabile finanziario si è affidato a diversi motivi di doglianza. Il primo che la condanna sarebbe maturata utilizzando il reato di abuso di ufficio mentre lo stesso sarebbe solo al limite tentato in quanto la variazione oggetto di indagine penale non sarebbe stato approvato dal Consiglio comunale, nonostante l’assenza del requisito della doppia ingiustizia. Infatti, il vantaggio patrimoniale perseguito dal responsabile con la condotta contestata trovava fondamento nei giudizi amministrativi intentati dal ricorrente e in esito alla cui definizione il Sindaco del Comune lo aveva nominato responsabile dell’area economica e finanziaria, riconoscendogli la categoria giuridica, la posizione economica, l’indennità di posizione e gli emolumenti correlati in linea con quanto previsto dal CCNL di riferimento. Nel caso di specie, pertanto, mancherebbe l’ingiusto vantaggio perseguito, non ricavabile dai rilievi di segno contrario tardivamente sollevati dal segretario generale del Comune, ribaditi nel corso della relativa escussione dibattimentale, intervenuti quando la proposta di variazione era già stata presentata, nel silenzio del citato Segretario. Con un secondo motivo sono state contestate le motivazioni della sentenza nella parte in cui la medesima si è appiattita sulle dichiarazioni del segretario comunale rese in dibattimento, dove quest’ultimo ha evidenziato che non rientrava tra i compiti del responsabile finanziario predisporre la proposta di variazione, da ritenersi dunque nulla per difetto assoluto di attribuzione ex art. 21 septies legge n. 241 del 1990. In particolare la Corte di appello non avrebbe considerato che il responsabile finanziario fu parte attiva nell’esprimere il proprio parre positivo all’emendamento e stralcio della variazione di bilancio di cui si tratta, realizzandosi in questo modo una condotta di desistenza o di recesso attivo, non potendo in tale caso essere giudicato colpevole del reato contestato, neppure nella forma tentata.
La conferma della Cassazione
Secondo i giudici di Piazza Cavour il ricorso è da giudicare inammissibile oltre che manifestamente infondato.
Avuto riguardo alla corretta ricostruzione della vicenda, è stato accertato come il responsabile finanziario venne nominato a tale funzione a seguito di un giudizio amministrativo a lui favorevole. A tal fine, per il tramite del suo difensore, ebbe a chiedere al Comune il riconoscimento di alcune poste retributive maturate nel tempo occorso tra la data nella quale avrebbe dovuto regolarmene assumere il detto incarico e l’atto sindacale di effettiva nomina. Successivamente il responsabile finanziario nominato, ebbe a formulare una apposita proposta di variazione del bilancio, inserendo, tra i capitoli di spesa da approvare, quello legato alla suddetta pretesa patrimoniale che immediatamente lo interessava. Detta proposta venne poi emendata dal Consiglio Comunale all’esito dei pareri contrari articolati dal revisore dei conti del Comune (che ebbe a segnalare il conflitto di interessi che ne inficiava il portato); dal segretario generale del Comune (cui pacificamente spettava la predisposizione di una siffatta proposta di variazione) anche per ragioni di merito in ordine alla parziale erroneità della richiesta del legale.
In merito alla contestata doppia ingiustizia prevista per il reato di abuso di ufficio, la difesa non coglie assolutamente nel segno. Infatti, le rivendicazioni economiche dell’imputato non riposavano sui provvedimenti giurisdizionali resi all’esito del contenzioso promosso dallo stesso, né sulla determina sindacale di conferimento del nuovo incarico che ebbe a conseguirne, che non prevedevano alcunché sul piano delle relative conseguenze economico retributive. Pertanto, la proposta di variazione in questione, predisposta dal ricorrente, in coerenza con la richiesta articolata dal suo legale, riguardava il pagamento in via retroattiva di quanto assertivamente dovuto, per il nuovo incarico assunto, a titolo di indennità di posizione, di risultato oltre che per differenze retributive, mentre nulla poteva essere riconosciuto per le ultime due voci, quanto alla prima, il possibile credito dell’imputato andava limitato solo alle mensilità del delle annualità coincidenti con quelle di effettivo svolgimento dell’incarico (e non dunque per gli anni e i mesi precedenti, a differenza di quanto indicato nella proposta). Di qui l’evidente vantaggio patrimoniale correlato alla proposta indebitamente veicolata dall’imputato, perché diretta al riconoscimento di voci di credito che, quantomeno alla data di redazione della stessa, non avevano alcun fondamento. Né può assumere rilievo il fatto che le contestazioni alla proposta di variazione predisposta dall’imputato furono evidenziati dal segretario generale solo dopo la formalizzazione della stessa, in quanto i fatti avvennero a seguito della scelta autonoma dell’imputato, malgrado la sua incompetenza rispetto alla relativa incombenza e il marcato interesse personale che ne viziava comunque la condotta. Inoltre, in termini di competenza in tema di variazioni di bilancio, la procedura prevedeva che spettava al responsabile finanziario la sola collazione delle proposte di variazione predisposte dai responsabili delle diverse aree di competenza dell’amministrazione comunale, pervenute le quali l’imputato avrebbe dovuto preparare la proposta di variazione del bilancio da sottoporre all’organo consiliare. Nel caso di specie, quindi, la proposta di variazione di bilancio riguardante il responsabile finanziario avrebbe dovuto essere di competenza del Segretario come confermato dallo stesso nel corso della relativa escussione dibattimentale.
La Cassazione ha confermato che, in tema di abuso di ufficio, può integrare la condotta del reato anche la formulazione di un atto interno, se espresso “contra legem”, laddove lo stesso si inserisce nell’iter come elemento diretto ad agevolare la formazione di un atto illegittimo ed in grado di far conseguire un ingiusto vantaggio. In questo caso, pertanto, diviene irrilevante che la condotta abbia riguardato solo atti interni al procedimento destinato a concludersi con un provvedimento definitivo emesso da altri. Infatti, il giudice di legittimità ha avuto modo di precisare come “In tema di delitti contro la P.A., la nozione di “atto di ufficio” comprende una vasta gamma di comportamenti umani, effettivamente o potenzialmente riconducibili all’incarico del pubblico ufficiale, e quindi non solo il compimento di atti di amministrazione attiva, la formulazione di richieste o di proposte, l’emissione di pareri, ma anche la tenuta di una condotta meramente materiale o il compimento di atti di diritto privato” (Cass. sez. 6, sentenza n. 38698/2006).
Infine, i giudici di Piazza Cavour evidenziano come non vi siano elementi per affermare che il parere espresso dall’imputato in occasione della delibera, con la quale la proposta venne emendata, assunse nel caso valenza decisiva rispetto alla scelta presa in tal senso dall’organo consiliare. Anzi al contrario, determinanti nel caso di specie appaiono i rilievi negativi sia dei revisori dei conti sia del Segretario comunale entrambi resi prima della deliberazione consiliare e, in ogni caso, antecedenti al parere del responsabile finanziario.
In conclusione, deve essere confermata la condanna del responsabile finanziario.
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