di Daniela Ghiandoni ed Elena Masini
La rilevazione di un risultato di amministrazione negativo in corrispondenza della lettera e) del prospetto allegato al rendiconto di gestione (e riferita ai fondi liberi) è una situazione che caratterizza molti enti. Il disavanzo può avere diverse origini ed i tempi di recupero sono variabili a seconda della normativa di riferimento. Si va da tre anni in caso di disavanzo ordinario (articolo 188 del Tuel) ai trent’anni in caso, ad esempio, di riaccertamento straordinario dei residui (Dm 2 maggio 2015). In occasione dell’approvazione del rendiconto gli enti sono chiamati a verificare l’effettivo miglioramento del disavanzo in misura almeno pari alla quota iscritta nel bilancio di previsione. Qualora così non fosse, la differenza non recuperata dovrà essere assorbita integralmente a carico dell’esercizio successivo, come indicato dalla sentenza n. 1/2019 delle Sezioni riunite della Corte dei conti. Ma cosa succede qualora l’ente dovesse registrare performance migliori rispetto al previsto e recuperare il disavanzo in misura superiore alle attese? In linea teorica tre sarebbero le soluzioni possibili, particolarmente rilevanti in caso di spalmatura sul lungo periodo: 1. una riduzione proporzionale delle rate a carico degli esercizi successivi, lasciando invariata la durata del recupero; 2. una riduzione del tempo di recupero, lasciando invariata la rata a carico dei bilanci degli esercizi successivi; 3. una riduzione della quota di disavanzo da ripianare a carico dei bilanci immediatamente successivi, lasciando invariata la durata del recupero e l’importo “nominale” delle rate. Mentre nel primo caso il beneficio sarebbe diluito in egual misura sulle annualità residue, nel secondo caso andrebbe a favorire solamente di annualità molto lontane nel tempo, impedendo di ottenere sull’immediato un sollievo finanziario per i bilanci. Solamente nel terzo caso il beneficio verrebbe subito concretizzato attraverso una riduzione della quota del disavanzo sul primo bilancio utile. Sino a ora l’indicazione “ufficiale”, espressamente codificata nel principio contabile 4/1, non consentiva di sfruttare il beneficio derivante da un’accelerazione del recupero del disavanzo sulle prime annualità utili del bilancio, potendo l’ente solamente ridurre i tempi del ripiano. L’argomento è stato ampiamente dibattuto in seno alla Commissione Arconet, che nella seduta del 12 febbraio 2020 ha approvato le modifiche al principio della contabilità finanziaria e proposto la formulazione di una nuova regola contabile. Il principio è stato ora approvato con norma di legge, contenuta nell’articolo 111, comma 4-bis, del Dl 18/2020, il quale prevede che «Il disavanzo di amministrazione degli enti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, ripianato nel corso di un esercizio per un importo superiore a quello applicato al bilancio, determinato dall’anticipo delle attività previste nel relativo piano di rientro riguardanti maggiori accertamenti o minori impegni previsti in bilancio per gli esercizi successivi in attuazione del piano di rientro, può non essere applicato al bilancio degli esercizi successivi». L’approccio ha l’indubbio vantaggio di consentire all’ente “virtuoso” di recuperare l’effetto positivo sul piano di rientro già nell’esercizio successivo. C’è da chiedersi da quando la disposizione può sortire effetti e quindi di quanto andare indietro nel tempo per calcolare il maggior recupero del disavanzo. Solamente dall’esercizio 2020 in relazione alle risultanze del rendiconto 2019, considerato che la norma è entrata in vigore quest’anno, oppure da quando è stato approvato il piano di rientro? Seguendo il prospetto previsto dal principio contabile allegato 4/1 per la verifica del recupero del disavanzo, il quale mette sempre a confronto il risultato al 31/12 dell’esercizio con quello al 31/12 dell’esercizio precedente, si dovrebbe optare per una decorrenza della norma solamente a partire dal bilancio 2020. Questa interpretazione, tuttavia, rischia di risultare estremamente penalizzante per gli enti che, sebbene nel 2019 non hanno potuto recuperare più di quello previsto a bilancio, hanno registrato risultati migliori negli esercizi precedenti. Poniamo, ad esempio, il caso di due enti che in sede di riaccertamento straordinario hanno accertato un disavanzo di 3.000, da ripianare in rate costanti di 100 euro a carico di ciascun esercizio. In base al piano di rientro approvato gli enti dovevano migliorare tale disavanzo di 100 euro, registrando un disavanzo di 2.600 alla fine del 2018 e di 2.500 alla fine del 2019. Questi enti hanno avuto andamenti differenti di recupero per cui l’ente A ha chiuso con un disavanzo di 2.300 alla fine del 2018 (anticipando di 300 il recupero) e di 2.200 euro alla fine del 2019 mentre l’ente B ha chiuso con un disavanzo di 2.600 alla fine del 2018 e di 2.200 alla fine del 2019. Entrambi gli enti alla fine dell’esercizio 2019 registrano lo stesso disavanzo, migliorato rispetto al piano di rientro di 400. Ma se si dovesse applicare la disposizione dell’articolo 111, comma 4-bis, solamente dal 2019, a fronte di situazioni identiche, l’ente A non avrebbe alcun beneficio, mentre l’ente B potrebbe non iscrivere sui bilanci dei quattro esercizi successivi il disavanzo di 100. Oltre che dettata da ragioni di parità di trattamento nei confronti degli enti, un’applicazione della norma che consenta di ripescare anche le quote di maggior disavanzo recuperate in anni precedenti risulterebbe quanto mai opportuna in questi tempi di emergenza sanitaria, caratterizzati da un’affannosa ricerca di risorse. Non va infine trascurata la condizione imposta dal legislatore per beneficiare in anticipo di questo sconto: il miglioramento del disavanzo deve risultare da maggiori entrate o minori spese già programmate e inserite nel piano di rientro, ma previste sulle annualità successive. Piano di rientro che, tuttavia, è presente solamente in caso di procedura di riequilibrio ma non, ad esempio, per il ripiano del disavanzo da riaccertamento straordinario. Qualora il miglioramento dovesse derivare da un semplice andamento favorevole della gestione di competenza non preventivato a priori, il recupero sarà spostato sulle ultime annualità, attraverso una riduzione temporale del recupero. Se così fosse, il limite ridurrebbe notevolmente la portata applicativa della norma oltre a richiedere una serie di conteggi a rendicontazione che ne complicherebbero l’applicazione.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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