di Carmelo Battaglia e Domenico D’Agostino
Con la Deliberazione n. 209/2019/PAR, la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Campania, ha evaso una richiesta di parere in merito all’obbligo di un Ente in predissesto, anche alla luce della tornata elettorale successiva alla nomina dell’organo di revisione, di esprimere una nuova volontà consiliare al fine di adeguare il compenso all’organo di revisione in virtù di quelli stabiliti dal Dm Interno 21 dicembre 2018. Il quesito La questione nasce dalla necessità di coordinare il testo dell’articolo 241, comma 7, Tuel il quale sancisce che l’Ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina, con la disposizione di cui all’articolo 234, comma 1, del medesimo Testo Unico, che intesta alla competenza del Consiglio la nomina dell’organo di revisione economico-finanziaria e l’eventuale adeguamento dei compensi in essere, e con l’entrata in vigore del Dm 21 dicembre 2018, che stabilisce nuovi criteri per la determinazione del compenso per l’organo di revisione. Le considerazioni della Corte A giudizio della Sezione regionale il quesito è incentrato su una fattispecie specifica, ossia il dubbio se la delibera, già adottata, di nomina dell’organo di revisione dei conti debba essere riadottata dal Consiglio oppure no. La Corte, alla fine, ha adottato una deliberazione di inammissibilità di evasione della richiesta di parere, ribadendo che il discrimen ai fini dell’ammissibilità del quesito consiste, in positivo, nella rappresentazione di un dubbio interpretativo sorto nell’esercizio delle funzioni attribuite all’Ente e, in negativo, nella mancanza di coinvolgimento della Corte dei conti nell’attività di gestione della cosa pubblica, circostanza che, nel caso di specie, si è realizzata, rendendo inammissibile la richiesta di parere. La Corte, infatti, ha sostenuto che l’Ente ha richiesto l’esercizio della funzione consultiva per conseguire un sostanziale coinvolgimento della magistratura contabile nel suo processo decisionale, mentre la funzione consultiva deve essere circoscritta al piano generale ed astratto dell’interpretazione di una disposizione riguardante la materia contabile. La questione proposta, pertanto, esulava dalla materia della contabilità, come delineata nella giurisprudenza consolidata delle Sezioni riunite in sede di controllo (deliberazione n. 54/CONTR/10) e della Sezione delle Autonomie (deliberazioni n. 5/AUT/2006, n. 9/AUT/2009 e n. 3/SEZAUT/2014/QMIG). Tutto ciò premesso e chiarito, la Sezione di controllo ha ribadito, sul punto, la giurisprudenza già formatasi, con riferimento al compenso dell’organo di revisione, post Dm 21 dicembre 2018 e, quindi, seguendo il solco della deliberazione della Sezione della Autonomie n. 14/2019, ha riaffermato che la problematica relativa agli adeguamenti dei compensi professionali è riservata al potere discrezionale dell’Ente locale. In particolare, nella materia de qua emerge una sorta di riserva assoluta di amministrazione, nel senso che, trattandosi di valutazioni connotate da discrezionalità, ancorché tecnica, rileva l’esclusiva competenza dell’organo di indirizzo politico. Quindi, ogni Ente locale dovrà valutare, anzitutto, se sia doveroso o meno adeguarsi ai nuovi criteri giuridici di determinazione dei compensi per l’organo di revisione e, in secondo luogo, decidere se l’adozione dei nuovi criteri sia giustificata o possa essere giustificata dalle contingenti situazioni economico-finanziarie, al fine di salvaguardare l’equilibrio contabile dello stesso Ente.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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