di Marco Rossi
Il decreto del Mef del 1° marzo 2019 Avanzo, proventi concessori ed entrate correnti anche non ripetitive costituiscono le principali leve a disposizione delle amministrazioni pubbliche locali per finanziare il cosiddetto «parco progetti», laddove si tratti del primo livello di progettazione da iscrivere nell’ambito delle spese correnti. La modifica al principio applicato recata dal decreto del Mef del 1° marzo 2019, destinato a operare a regime anche per l’attività di riaccertamento 2019 ha avuto, altresì, il merito di definire il trattamento contabile delle spese di progettazione e in particolare i presupposti che ne consentono l’iscrizione in conto capitale laddove si tratti del livello minimo legato alla fattibilità tecnica ed economica. È così chiarito che la spesa riguardante il livello minimo di progettazione richiesto ai fini dell’inserimento di un intervento nel programma triennale dei lavori pubblici è registrata nel bilancio di previsione prima dello stanziamento riguardante l’opera relativa. In questo caso, l’iscrizione della spesa nella parte investimenti è condizionata all’individuazione, da parte dei documenti di programmazione dell’ente concernenti la realizzazione delle opere pubbliche (Dup), in modo specifico, dell’investimento da eseguire con le correlate modalità di copertura finanziaria. La spesa deve essere inserita nell’ambito della gestione corrente, con un effetto certamente penalizzante dal punto della gestione finanziaria, considerando le rigidità e le problematiche che caratterizzano questo segmento del bilancio. Spesa non ricorrente Nondimeno, nella prospettiva della ricerca delle possibili fonti di copertura finanziaria, merita di essere valorizzata la circostanza che trattasi di spesa non ricorrente, con la conseguenza che sono utilizzabili le risorse non ricorrenti, come le entrate correnti non ripetitive (ad esempio, come da allegato 7, le entrate da recupero dell’evasione) e si può certamente impiegare l’avanzo di amministrazione disponibile, in qualsiasi parte dell’esercizio, trattandosi di spese a carattere non permanente. Anzi, va osservato che a volte gli enti hanno difficoltà a dare dimostrazione della destinazione delle risorse non ricorrenti al finanziamento di spese non ricorrenti, considerando la forte rigidità che caratterizza la gestione finanziaria nella prospettiva di attestare la sussistenza dei necessari equilibri qualitativi. Peraltro, non deve essere dimenticato che, sulla base della previsione contenuta nella legge 232/2016, anche i proventi concessori possono essere destinati al finanziamento di spese per la progettazione di opere pubbliche, con un’opzione che favorisce altresì e congiuntamente la quadratura della parte corrente. Le possibili destinazioni Sulla questione, tra l’altro, si è espressa anche la commissione Arconet mediante un’apposita Faq (la n. 28), con la quale ha chiarito che la disposizione individua un insieme di possibili destinazioni, la cui scelta è rimessa alla discrezionalità dell’ente, con la conseguenza che l’elenco, previsto dalla legge, non rappresenta un vincolo di destinazione specifico ma una generica destinazione a una categoria di spese. È importante sottolineare, al riguardo, che l’alimentazione del cosiddetto «parco progetti» costituisce certamente un’opportunità per le amministrazioni (anche se il finanziamento avviene nell’ambito della parte corrente), posto che consente non solo di effettuare l’iscrizione nel piano delle opere pubbliche ma talvolta consente l’acquisizione di risorse ulteriori in conto capitale da destinare al finanziamento delle opere pubbliche, ad esempio attraverso la partecipazione a bandi e avvisi. In fine bisogna fare attenzione a non eccedere nel ricorrere a questa soluzione e a questa modalità, considerando che a volte la magistratura contabile ha contestato la possibile configurazione di un danno erariale in presenza di progetti non seguiti dall’effettiva realizzazione di opere pubbliche.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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