Piano di riequilibrio, il decreto Crescita cambia le tempistiche

24 Luglio 2019
Modifica zoom
100%

di Marco Rossi

Il decreto Crescita, nella sua versione definitiva, modifica la griglia di durata della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, sulla base del rapporto tra impegni di parte corrente e passività da ripianare. Tempi e soglie L’estensione temporale della procedura, infatti, è ora influenzata anche dalla dimensione demografica dell’ente interessato che, se superiore a 60.000 abitanti, accede più facilmente alla durata massima ventennale, essendo ora essendo richiesto il superamento della soglia del 60% (a fronte del precedente limite del 100%) nel rapporto proprio tra passività e spese correnti. Non subiscono modifiche le soglie per accedere alle prime due fasce, posto che (indipendentemente dalla dimensione demografica) la durata di 4 anni è fruibile in presenza di un rapporto (tra passività e impegni di parte corrente) inferiore al 20%, mentre la durata di 10 anni laddove l’incidenza si mantenga inferiore al 60%. Sopra queste due soglie «scatta», invece, la novità, che limita ai 15 anni la durata del piano per i comuni di popolazione inferiore a 60.000 abitanti in presenza di un rapporto tra le due grandezze indicate compreso tra il 60 e il 100%. I Comuni più grandi, infatti, in presenza della medesima incidenza (fascia 60%-100%) possono già avvantaggiarsi della durata massima di 20 anni al raggiungimento del 60% del “peso” delle passività rispetto agli impegni di parte corrente, a fronte del 100% che i comuni di dimensione inferiore devono superare per fruire di tale estensione. È utile ricordare che la graduazione precedente era stata definita dalla Legge di Bilancio 2018 (legge 205/2017) che aveva superato il precedente limite temporale massimo decennale, introducendo una durata variabile proprio sulla base del rapporto tra passività e impegni di parte corrente. Le numerose modifiche normative sul tema del predissesto evidenziano l’esigenza di progressivo perfezionamento di tale strumento, a cui diverse amministrazioni si sono rivolte nella prospettiva di intervenire per fronteggiare situazioni caratterizzate da squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 non siano sufficienti. La sentenza della Consulta n. 18/2019 Sempre sul fronte dei piani di riequilibrio finanziario pluriennale è rilevante sottolineare che il Decreto Crescita convertito tende a risolvere le problematiche sorte a seguito della sentenza n. 18/2019 della Corte costituzionale, che aveva cassato la disposizione (contenuta nella legge 208/2015) finalizzata a “spalmare” in un periodo trentennale il disavanzo da riaccertamento straordinario, scorporandola dal disavanzo oggetto del piano di riequilibrio approvato prima del rendiconto 2014. È previsto, infatti, che gli enti locali che hanno proposto la rimodulazione o riformulazione del piano di riequilibrio sulla base della disposizione censurata dal giudice delle leggi (anche se non ancora approvato dalla competente Sezione Regionale di Controllo della Corte dei conti) possono riproporre il piano per adeguarlo alla normativa vigente, tenendo conto della durata in funzione del rapporto tra disavanzo e impegni di parte corrente, con le procedure introdotte dalla Legge di Bilancio 2018. Sul piano operativo, infine, la disposizione stabilisce altresì che la riproposizione del piano deve contenere il ricalcolo complessivo del disavanzo già oggetto del piano modificato e che le rimodulazioni, data la situazione di eccezionale urgenza, saranno oggetto di approvazione o di diniego della competente sezione regionale della Corte dei conti entro venti giorni dalla ricezione dell’atto deliberativo del consiglio comunale.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento