A seguito della segnalazione da parte dei revisori dei conti della presenza di debiti fuori bilancio non inclusi nel rendiconto di gestione la Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, con la deliberazione 7 maggio 2019, n.103 coglie l’occasione per stigmatizzare l’irregolarità contabile da parte dell’ente locale esaminato.
La mancata inclusione dei debiti fuori bilancio nel rendiconto
Secondo il Collegio contabile la mancata inclusione dei debiti fuori bilancio nel rendiconto di gestione pone in essere una molteplicità di condotte violative della normativa che disciplina i presupposti, i requisiti, le modalità, la tempistica ed il procedimento di adozione degli impegni di spesa, recata dagli artt. 193 e 194 del D.Lgs. n. 267/2000.
In via preliminare i giudici contabile precisano come il reiterato fenomeno dei debiti fuori bilancio può creare possibili rischi per gli equilibri di bilancio; infatti, tra i parametri obiettivi dei comuni ai fini dell’accertamento della condizione di ente strutturalmente deficitario, il parametro n. 8), calcolato ai sensi del decreto ministeriale del 24 settembre 2009 pubblicato sulla G.U. n. 238 del 13 ottobre 2009, considera la consistenza di tale debitoria.
Il Collegio contabile ricorda che l’istituto del debito fuori bilancio ha carattere eccezionale, è disciplinato dall’art. 194 del D.Lgs. n. 267/2000, che prevede, tra l’altro, che tale adempimento vada posto in essere in occasione della ricognizione dello stato di attuazione dei programmi e dell’accertamento degli equilibri generali di bilancio (art. 193 comma 2 del TUEL), nonché nelle altre cadenze periodiche previste dal regolamento di contabilità. Il legislatore, a tal fine, ha elencato una serie di ipotesi, tassative in quanto derogatorie rispetto all’ordinario procedimento di spesa, in cui è possibile procedere al riconoscimento, e tra queste (art. 194 comma 1 lett. e) rientra anche l’acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza. In quest’ultimo caso, l’operatività della norma è subordinata all’accertamento sia dell’utilità pubblica del bene acquisito in relazione alle funzioni ed ai servizi di competenza dell’ente, sia dell’arricchimento dell’ente (che corrisponde al depauperamento patrimoniale sofferto senza giusta causa dal privato contraente ai sensi dell’art. 2041 cc.). L’accertamento della sussistenza di entrambi questi presupposti, è obbligatorio e non può essere automaticamente ed implicitamente ricondotto alla semplice adozione della deliberazione di riconoscimento, in quanto vi può essere una parte del debito non riconoscibile ai sensi dell’art. 191 comma 4 del D. Lgs. n. 267/00. In altri termini, la deliberazione del Consiglio comunale ha il compito di:
- a) riscontrare e dimostrare che il debito rientra in una delle fattispecie tipizzate dall’art. 194 del TUEL;
- b) accertare e documentare puntualmente se ed in che misura sussistano i presupposti dell’utilità e dell’arricchimento;
- c) accertare, conseguentemente, se vi sia una parte del debito non sorretta da entrambi questi presupposti, e dunque non riconoscibile (per la quale, ai sensi dell’art. 191 comma 4 del TUEL, il rapporto obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la prestazione in favore dell’ente);
- d) ricondurre l’obbligazione all’interno della contabilità e del sistema di bilancio dell’ente;
- e) individuare le risorse per il finanziamento;
- f) accertare le cause che hanno originato l’obbligo, anche al fine di evidenziare eventuali responsabilità.
In merito alle cause che hanno originato l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali responsabilità, il Consiglio comunale ha una vera e propria funzione di accertamento con obbligo di segnalare alla Procura regionale della Corte dei conti (art. 23, comma 5, L. 289/02) il debito riconosciuto. In altri termini, la deliberazione del Consiglio comunale ha una duplice funzione, per un verso, tipicamente giuscontabilistica, finalizzata ad assicurare la salvaguardia degli equilibri di bilancio; per l’altro, garantista, ai fini dell’accertamento dell’eventuale responsabilità amministrativo-contabile.
In conclusione, la formazione di debiti fuori bilancio costituisce un fattore di rischio per gli equilibri e per la stabilità degli esercizi successivi causa di partite debitorie riferite a quelli precedenti, con obbligo da parte dell’ente della segnalazione tempestiva dell’insorgenza di tali debiti e del loro riconoscimento.
Il reiterato comportamento dell’ente
Una volta precisati gli obblighi di riconoscimento tempestivo dei debiti fuori bilancio, il Collegio contabile si sofferma sul caso di reiterato ritardo nel loro riconoscimento. In altri termini, quando il fenomeno assume dimensioni rilevanti e reiterate in più esercizi finanziari, è presumibile che gran parte dei debiti fuori bilancio sia riconducibile alla incapacità di porre in essere una corretta politica di programmazione e gestione finanziaria delle risorse e delle spese, alla possibile sottostima degli stanziamenti di bilancio rispetto alle effettive necessità di spesa, ovvero al fine di garantire i vincoli del pareggio e degli equilibri interni. ). La formazione di debiti fuori bilancio costituisce, quindi, un indice della difficoltà dell’Ente nel governare correttamente i procedimenti di spesa attraverso il rispetto delle norme previste dal TUEL. La necessità di una modifica delle priorità nelle previsioni di spesa è, altresì, dimostrata dalla disposizione di cui all’art. 191, comma 5 TUEL, che vieta, per l’appunto, agli enti che non hanno validamente adottato i provvedimenti di salvaguardia degli equilibri e di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, di assumere impegni e di pagare spese per servizi che non siano obbligatori per legge.
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