Il caso specifico esaminato dalla Cassazione riguarda un edificio realizzato a Latina, con difformità che erano state oggetto di ordinanza di demolizione. Anche se il ricorso al Tar era stato respinto (sentenza 46/2018), l’acquirente ha chiesto al Comune, dinanzi il Tribunale civile, i danni per comportamento inerte e negligente nei confronti di precedenti abusi edilizi: se il Comune fosse stato vigile nel reprimere l’abuso, la vendita non sarebbe avvenuta. Anche in diversi altri casi l’ente locale è stato ritenuto responsabile per aver causato danni per mera negligenza: così quando ha generato concrete aspettative sul rilascio di un titolo edilizio, dapprima approvando il permesso di costruire, ma negandone il rilascio quando i lavori erano ormai imminenti (Tar Lecce 261/2019); ancora, quando il Comune ha annullato un titolo edilizio sulla base una lettura errata di propri atti di pianificazione (Cassazione 1162/2015), o quando ha rilasciato erroneamente un certificato di destinazione urbanistica (Cassazione 6595/2011).
Questo dovere di vigilanza del Comune integra un sistema di recente innovato con il codice della crisi d’impresa (Dlgs 14/2019), che impone la forma della scrittura privata autenticata, con fideiussione del costruttore, per vizi strutturali degli immobili da costruire: i difetti oggetto di tale garanzia sono quelli che possono causare una rovina totale o parziale (crepe, pavimenti irregolari, umidità), cui ora si aggiunge anche la possibilità di chiedere al Comune il risarcimento danni per negligente controllo degli abusi edilizi.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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