Il pasticcio brutto degli incrementi ai fondi della contrattazione decentrata che non si sa se confermare nel 2019. La convulsa legislazione in tema di lavoro pubblico degli ultimi otto mesi, che ha visto almeno tre interventi sulle capacità assunzionali, ha fi nito per creare una confusione difficilmente rimediabile. Causa principale delle enormi incertezze è l’articolo 33, commi 1 e 2, del dl 34/2019, convertito in legge 58/2019, che contiene, negli ultimi periodi di entrambi i commi, una disposizione identica, fi nalizzata a riferire il tetto alla spesa complessiva del trattamento accessorio del personale di regioni ed enti locali non più al 2016, ma al valore medio pro capite del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa da calcolare in base al personale in servizio al 31.12.2018. A parte il calcolo del valore medio pro capite che non si capisce se debba essere unico oppure (opzione da accogliere) se debba esservene uno per il fondo del salario accessorio ed uno diverso per le posizioni organizzative, è proprio il riferimento al 31.12.2018 a creare il panico. Infatti, il Ccnl del comparto Funzioni locali, all’articolo 67, comma 2, lettera a), ha disposto che le risorse di parte stabile del fondo delle risorse decentrate debba essere incrementato «di un importo, su base annua, pari a euro 83,20 per le unità di personale destinatarie del presente Ccnl in servizio alla data del 31.12.2015, a decorrere dal 31.12.2018 e a valere dall’anno 2019». Dunque, l’incremento delle risorse decentrate, non di poco conto, scatta nel 2019; ma, la norma contenuta nel dl 34/2019 impone che il valore medio pro capite si calcoli al 2018. Da qui la domanda: l’incremento alle risorse, previsto dal Ccnl 21.5.2019 e del quale gli enti che hanno già costituito i fondi prima della vigenza del dl 34/2019 hanno tenuto conto, va cancellato? Oppure può essere mantenuto e concorrere, quindi, alla determinazione del valore medio pro capite? L’interpretazione strettamente letterale sembrerebbe suggerire la soluzione più drastica e restrittiva: poiché l’incremento previsto dall’articolo 67, comma 2, lettera a), del Ccnl 21.5.2019 nel 2018 non c’era esso non può più essere calcolato nel valore medio pro capite del fondo: l’articolo 33, commi 1 e 2, del dll 34/2019, quindi, avrebbe disapplicato la norma contrattuale. In contrario, però, si possono presentare due obiezioni. La prima, meno rilevante, consiste nell’osservare che ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del dlgs 165/2001 «l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi». Dunque, il dl 34/2019 sarebbe in contrasto con la normativa speciale che regola il lavoro pubblico e riserva alla contrattazione nazionale collettiva la regolazione dei trattamenti economici. Si può, però, rispondere a questa obiezione che il dlgs 165/2001 non può essere considerato come norma rafforzata, sicché una legge successiva può modifi care l’assetti del riparto delle materie tra legge e contratto collettivo. Strano, comunque, che le organizzazioni sindacali non abbiano colto la potenziale fortissima riduzione delle loro prerogative. Una seconda e più convincente obiezione discende dalla necessità di non soffermarsi sul dato letterale dell’articolo 67, comma 2, lettera a), del Ccnl 21.5.2018, per dare rilievo, invece, al dato sostanziale. La norma contrattuale è vero che dispone l’incremento del fondo «a valere dall’anno 2019», ma questa previsione ha sostanza di imputazione «di cassa» dell’incremento; che, invece, giuridicamente decorre proprio dal 31.12.2018. Dando rilievo alla decorrenza giuridica, allora l’incremento previsto dall’articolo 67, comma 2, lettera a), del Ccnl 21.5.2019 può essere incluso nella determinazione del fondo al 31.12.2018, anche se non presente per via di cassa. Quindi, nel confronto del valore medio pro capite della contrattazione decentrata tra il 2019 e il 2019, anche per omogeneità dei dati, in entrambe le annualità occorre inserire l’incremento. Infi ne, vi è un’ultima osservazione dirimente. L’articolo 11 del dl 135/2018, dispone che il tetto al trattamento accessorio previsto dall’articolo 23, comma 2, del dl 75/2017 (ora riferito al valore medio pro capite del personale in servizio al 31.12.2018) «non opera con riferimento … agli incrementi previsti, successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 75 del 2017, dai contratti collettivi nazionali di lavoro, a valere sulle disponibilità fi nanziarie di cui all’articolo 48 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165». Tra tali incrementi previsti da Ccnl successivi alla vigenza della riforma Madia e fi nanziati dalle risorse nazionali ai sensi dell’articolo 48 del dlgs 165/2001, vi è proprio quello disposto dall’articolo 67, comma 2, lettera a), del Ccnl 21.5.2018, che quindi in ogni caso è da considerare fuori dal limite del 2018. Dunque, l’incremento al fondo delle risorse decentrate ivi previsto, considerando l’articolo 11 del dl 135/2019, non andrebbe computato nel confronto tra il valore medio pro-capite del 2018 e il 2019, restando quindi confermato a partire dal 2019 in poi.
È caos sugli incrementi ai fondi per i contratti decentrati
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Enzo Cuzzola
12/09/25
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