Nel 2017 spending, meno bonus fiscali, lotta all’evasione

Fonte: Il Sole 24 Ore

“Fase 3” della spending review, nuovo tentativo di revisione delle tax expenditure, maggiore compliance per allargare le basi imponibili e contrastare l’evasione fiscale. Sono le coordinate tracciate dal Def varato venerdì dal Consiglio dei ministri per comporre la prossima manovra di bilancio autunnale per il 2017. Interventi che nella prima stesura del Documento di economia e finanza erano stati quantificati in 0,5 punti di Pil (circa 8-9 miliardi) da sommare al target del deficit 2017 previsto all’1,8%, in calo di 0,5 punti rispetto al 2,3% del 2016 ma con uno scostamento dello 0,7% (circa 11 miliardi) rispetto all’obiettivo dell’1,1% fissato a settembre. Nella versione definitiva del Def è però scomparso il riferimento allo «0,5% del Pil». I punti fermi restano l’1,8% di deficit e gli interventi da adottare con la “stabilità” in versione post riforma del bilancio, che è destinata a non essere inferiore ai 20 miliardi. Anche perché il Governo conferma l’intenzione di disinnescare le clausole di salvaguardia fiscali, Iva in primis, da oltre 15 miliardi.

Una manovra che potrebbe contenere anche un intervento per rendere più flessibili le uscite verso la pensione. A confermarlo è il Programma nazionale di riforma (Pnr): «Il Governo da ultimo valuterà la fattibilità di interventi volti a favorire una maggiore flessibilità nelle scelte individuali, salvaguardando la sostenibilità finanziaria e il corretto equilibrio tra generazioni». Occorrerà però avere l’ok di Bruxelles con cui si giocherà la partita anche sulla spesa per affrontare la crisi-migranti (3,3 miliardi nel 2016 contro i 2,2 miliardi del 2015).

In ogni caso la prossima manovra sarà tutta orientata, come emerge da diversi passaggi del Def, a dare maggiore spinta agli investimenti e soprattutto alla crescita, oltre che alla riduzione della pressione fiscale. A sottolinearlo è anche la premessa del Def del ministro Pier Carlo Padoan: «Accanto all’intenso sforzo di riforma, il Governo avvia nuove azioni di stimolo, tra cui l’ulteriore riduzione della pressione fiscale e l’aumento progressivo degli investimenti pubblici, che permetteranno di sostenere il rafforzamento della ripresa in una fase di notevole incertezza economica e internazionale». E nella stessa premessa Padoan evidenzia come nell’ultimo biennio sia sta già conseguita «una diminuzione della pressione fiscale di 0,8 punti percentuali».

Non solo. Dal Def emerge che le riforme degli ultimi 5 anni hanno prodotto un impatto positivo sul Pil del 2,2%. E già nelle prossime settimane arriverà la riforma della contrattazione aziendale. Quanto alle dismissioni immobiliari, nel 2015 è stato raddoppiato l’obiettivo indicato nel Def (946 milioni contro i 500 previsti).

La rotta per il 2017 tracciata dal Governo è in linea con quella degli ultimi anni che ha garantito l’uscita dalla recessione e la ripartenza della crescita. Con il Pil lievitato dallo 0,8% del 2015 all’1,2% del 2016 (seppure con un risultato leggermente inferiore all’obiettivo dell’autunno scorso a causa delle mutate condizioni del quadro internazionale) e destinato a salire all’1,4% nel 2017 e all’1,5% nel 2018. Il tutto tenendo sotto controllo il debito (in calo anche se con un andatura un po’ più lenta del previsto) e il deficit, destinato a scendere allo 0,9% nel 2018 per mostrare un segno “più” 0,1% nel 2019. Anno, quest’ultimo, in cui viene posticipato il raggiungimento del pareggio di bilancio. Il tutto mantenendo sempre positivo l’avanzo primario (1,7% nel 2016 in aumento rispetto al 2015, 2% nel 2017 e 2,7% nel 2018).

Tornando alla “spending”, nel Def si afferma che la revisione della spesa si rafforzerà con la riforma del bilancio e si amplierà nel biennio 2018-2019. Per il 2017 il piano-Gutgeld dovrebbe poggiare su due pilastri: rafforzamento del meccanismo di centralizzazione degli acquisti Pa e fabbisogni standard.

C’è poi il nuovo tentativo di rivedere al ribasso le spese fiscali. Dal 2011 al 2016 le tax expenditures non sono diminuite ma, come dice la Corte dei conti, al contrario sono cresciute: in termini di voci si è passati da 720 a 799 per un costo complessivo che ora tocca i 313 miliardi (nel 2011 le tax expenditures valevano 253,7 miliardi). Nel Pnr il Governo rilancia sulla revisione di bonus e sconti fiscali e lo fa ricordando che con la delega fiscale è prevista l’istituzione di una commissione tecnica ad hoc composta da 15 esperti. Questa avrà il compito di presentare annualmente (a ottobre secondo il cronoprogramma indicato nel Pnr), con la Nota di aggiornamento al Def, un rapporto sui risultati conseguiti in termini di riordino delle spese fiscali. Un insieme di indirizzi programmatici che, una volta approvati dal Parlamento con apposita risoluzione, «diventeranno vincolanti per il Governo ai fini della predisposizione della manovra di bilancio». Il riordino delle spese fiscali dovrà eliminare o rivedere le agevolazioni non più giustificate sulla base di esigenze sociali ed economiche cambiate nel tempo o ancora quei bonus che duplicano programmi di spesa pubblica.

Il terzo pilastro per assicurare maggiori risorse per la stabilità è la lotta all’evasione, ma soprattutto la compliance. Come emerge sia dal Def che dal Pnr il Governo punta ad adottare strumenti per l’allargamento della base imponibile, scommettendo sul successo della fatturazione elettronica per tutte le partite Iva che entrerà in vigore dal prossimo 1° gennaio 2017.

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