Legittima la cartella di pagamento anche senza richiesta di chiarimenti

Con comunicato del 23/05/2016 la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate rende noto che:

La Corte di cassazione, nella sentenza 4591/2016, è chiamata a stabilire se il mancato invio previsto dall’articolo 36-ter, comma 3, D.P.R. 600/1973 – che l’ufficio è tenuto a formulare solo se nel corso dell’attività di controllo emergano dalle dichiarazioni elementi e dati rispetto ai quali si renda necessario richiedere chiarimenti alla parte interessata, ovvero invitare quest’ultima alla produzione di documentazione – costituisca un vizio procedimentale di cui il contribuente possa lamentarsi.

Ebbene, nell’affrontare tale questione interpretativa, la Corte di legittimità, partendo dal dettato normativo, evidenzia come i “momenti di confronto” con il contribuente previsti ex lege sono due.

Il primo è quello – che qui ci occupa – di carattere eventuale previsto dal comma 3 dell’articolo 36-ter del Dpr 600/1973, che può essere attivato dall’ufficio mediante invito al contribuente anche “telefonicamente o in forma scritta o telematica” a fornire i chiarimenti in ordine ai dati esposti in dichiarazione e la trasmissione dei documenti non allegati alla dichiarazione o difformi rispetto ai dati forniti dai terzi.

Il secondo è quello previsto dal successivo comma 4 della stessa norma, che riguarda la comunicazione al contribuente “dei motivi che hanno dato luogo alla eventuale rettifica per consentire la segnalazione di eventuali elementi omessi o valutati erroneamente”.

Mentre tale seconda comunicazione è obbligatoria – come affermato già dalla Corte di legittimità nella pronuncia n. 15311/2014 – e ha la funzione di garantire l’interesse del soggetto passivo, “il quale, avendo conoscenza dei motivi, può sia regolarizzare il contenuto della dichiarazione in rettifica, sia esercitare i propri diritti di difesa in sede contenziosa o addirittura interrompere la procedura segnalando dati ed elementi non comunicati o valutati erroneamente nella fase di controllo”, la prima, avendo carattere meramente eventuale, non rappresenta un adempimento necessario. Rispetto a questo invito – afferma il Collegio – il contribuente non ha titolo a lamentarne l’omesso ricevimento, potendo non essergli mai pervenuto perché l’amministrazione, non ravvisando la sussistenza delle condizioni richieste dal comma terzo dell’articolo 36-ter, abbia ritenuto di non fargliene mai invio.

La suprema Corte, a sostegno di tale interpretazione, ha altresì evidenziato che, quando il legislatore ha ritenuto che un invito rivolto al contribuente per ottenere chiarimenti e documenti fosse rilevante ai fini della validità del procedimento (come nel caso previsto dall’articolo 6, comma 5 della legge 212/2000, che prevede l’inoltro al contribuente), prima di procedere all’iscrizione a ruolo, lo ha espressamente previsto, indicando che l’invito è richiesto a pena di nullità.

Sulla base di tali considerazioni, i giudici di legittimità hanno ritenuto insussistente l’interesse del contribuente a dolersi della mancata ricezione dell’invito “eventuale” previsto dal comma 3 dell’articolo 36-ter del Dpr 600/1973, precisando che ciò non pregiudica in alcun modo la tutela dei suoi diritti. Il soggetto interessato potrà, infatti, far valere le proprie ragioni, fornendo i chiarimenti e i documenti che ritenga necessari, all’atto della ricezione della comunicazione obbligatoria prevista dal successivo comma 4, alle cui ragioni, tra l’altro, deve essere fatto rinvio nella successiva cartella di pagamento ai fini della legittimità di quest’ultima sotto il profilo motivazionale (cfr in tal senso, Cassazione n. 22489/2015).

 

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