Incostituzionale il blocco dell’avanzo di amministrazione e del FPV

La Corte costituzionale con la sentenza n. 101/2018 depositata il 17 maggio, afferma che il blocco dell’avanzo di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato (Fpv) degli enti territoriali a partire dal 2020 è incostituzionale.
La Corte afferma l’illegittimità costituzionale di tre disposizioni in particolare della legge di bilancio del 2017, la prima delle quali ha effetto nei confronti di tutti gli enti territoriali. Le altre due riguardano, rispettivamente, la spettanza allo Stato dei proventi delle sanzioni a carico degli enti locali delle Province autonome di Trento e di Bolzano e del Friuli Venezia Giulia nonché il mancato conguaglio Imu in favore del Friuli Venezia Giulia.

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La bocciatura della Consulta riguarda in particolare  l’articolo 1, comma 466, della legge n. 232 del 2016 “nella parte in cui stabilisce che, a partire dal 2020, ai fini della determinazione dell’equilibrio del bilancio degli enti territoriali, le spese vincolate provenienti dai precedenti esercizi debbano trovare finanziamento nelle sole entrate di competenza“. La stessa disposizione è stata dichiarata incostituzionale anche là dove “non prevede che l’inserimento dell’avanzo di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato nei bilanci dei medesimi enti territoriali abbia effetti neutrali rispetto alla determinazione dell’equilibrio dell’esercizio di competenza“.

Nell’ambito delle spese di natura pluriennale e, in particolare, degli investimenti – si legge nella sentenza – il principio della copertura consiste nell’assoluto equilibrio tra risorse e spese, sia in fase previsionale che durante l’intero arco di realizzazione degli interventi. La sottrazione ex lege di parte delle risorse attuative di programmi già perfezionati negli esercizi precedenti finisce per ledere anche l’autonomia dell’ente territoriale che vi è sottoposto“.

Rimane comunque necessaria una vigilanza sul corretto accertamento degli avanzi e della destinazione del fondo pluriennale vincolato, sottolineano i giudici costituzionali . In particolare, tali risorse non possono essere confuse con le disponibilità di cassa momentanee. I saldi attivi di cassa, infatti, non sono di per sé sintomatici di sana e virtuosa amministrazione, in quanto legati a una serie di variabili negative – tra le quali spicca la possibile esistenza di debiti sommersi – in grado di dissimulare la reale situazione economico-finanziaria dell’ente“.

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