Il rimborso delle spese legali e la congruità delle stesse

Approfondimento di V. Giannotti

A seguito della verifica delle spese legali da parte di un comune esaminato emergevano, tra l’altro, la seguente criticità: riconoscimento del rimborso delle spese legali sostenute da due ex Consiglieri a seguito di decreto di archiviazione del GIP emesso su richiesta del Pubblico Ministero. I giudici contabili evidenziavano la violazione di principi stabiliti per il rimborso delle spese legali, precisando i presupposti giuridici previsti dalla normativa vigente.

Rimborsi delle spese legali

Precisa il Collegio contabile come il rimborso delle spese legali in favore dei dipendenti e degli amministratori pubblici, assolti per non avere commesso il fatto nell’ambito di un procedimento connesso con l’espletamento del servizio,  deriva dal principio per il quale non solo nei rapporti privati, ma anche in quelli pubblici, chi agisce per un interesse altrui non deve sopportare nella sua sfera personale gli effetti svantaggiosi di questa attività, bensì deve essere tenuto indenne sia dalle spese sostenute sia dai danni subiti per la fedele esecuzione del suo compito (C. conti, S.r. n 707/1991). Per quanto riguarda il rimborso agli amministratori il legislatore statale ha riconosciuto, con l’art. 7-bis del d.l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, detto diritto anche in favore degli amministratori locali; ciò, “nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti:
a)  assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato;
b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti;
c) assenza di dolo o colpa grave”.
L’assenza di conflitto d’interessi con l’ente, condicio sine qua non della risarcibilità delle spese in argomento, richiede l’accertamento che i beneficiari del rimborso non abbiano tenuto comportamenti contrari ai doveri d’ufficio.
Avuto riguardo alle pronunce di assoluzione nei giudizi penali, solo le pronunce di assoluzione motivate per insussistenza del fatto o perché l’imputato non lo ha commesso, consentono di escludere in radice il conflitto d’interessi, mentre nel caso in cui la motivazione derivi da “manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile” (art.530, comma 2, del c.p.p.),  occorre altresì verificare l’assenza del conflitto d’interessi con l’ente pubblico; sarà pertanto onere dell’Ente, prima di rimborsare le spese legali, effettuare un accertamento interno.

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