Il piano operativo di razionalizzazione delle società partecipate dagli enti locali

Premessa

Dopo un lungo percorso normativo teso allo sfoltimento delle partecipate locali, un nuovo intervento è previsto dalla legge di stabilità 2015 (art. 1, commi da 609 a 616, legge 190 del 23 dicembre 2014).
Fra le tante disposizioni, la legge di stabilità introduce la disciplina relativa alla predisposizione di un piano di razionalizzazione delle società partecipate locali con l’obiettivo di ridurre il numero e i costi delle partecipate.
Si tratta di una prima applicazione normativa di alcune indicazioni fornite dal Commissario della revisione della spesa (Spending review), Carlo Cottarelli, con il documento del 7 agosto 2014.
Il Commissario Carlo Cottarelli ha previsto una serie di interventi che potenzialmente possono produrre risparmi di circa cinquecento milioni di euro nel solo 2015 che si incrementerebbero a regime.
I piani operativi di razionalizzazione
L’articolo 1, comma 611 prevede che le regioni, le provincie, i comuni, le camere di commercio, le università e gli istituti di istruzione universitaria pubblici e le autorità portuali, con decorrenza dal 1° gennaio 2015, attivino un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute. (1)
Preliminarmente la norma riconferma il contenuto dell’art. 3, commi da 27 a 29 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria per il 2008) così come modificata dalla legge 147/2013 ( legge di stabilita per il 2014). (2)
Viene di conseguenza ribadito che al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni pubbliche elencate nell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi che non siano strettamente necessarie per il conseguimento delle proprie finalità istituzionali.
Esse non possono assumere o mantenere direttamente partecipazioni in tali società strumentali.
La costituzione di società che producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale è ammessa, così come è ammessa l’assunzione di partecipazioni in tali società nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza.
Il comma 29 della stessa legge finanziaria 2008 prevedeva che, entro trentasei mesi dalla sua entrata in vigore, le amministrazioni, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, cedessero a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27.
La legge di stabilità 2014 (legge n° 147 del 27 dicembre 2013) ha disposto (con l’art. 1, comma 569) che il termine di trentasei mesi fissato dal comma 29 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, fosse prorogato di dodici mesi dalla sua data di entrata in vigore, decorsi i quali la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessasse ad ogni effetto.
In caso di esito negativo della procedura di alienazione è stata prevista una forma di recesso, secondo la quale entro i dodici mesi successivi alla cessazione, la società liquida in denaro il valore della quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, secondo comma, del codice civile.

I destinatari della norma

I destinatari attivi della norma sono esplicitamente individuati nelle regioni, nelle province, nei comuni, nelle camere di commercio, nelle università, negli istituti di istruzione universitaria pubblici e nelle autorità portuali.
L’obbligo di approvare il piano di razionalizzazione è di competenza degli organi di vertice delle amministrazioni sopra elencate.
Per i comuni (e le province) l’obbligo è posto a carico del sindaco (o del presidente).
Rimangono fuori dal perimetro di operatività della norma le amministrazioni centrali.
I destinatari passivi sono individuati nelle società e nelle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute (società partecipate, società consortili, società cooperative).
Mentre la finanziaria 2008 si limitava ad indicare solo le società direttamente partecipate, la legge di stabilità 2015 amplia lo spettro di azione facendo riferimento anche a quelle possedute indirettamente per il tramite di una partecipata.
La norma non detta nessun criterio per l’inserimento delle partecipazioni indirette nell’alveo del piano di razionalizzazione.
Saranno, di conseguenza, gli estensori dei piani, la dottrina e i primi pareri delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti ad individuare i criteri per inserire o escludere una società partecipata dagli interventi di razionalizzazione.
Sarebbe, comunque, opportuno limitare l’applicazione del piano di razionalizzazione solo alle partecipazioni indirette più rilevanti, quelle che potenzialmente possano incidere negativamente sul bilancio dell’ente locale.
In questo senso può essere punto di riferimento l’articolo 2359 del codice civile, rubricato “società controllate e collegate”.
Il piano di razionalizzazione, di conseguenza, dovrebbe prendere in considerazione solo quelle società nelle quali la società partecipata dall’ente locale:
controlla la maggioranza dei voti delle assemblee ordinarie, e questo in relazione all’effettiva partecipazione degli aventi diritto di voto, essendo sufficiente anche la maggioranza relativa dei voti in presenza di un elevato astensionismo.
dispone di voti sufficienti ad esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
esercita una influenza dominante in conseguenza di particolari vincoli contrattuali con essa.
Sono, inoltre, considerate società collegate quelle nelle quali la società partecipata dall’ente locale esercita un’influenza notevole.
La legge di stabilità 2015, inoltre, non fa esplicito riferimento alle aziende speciali e alle istituzioni. La dottrina, in materia è divisa sulla soggettività passiva di tali soggetti.
Alcuni autori propendono per una posizione positiva. (3)
Altri, invece, optano per l’inserimento di tali soggetti nell’alveo del piano di razionalizzazione. (4)

Obiettivi e strumenti del piano di razionalizzazione

Il piano di razionalizzazione, persegue lo stesso obiettivo degli altri interventi normativi che l’hanno preceduto e precisamente quello di diminuire il numero delle partecipate locali o di ridurre il costo che grava sui bilanci locali.
Fra gli strumenti che possono essere utilizzati per il raggiungimento dell’obiettivo la norma annovera:

l’eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle finalità istituzionali, anche attraverso gli istituti della liquidazione o della cessione;
la soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori;
la soppressione delle società nelle quali gli amministratori siano in numero superiore a quello dei dipendenti;
l’eliminazione di partecipazioni in società con oggetto analogo o similare che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali (anche tramite l’istituto della fusione o attraverso la internalizzazione delle funzioni);
l’aggregazione delle società che svolgono servizi pubblici locali.
Un ulteriore indirizzo è dato dal contenimento dei costi di funzionamento delle società, da attuarsi anche attraverso il riassetto:
(a) degli organi amministrativi,
(b) degli organi di controllo societari,
(c) delle strutture aziendali,
con la contestuale riduzione delle remunerazioni e dei costi della struttura aziendale.
Da un lato, quindi, la riduzione del numero delle società partecipate con le procedure di liquidazione, di fusione o internalizzazione dei servizi, dall’altro lato l’utilizzo di processi di riorganizzazione aziendale tendenti a ridurre le spese di produzione e le spese generali di funzionamento attraverso la ricerca di una maggiore economicità, efficienza ed efficacia dei servizi forniti.
Un numero elevato di società svolge un’attività di servizi a favore dell’Ente locale, quali sono ad esempio le società in house strumentali. Tali società presentano una percentuale di costi del personale molto elevati.
Una riorganizzazione della struttura societaria e produttiva potrebbe comportare un esubero del personale che potrebbe usufruire degli incentivi alla mobilità.
Principi ispiratori
Il piano operativo di razionalizzazione e l’allegata relazione descrittiva si ispirano ai seguenti principi generali, elencati nel testo del richiamato articolo, 1 comma 611:

coordinamento della finanza pubblica. Tale postulato è rivolto a conciliare la conservazione dell’unitarietà del sistema di finanza pubblica italiano con la tutela di interessi nazionali e di quelli previsti dalla legislazione dell’Unione europea, primo fra tutti il principio di autonomia degli enti locali. Sulla base di questo principio il legislatore nazionale si limita a dettare il quadro unitario di riferimento dell’intera finanza pubblica, nel rispetto delle garanzie costituzionali poste a tutela del decentramento istituzionale e delle corrispondenti forme e modalità di autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

Contenimento della spesa pubblica. Il contenimento della spesa pubblica, in una situazione di penuria di risorse pubbliche, è divenuto un elemento imprescindibile dell’azione amministrativa. Esso si rende necessario per procedere alla riduzione del deficit annuale del bilancio dello Stato ed al processo di rientro del debito pubblico.

Buon andamento dell’azione amministrativa. Il principio del buon andamento dell’azione amministrativa esprime il valore della efficienza dell’azione amministrativa indirizzata al conseguimento degli interessi della collettività. Esso è una sintesi dei principi di legalità, di efficacia, economicità, pubblicità e trasparenza. Nel principio del buon andamento e della imparzialità dell’azione amministrativa l’articolo 97 della Costituzione italiana individua i fondamentali canoni giuridici di riferimento dell’assetto organizzativo e funzionale della pubblica amministrazione.

Tutela della concorrenza e del mercato. La Corte costituzionale ritiene che nel concetto di tutela della concorrenza convivono:

1) un profilo statico, che consiste nel mantenimento di mercati già concorrenziali e tuttavia esposti alle strategie distorsive delle imprese o dei soggetti pubblici;
2) un profilo dinamico, teso a liberalizzare i mercati e a favorire l’instaurazione di assetti concorrenziali. Con la sentenza n. 14 del 2004, la Corte rileva che il concetto di concorrenza deve riflettere quello operante a livello comunitario, che comprende gli interventi regolativi, la disciplina antitrust e le misure destinate a promuovere un mercato aperto e in libera concorrenza. Si vuole eliminare tutte quelle situazioni nelle quali l’ente pubblico, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione, svolga un’azione distorsiva della concorrenza con le intese e gli abusi di posizione dominante.
Contenuto del piano operativo
Ogni ente locale dovrà costruire un proprio piano di razionalizzazione sulla base delle proprie necessità, esigenze ed obiettivi specifici.
E’ la norma stessa che indica alcune azioni che possono formare oggetto del piano.
In ogni caso esse rappresentano un “minimun” operativo e non sono esaustive delle possibilità offerte all’ente locale. Le azioni dovranno essere necessariamente finalizzate alla riduzione del numero delle partecipate e dei costi di bilancio.
La redazione del piano operativo, accompagnato dalla relazione tecnica, deve tenere nella debita considerazione i seguenti elementi:

il quadro giuridico nell’ambito del quale opera il suddetto piano;

una descrizione analitica del gruppo societario coinvolto nel processo di razionalizzazione, con una descrizione delle caratteristiche giuridiche ed economiche di ogni singola partecipazione societaria, sia diretta che indiretta. La descrizione del gruppo societario rappresenta l’occasione per la valutazione di ogni singola partecipazione societaria finalizzata alla verifica della convenienza economica al suo mantenimento ad alla sua dismissione. Gli strumenti valutativi sono quelli tipici delle discipline aziendalistiche e si realizzano pienamente attraverso l’analisi dei bilanci consuntivi, le prospettive di crescita aziendale, l’adeguatezza del modello organizzativo alla mutevole realtà del mercato.

Le azioni di razionalizzazione che dovranno essere attuate con il piano. E’ opportuno descrivere separatamente le azioni indicate dalla norma:

a) eliminazione di società non indispensabili,
b) eliminazione delle società con oggetto analogo o similare,
c)soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori,
d) soppressione delle società nelle quali gli amministratori siano in numero superiore a quello dei dipendenti,
e) aggregazione delle società che svolgono servizi pubblici locali,
g) riorganizzazioni della struttura aziendale,
f) vendita delle quote societarie o, in alternativa, il recesso dalle società non indispensabili.

Individuare, in relazione ad ogni tipologia di intervento, le modalità di attuazione:

– attraverso le operazioni straordinarie societarie:
a) della cessione,
b) della fusione,
c) della liquidazione,
d) della scissione,
e) trasformazione societaria.
– Attraverso ristrutturazioni aziendali che comportino:
a) riduzione dei costi dei consigli di amministrazione,
b) riduzione dei costi degli organi di controllo,
c) riduzione dei costi del personale ed in generale dei costi di produzione,
d) riduzione dei costi generali di gestione e funzionamento.
– Attraverso la valorizzazione di strumenti, che costituiscono indice della presenza di condizioni di legalità, di efficacia, economicità, pubblicità e trasparenza quali:
a) l’adozione del modello di organizzazione e gestione di cui al decreto legislativo 231 del 2001,
b) l’adozione del piano anticorruzione previsto dalla legge 190/2012,
c) l’adozione di adeguati strumenti di verifica e controllo della gestione aziendale,
d) il rispetto della normativa in materia di trasparenza,
e) l’adozione della carta dei servizi per valutare il grado di soddisfacimento dell’utenza.

La tempistica attuativa di ogni singola azione prevista nel piano.

Il dettaglio dei risparmi economici diretti da conseguire con l’adozione delle singole azioni

Il dettaglio dei risparmi indiretti conseguibili attraverso il miglioramento dell’efficienza, dell’economicità e dell’efficacia gestionale.

I potenziali elementi che potrebbero condizionare il raggiungimento degli obiettivi.

Ulteriori considerazioni

Il piano operativo di razionalizzazione dovrà essere approntato entro il 31 marzo del corrente anno. Esso deve essere immediatamente operativo e coprire il lasso di tempo sino al 31 dicembre 2015.
Entro il 15 marzo del 2016 dovrà essere predisposta una relazione sull’attuazione del piano operativo, contenente i risultati ottenuti dall’azione di razionalizzazione.
Il piano operativo di razionalizzazione (con l’allegata relazione) e la relazione sull’attuazione del piano sono soggette a pubblicazione nel sito web dell’ente locale.
La pubblicazione costituisce un preciso adempimento in ottemperanza alle disposizioni del d.lgs n° 33 del 2013. La pubblicazione deve avvenire entro il termine ultimo per la predisposizione del piano.
Sempre entro lo stesso termine, il piano dovrà essere inviato alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti che si esprimerà sulla sua validità.
Alle operazioni contenute nel piano di razionalizzazione si applicano:

la disciplina in materia di mobilità del personale prevista dall’articolo 1, commi dal 563 al 568 della legge di stabilità 2014. Infatti, le società partecipate possono, sulla base di un accordo tra di esse, realizzare, senza necessità del consenso del lavoratore, processi di mobilità di personale anche in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, in relazione al proprio fabbisogno e per le finalità dei commi 564 e 565 (atti di indirizzo per privilegiare le assunzioni in mobilità da altre società invece che nuove procedure concorsuali; predisposizione della dichiarazione di esubero del personale) .

La disciplina in materia di benefici fiscali di cui all’articolo 1, comma 568-bis della legge di stabilità 2014. In caso di scioglimento di società o aziende speciali, direttamente partecipate, in corso o deliberato non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, gli atti e le operazioni posti in essere in favore di pubbliche amministrazioni in seguito allo scioglimento sono esenti da imposizione fiscale, ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto. Le imposte di registro, ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa. Nel caso di scioglimento di società controllate indirettamente, le plusvalenze realizzate in capo alle società controllante non concorrono alla formazione del reddito e del valore della produzione netta e le minusvalenze sono deducibili nell’esercizio in cui sono realizzate e nei quattro successivi.

In caso di scioglimento (entro i dodici mesi), ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, le plusvalenze non concorrono alla formazione del reddito e del valore della produzione netta e le minusvalenze sono deducibili nell’esercizio in cui sono realizzate e nei quattro successivi.
Le deliberazioni di scioglimento e di liquidazione, adottate dalle società partecipate, e gli atti di dismissione delle partecipazioni societarie sono disciplinati esclusivamente dal codice civile.
Conclusioni
La scelta operata dal legislatore nell’adozione delle disposizioni in materia di razionalizzazione della struttura delle società partecipate sembra, in parte, discostarsi dalle previsioni legislative precedenti, non dettando dei criteri rigidi e ben definiti (es. l’articolo 14 comma 32 del d.l. 78/2010), ma lasciando libertà di scelta agli enti locali nell’ambito di criteri generali dettati. (6)
Se questo modus operandi può essere ritenuto positivo in quanto valorizza l’autonomia degli enti locali, dall’altro crea il rischio che, in assenza di disposizioni immediatamente precettive, solo gli enti che sempre hanno dimostrato serietà e competenza rispondano positivamente alle disposizioni legislative.
La scelta di individuare la Corte dei Conti come destinatario finale del piano e delle relazioni può rappresentare un valido deterrente al rispetto della normativa.
Non è rinvenibile nelle norme in esame la presenza di sanzioni per il mancato rispetto normativo, se non quelle previste in caso di mancata pubblicazione delle relazioni, ai sensi dell’articolo 46 del decreto legislativo n° 33/2013. (7)
Alcune misure di razionalizzazione (le fusioni e le cessioni), scontano necessariamente il parametro economico dell’appettibilità del mercato e necessitano per la realizzazione di tempi, anche non brevi. Il loro raggiungimento va oltre la volontà dei singoli enti locali.
Altre misure (le liquidazioni) sono condizionate dalle caratteristiche economiche delle società e da conseguenze di carattere sociale quali il licenziamento o la difficoltà di ricollocazione del personale dipendente in altre strutture operative.
Gli stessi interventi di riduzione dei costi, in assenza di parametri ben determinati, rischiano di risultare inefficaci essendo sufficiente, per il raggiungimento dell’obiettivo, una loro riduzione minima.
La diminuzione dei costi relativi agli organi amministrativi, già oggetto di precedenti interventi, può risultare inefficace, là dove gli spazi operativi siano oramai ridotti al minimo.
Si pensi ad esempio alle società controllate dai comuni o dalle province dove il costo dei componenti del consiglio di amministrazione, parametrato al valore dell’indennità di carica del sindaco o del presidente della provincia, ha subito già la riduzione del dieci per cento con la disposizione del d.l. 78/2010 articolo 6 comma 3 ed è stata oggetto di una ulteriore riduzione del venti per cento con il d.l. 90/2014. (8) (9)
Nessuna riduzione ulteriore è possibile là dove un risparmio sia stato conseguito negli anni passati con la trasformazione del Consiglio di amministrazione in organo monocratico (l’amministratore unico).
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(1) 609. Al fine di promuovere processi di aggregazione e di rafforzare la gestione industriale dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, all’articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «cui gli enti locali partecipano obbligatoriamente, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 90, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Qualora gli enti locali non aderiscano ai predetti enti di governo entro il 1º marzo 2015 oppure entro sessanta giorni dall’istituzione o designazione dell’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale ai sensi del comma 2 dell’articolo 13 del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni, i poteri sostitutivi. Gli enti di governo di cui al comma 1 devono effettuare la relazione prescritta dall’articolo 34, comma 20, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e le loro deliberazioni sono validamente assunte nei competenti organi degli stessi senza necessita’ di ulteriori deliberazioni, preventive o successive, da parte degli organi degli enti locali.
Nella menzionata relazione, gli enti di governo danno conto della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e ne motivano le ragioni con riferimento agli obiettivi di universalita’ e socialita’, di efficienza, di economicita’ e di qualita’ del servizio. Al fine di assicurare la realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari da parte del soggetto affidatario, la relazione deve comprendere un piano economico-finanziario che, fatte salve le disposizioni di settore, contenga anche la proiezione, per il periodo di durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti, con la specificazione, nell’ipotesi di affidamento in house, dell’assetto economico-patrimoniale della societa’, del capitale proprio investito e dell’ammontare dell’indebitamento da aggiornare ogni triennio. Il piano economico-finanziario deve essere asseverato da un istituto di credito o da societa’ di servizi costituite dall’istituto di credito stesso e iscritte nell’albo degli intermediari finanziari, ai sensi dell’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, o da una societa’ di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966. Nel caso di affidamento in house, gli enti locali proprietari procedono, contestualmente all’affidamento, ad accantonare pro quota nel primo bilancio utile, e successivamente ogni triennio, una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto per il triennio nonche’ a redigere il bilancio consolidato con il soggetto affidatario in house»;
b) dopo il comma 2 e’ inserito il seguente: «2-bis. L’operatore economico succeduto al concessionario iniziale, in via universale o parziale, a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, fermo restando il rispetto dei criteri qualitativi stabiliti inizialmente, prosegue nella gestione dei servizi fino alle scadenze previste. In tale ipotesi, anche su istanza motivata del gestore, il soggetto competente accerta la persistenza dei criteri qualitativi e la permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario al fine di procedere, ove necessario, alla loro rideterminazione, anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza di tutte o di alcune delle concessioni in essere, previa verifica ai sensi dell’articolo 143, comma 8, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, effettuata dall’Autorita’ di regolazione competente, ove istituita, da effettuare anche con riferimento al programma degli interventi definito a livello di ambito territoriale ottimale sulla base della normativa e della regolazione di settore»;
c) il comma 4 e’ sostituito dal seguente: «4. Fatti salvi i finanziamenti gia’ assegnati anche con risorse derivanti da fondi europei, i finanziamenti a qualsiasi titolo concessi a valere su risorse pubbliche statali ai sensi dell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione relativi ai servizi pubblici
locali a rete di rilevanza economica sono attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali ovvero ai relativi gestori del servizio a condizione che dette risorse siano aggiuntive o garanzia a sostegno dei piani di investimento approvati dai menzionati enti di governo. Le relative risorse sono prioritariamente assegnate ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica o di cui comunque l’Autorita’ di regolazione competente, o l’ente di governo dell’ambito nei settori in cui l’Autorita’ di regolazione non sia stata istituita, attesti l’efficienza gestionale e la qualita’ del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti dall’Autorita’ stessa o dall’ente di governo dell’ambito, ovvero che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria»;
d) dopo il comma 4 e’ inserito il seguente: «4-bis. Le spese in conto capitale, ad eccezione delle spese per acquisto di partecipazioni, effettuate dagli enti locali con i proventi derivanti dalla dismissione totale o parziale, anche a seguito di quotazione, di partecipazioni in societa’, individuati nei codici del Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) E4121 e E4122, e i medesimi proventi sono esclusi dai vincoli del patto di stabilita’ interno»;
e) dopo il comma 6 e’ aggiunto il seguente: «6-bis. Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, comprese quelle di carattere speciale, in materia di servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica si intendono riferite, salvo deroghe espresse, anche al settore dei rifiuti urbani e ai settori sottoposti alla regolazione ad opera di un’autorita’ indipendente».
(2) 611. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, commi da 27 a 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e dall’articolo 1, comma 569, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell’azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le universita’ e gli istituti di istruzione universitaria pubblici e le autorita’ portuali, a decorrere dal 1º gennaio 2015, avviano un processo di razionalizzazione delle societa’ e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015, anche tenendo conto dei seguenti criteri:
a) eliminazione delle societa’ e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalita’ istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione;
b) soppressione delle societa’ che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
c) eliminazione delle partecipazioni detenute in societa’ che svolgono attivita’ analoghe o similari a quelle svolte da altre societa’ partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni;
d) aggregazione di societa’ di servizi pubblici locali di rilevanza economica;
e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonche’ attraverso la riduzione delle relative remunerazioni.
(3) Roberto Camporesi in “Il piano di razionalizzazione delle società partecipate locali nella legge di stabilità 2015” Diritto dei Servizi Pubblici
http://www.dirittodeiservizipubblici.it/articoli/articolo.asp?sezione=dettarticolo&id=6
(4) Santuari Alceste “società partecipate: gli steps per il piano di razionalizzazione” in rivista persona e danno. http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=47032&catid=195&Itemid=442&mese=01&anno=2015
(5) Sono considerate società controllate:
1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.
(6) 32. Fermo quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire società. Entro il 31 dicembre 2010 i comuni mettono in liquidazione le società già costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero ne cedono le partecipazioni. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle società, con partecipazione paritaria ovvero compartecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti;i comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società; entro il 31 dicembre 2010 i predetti comuni mettono in liquidazione le altre società già costituite.
(7) Violazione degli obblighi di trasparenza – Sanzioni
1. L’inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente o la mancata predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili.
2. Il responsabile non risponde dell’inadempimento degli obblighi di cui al comma 1 se prova che tale inadempimento e’ dipeso da causa a lui non imputabile.
(8) 3. Fermo restando quanto previsto dall’art. 1 comma 58 della legge 23 dicembre 2005 n. 266, a decorrere dal 1° gennaio 2011 le indennita’, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilita’ comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n.196, incluse le autorita’ indipendenti, ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010. Gli emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi del presente comma. Le disposizioni del presente comma si applicano ai commissari straordinari del Governo di cui all’articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400 nonche’ agli altri commissari straordinari, comunque denominati. La riduzione non si applica al trattamento retributivo di servizio.
(9) Art. 16 (Nomina dei dipendenti nelle societa’ partecipate)
1. All’articolo 4 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sono apportate le seguenti modificazioni:
((a) il comma 4 e’ sostituito dal seguente:
“4. Fatta salva la facolta’ di nomina di un amministratore unico, i consigli di amministrazione delle societa’ controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90 per cento dell’intero fatturato devono essere composti da non piu’ di tre membri, ferme restando le disposizioni in materia di inconferibilita’ e incompatibilita’ di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. A decorrere dal 1º gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali societa’, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non puo’ superare l’80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013. In virtu’ del principio di onnicomprensivita’ della retribuzione, qualora siano nominati dipendenti dell’amministrazione titolare della partecipazione, o della societa’ controllante in caso di partecipazione indiretta o del titolare di poteri di indirizzo e di vigilanza, fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al
rimborso delle spese documentate, nel rispetto del limite di spesa di cui al precedente periodo, essi hanno l’obbligo di riversare i relativi compensi all’amministrazione o alla societa’ di appartenenza e, ove riassegnabili, in base alle vigenti disposizioni, al fondo per il finanziamento del trattamento economico accessorio”;
b) il comma 5 e’ sostituito dal seguente:
“5. Fermo restando quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge e fatta salva la facolta’ di nomina di un amministratore unico, i consigli di amministrazione delle altre societa’ a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, devono essere composti da tre o da cinque membri, tenendo conto della rilevanza e della complessita’ delle attivita’ svolte. A tali societa’ si applica quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo del comma 4″.

di Antronello Cocco

Fonte: leggioggi.it

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