ANCI Risponde – La convenzione tra Comuni

L’ANCI Risponde alla seguente domanda posta da un Comune.

DOMANDA:

L’Ente capofila – stazione appaltante di un servizio fra più Comuni, in virtù della convenzione stipulata con essi, ha chiesto ad un Comune “gli interessi di mora previsti dalla normativa vigente” per il ritardato pagamento di alcune note informative nelle quali dichiara che esse non costituiscono fatture commerciali in quanto trattasi di trasferimento tra enti pubblici ai sensi della convenzione per lo svolgimento di servizi associati.
Si chiede pertanto se, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002 così come modificato dal D.Lgs. n.192/2012, l’attività svolta dall’ente capofila, in rapporto ai comuni convenzionati, possa qualificarsi come “transazione commerciale” e pertanto esso sia da considerarsi “impresa”.
Nel caso affermativo si chiede inoltre se siano dovuti gli interessi di mora anche in assenza della relativa richiesta da parte della ditta appaltatrice del servizio.

RISPOSTA:

Il D.Lgs. 231/2002, come modificato dal D.Lgs. 192/2012, all’articolo 2 stabilisce che la normativa in questione si applica alle “transazioni commerciali”, cioè ai contratti, comunque denominati, tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo. La circolare del Ministero dello sviluppo economico n. 0001293 del 23/1/2013, nel commentare queste disposizioni, afferma che “in conclusione, si ritiene che la nuova disciplina dei ritardati pagamenti introdotta in attuazione della normativa comunitaria 7/2011/UE, si applica ai contratti pubblici relativi a tutti i settori produttivi, inclusi i lavori, stipulati a decorrere dal 1/1/2013, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 192/2012”. Si ritiene che la convenzione stipulata tra i Comuni in questione, sottoscritta sulla base di quanto stabilito dall’articolo 30 del Tuel, non possa essere equiparata ad un contratto che da luogo ad una transazione commerciale. Infatti, il comune capo fila si ritiene che non assuma la veste di “imprenditore”, cioè di un soggetto “esercente un’attività economica organizzata o una libera professione”. Pertanto, si ritiene che i rapporti finanziari che conseguono ad una convenzione costituita sulla base dell’articolo 30 del Tuel, non diano luogo a fatture commerciali, con la conseguenza che in questo caso non sono applicabili le disposizioni previste dal D.Lgs. 231/2002.

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