Anche gli immobili in concessione sono soggetti a riduzione. Contrasto di orientamenti tra giudici contabili – Il Commento di V. Giannotti

di V. Giannotti (www.bilancioecontabilita.it 24/6/2016)

Il D.L.95/2012 (art.3, co. 4) aveva obbligato le Amministrazioni centrali alla riduzione dei contratti di locazione passiva, per gli immobili oggetto di utilizzazione per fini istituzionali, di almeno il 15%. Tale normativa era stata successivamente estesa a tutte le PA, includendo quindi anche gli enti locali, in forza delle disposizioni contenute nel d.l.66/2014 (art.24 co.4 lett.b).
In particolare la riduzione del canone di locazione si applica anche agli utilizzi in essere in assenza di titolo alla data di entrata in vigore delle citate disposizioni legislative. In merito al rinnovo del rapporto di locazione lo stesso era consentito solo in presenza e coesistenza delle seguenti condizioni:
a) disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per il pagamento dei canoni, degli oneri e dei costi d’uso, per il periodo di durata del contratto di locazione;
b) permanenza delle esigenze allocative in relazione ai fabbisogni espressi agli esiti dei piani di razionalizzazione di cui dell’articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ove già definiti, nonché di quelli di riorganizzazione ed accorpamento delle strutture previste dalle norme vigenti.
Definita la cornice legislativa, nonché gli obblighi posti in capo alla PA, la problematica si sposta sulla possibilità di estendere tale condizioni anche alle concessioni di beni immobili effettuate dalle PA in considerazione della differenza con le locazioni passive disposte dalla normativa citata. Il quesito di un Comune, pertanto, riguarda la possibilità riconosciuta ad una PA di rescindere dal contratto di affitto qualora l’altra PA non disponga la citata riduzione della spesa, anche a fronte di un contratto di concessione per l’uso di un immobile per finalità istituzionali dell’altra P.A.

 

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