Sezione delle Autonomie – Relazione concernente “Gli andamenti della finanza territoriale

La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, nell’adunanza dell’11 luglio 2014 (deliberazione n. 20/SEZAUT/2014/FRG), ha approvato la relazione al Parlamento sui risultati delle analisi dei flussi di cassa degli enti territoriali per gli anni 2011-2012-2013.

Nella relazione si sono utilizzati prevalentemente i dati reperibili dal SIOPE, che registra i flussi di cassa degli enti territoriali, e dal SICO, il sistema informativo che raccoglie le informazioni relative alla spesa di personale.

La Sezione ha riunito in un unico referto le analisi sui dati di cassa sia delle Regioni che degli Enti locali, offrendo così una visione d’insieme delle problematiche e degli effetti finanziari che nel corso del 2013 hanno interessato le riscossioni ed i pagamenti dell’intero comparto delle Autonomie territoriali.

Le valutazioni della Sezione saranno oggetto di verifica nell’ambito del prossimo referto autunnale, le cui analisi troveranno fondamento nei dati di rendiconto 2013. Con tale referto si chiuderà il ciclo annuale dell’attività referente della Sezione, che ha visto già approvati, con deliberazione n. 15 del 27 maggio 2014, un’indagine sugli Organismi partecipati/controllati da Comuni, Province e Regioni e, con deliberazione n. 17 del 12 giugno 2014, una esposizione analitica dei risultati del Patto di stabilità interno per il 2013, con riferimento all’intera platea degli enti territoriali.

Il quadro che emerge dalle analisi effettuate sui dati di cassa risulta fortemente influenzato dall’immissione di liquidità avviata dal d.l. n. 35/2013 e proseguita dal d.l. n. 102/2013 e n. 66/2014, con la quale il Governo ha cercato di imprimere una accelerazione dei pagamenti dei debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche maturati alla data del 31 dicembre 2012, rendendo disponibili agli enti territoriali maggiori risorse per un totale di complessivi 23,7 miliardi di euro nell’anno 2013 e 24,7 miliardi di euro per il 2014.

I  risultati dell’indagine confermano come le misure di alleggerimento dei vincoli del patto di stabilità interno siano state interamente utilizzate da Regioni e Province ma non dai Comuni, i quali hanno usufruito degli spazi finanziari in misura inferiore del previsto.

Nel complesso, sono rimasti inutilizzati circa 3,6 miliardi, pari al 15% delle risorse disponibili, nonostante l’evidente carenza di liquidità del comparto, come sembra dimostrare il diffuso ricorso alle anticipazioni di cassa, in aumento rispetto al precedente esercizio.

Sul piano della spesa, il comparto Regioni e Province autonome fa registrare movimenti di cassa in uscita con ritmo crescente (201,2 miliardi di euro nel 2011, 208,1 miliardi nel 2012 e 256,1 miliardi nel 2013). I maggiori importi sono imputabili a spesa corrente (141,7 miliardi di euro nel 2011, circa 142 miliardi nel 2012, e 144,7 miliardi nel 2013), la metà della quale è assorbita da cinque enti regionali (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Piemonte).

Per tutte le Regioni a statuto ordinario, è crescente l’incidenza della spesa corrente non sanitaria sul totale del Titolo I, in particolare di quella per acquisto di beni e servizi; aumento che potrebbe essere influenzato dal pagamento dei debiti pregressi, ai sensi dei dd.ll. n. 35/2013 e 102/2013.

Con riferimento alla spesa in conto capitale, la positiva inversione di tendenza riscontrabile nel totale del Titolo II, che cresce di 1,8 miliardi nel 2013 rispetto all’anno precedente, si riflette anche sulla spesa al netto della componente sanitaria, soprattutto nelle Regioni a statuto ordinario. Nel triennio 2011-2013, accanto a variazioni percentuali altamente positive di tale categoria di spesa (in particolare in Campania e Puglia), si registrano importanti scostamenti negativi in Veneto, Liguria, Emilia-Romagna e Toscana, che riferiscono di investimenti concentrati nel settore sanitario. Cresce anche la spesa per partecipazioni azionarie, che rappresenta una parte minimale della spesa netta in conto capitale (circa il 2%), in controtendenza rispetto alle misure intese a disincentivare il ricorso allo strumento delle società partecipate.
In ordine all’andamento della gestione sanitaria, si rilevano talune incertezze nella ricostruzione dei dati, dovute alle modalità di registrazione nelle contabilità speciali delle anticipazioni ricevute dallo Stato e dei relativi rimborsi. Allo stato, per quanto riguarda la spesa sanitaria delle Regioni, essenzialmente caratterizzata da trasferimenti, si evidenzia una sostanziale stabilità nel triennio preso in considerazione. Nel 2013, infatti, la spesa resta, sostanzialmente, sui livelli del 2012, dopo l’aumento, seppur contenuto (+1,47%), segnato rispetto al 2011. Le maggiori entrate dovute ai dd.ll. n. 35 e 102/2013 non sembrano aver inciso sul livello di spesa. Il fenomeno dovrà essere ulteriormente indagato.

Sul versante degli enti dei Servizi sanitari regionali, si evidenzia un andamento in crescita dei pagamenti correnti (da 113,8 miliardi del 2011, a 119,2 miliardi del 2013), cifre che potrebbero essere ritoccate in aumento per effetto di operazioni non collegate al SIOPE in quanto gestite da enti attualmente non previsti dal sistema (ad es. centrali di committenza). Il dato è da considerarsi ancora grezzo, in quanto dovrebbe essere depurato dei pagamenti che danno luogo a movimentazioni all’interno del sistema sanitario pubblico, ma che non sono esattamente perimetrabili – nel sistema informativo – sul fronte spese. Sul versante riscossioni, invece, nel periodo considerato le entrate dovute a riscossioni tra enti sanitari pubblici oscillano tra 9,6 e 10,1 miliardi, somme che dovrebbero trovare riscontro in uguali partite di spesa e che andrebbero sottratte dal totale dei movimenti.

L’andamento in crescita della spesa corrente non risulta coerente con i dati di contabilità nazionale riportati nel DEF, che, invece, registrano una riduzione della spesa sanitaria. Tuttavia occorre rilevare che, a parte i diversi criteri di rilevazione della spesa (in particolare il riferimento alla competenza economica per quanto riguarda i risultati riportati nel predetto documento), nei flussi di cassa analizzati confluiscono tutte le riscossioni e i pagamenti, senza distinzione tra operazioni in conto competenza e operazioni in conto residui. Sui risultati finali della gestione di cassa pesano quindi anche i pagamenti dei debiti pregressi di parte corrente (non rilevati dalla competenza economica) estinti grazie alle menzionate anticipazioni di liquidità. Anche se, apparentemente, nel 2013 gli incassi di parte corrente non sono stati sufficienti a coprire i pagamenti, per una compiuta valutazione dei risultati gestionali del settore sanitario resta decisivo un approfondimento – che la Sezione si riserva di effettuare in occasione di un prossimo referto – sull’andamento delle passività ancora non tradottesi in pagamenti e sull’e ffettiva capienza delle risorse disponibili rispetto alla gestione dell’anno.

Sul fronte dei dati strutturali, per le Province si registra un miglioramento delle entrate correnti (+3%), nonostante la significativa riduzione, nel corso del 2013, del fondo sperimentale di riequilibrio, che nel 2013 ha generato incassi per soli 88,8 milioni contro i 241,2 milioni del 2012. Tale carenza è stata, in qualche misura, compensata da un incremento delle entrate da trasferimenti (+11,21%), presumibilmente motivato da regolazione di partite pregresse e recupero entrate. Una dinamica virtuosa si rileva per le entrate in conto capitale, ove gli incassi hanno fatto registrare un incremento delle alienazioni di beni immobili; la carenza di liquidità, invece, ha verosimilmente determinato l’incremento delle anticipazioni di tesoreria.

Per i Comuni, si è assistito ad una complessiva tenuta delle entrate correnti (+0,64% rispetto al 2012), sia pure contestualmente ad una ricomposizione dei valori all’interno dei titoli, dove il decremento delle entrate proprie (-7,18%), causato dal mancato gettito dell’IMU sull’abitazione principale, risulta sostanzialmente pareggiato, in valore assoluto, da un incremento dei trasferimenti compensativi, che, in termini percentuali, misura +22,67%.

Nell’ambito delle entrate proprie spicca l’incremento (+23,82%) delle tasse da ascrivere principalmente alla TARES; in valore assoluto i Comuni hanno incassato 1,6 miliardi in più rispetto al 2012.

Le entrate in conto capitale fanno registrare un decremento degli incassi da alienazione e trasferimenti di beni immobili (-9,02% rispetto al 2012), mentre riprende l’indebitamento (+57,65%), peraltro per un importo di modesta rilevanza, in valore assoluto, pari a poco più di 1,6 miliardi per l’intero comparto dei Comuni. Molto significativo è l’aumento delle riscossioni da anticipazioni di cassa (+31,93%) determinato dalla necessità di fare fronte al mancato gettito da tassazione immobiliare per le norme intervenute nel corso del 2013.

A differenza delle Province per le quali la spesa corrente flette del 4,96%, includendo la flessione delle spese per il personale e per la prestazione di servizi, nei Comuni la stessa cresce dell’8,2% anche se quale risultante della diminuzione – in linea con il trend dell’ultimo triennio- della spesa per il personale (-2,98%) e dell’incremento della spesa per l’acquisto di beni (0,33%) e per la prestazione di servizi (12,03%). Quest’ultima voce aumenta per tutte le fasce demografiche: più contenuta nei Comuni appartenenti alle fasce fino a 5000 abitanti e decisamente più elevata in quelli di medie e grandi dimensioni.
Gli investimenti non dimostrano un cambiamento di tendenza significativo nel comparto considerato, anche se le Province, nonostante il forte decremento delle risorse a disposizione, hanno fatto registrare una leggera spinta in avanti delle spese in conto capitale (+28,59%), mentre per i Comuni (-6,33%) si confermano le condizioni finanziarie negative, che determinano il gap infrastrutturale.

Un’osservazione specifica è stata condotta anche sugli interventi normativi finalizzati alla revisione della spesa corrente, dalla quale è emersa, da una parte, la, ancora evidente, insufficienza di misure organiche idonee a determinare effetti stabili di una revisione selettiva, dall’altra parte l’attuale carenza di valide alternative all’imposizione di specifici obiettivi di risparmio garantiti in ogni casi da misure di recupero sulle risorse disponibili.
Un’ulteriore focalizzazione è stata condotta sull’effettivo rafforzamento dei controlli interni, disegnato dal d. l. n. 174/2012, all’esito della quale si è evidenziato che i controlli tradizionali si sono in buona parte consolidati, mentre per i controlli di nuova istituzione si registrano ancora delle difficoltà sotto il profilo organizzativo e funzionale.

Relativamente alla spesa di personale del comparto Regioni ed autonomie locali, dalla rilevazione SICO emerge che il comparto, complessivamente, occupa circa 550.000 dipendenti. La spesa totale dell’intero comparto ammonta a circa 15 miliardi di euro.
Nel 2012, per l’insieme degli enti esaminati a livello nazionale, la spesa media per un dipendente regionale ammonta a 35.050 euro, a fronte di 27.780 relativi al dipendente comunale e di 28.358 per il dipendente provinciale. La spesa media per il personale dirigente è di 92.735 nelle Regioni, 87.054 nei Comuni e 96.554 nelle Province.

L’impatto della spesa di personale sul complesso della spesa corrente si evidenzia dall’a nalisi dei pagamenti registrati in SIOPE, da cui si evince, per il 2013, un valore del 16,27% per le Regioni e le Province autonome (ove il totale del Titolo I è stato depurato della spesa sanitaria), del 28,86% per i Comuni e del 27,23% per le Province.

La distribuzione non uniforme del personale sul territorio nazionale, con punte di maggiore concentrazione nelle Regioni del Sud e in Sicilia, si riflette anche sul rapporto di incidenza tra dipendenti e dirigenti, mentre nel complesso delle Regioni l’incidenza è di un dirigente ogni 17 unità di personale, nei Comuni diventa di 1/60 e nelle Province di 1/40, con significative variazioni da Regione a Regione. In taluni casi (riferibili al personale delle Regioni e di alcuni Comuni), tale rapporto, pur essendo ampiamente favorevole rispetto alla media, non può essere considerato indicativo di un’ottimale organizzazione del lavoro, in relazione alla presenza di un elevato numero di personale dipendente.

Sotto un profilo più generale, si assiste ad una riduzione delle unità annue, nel triennio 2010/2012, nelle RSO e nelle RSS, pari a -2,07%, con una flessione della spesa totale di -1,10%. Variazioni di maggior rilievo si registrano nei Comuni (con una riduzione dei segretari comunali/direttori generali di -4,18%, dei dirigenti pari a -12,59% e dei non dirigenti pari a -4,68%), a fronte di una diminuzione della spesa totale complessiva del 5,10%, e nelle Province ove alla flessione del personale (segretari provinciali/direttori generali di -3,30%, dirigenti -15,42%, non dirigenti -5,17%) corrisponde un decremento della spesa totale del 5,40%.
Ai fini dell’analisi del costo del personale altro indicatore significativo, indipendente dal numero dei soggetti, è costituito dalla spesa media che, in presenza dei noti vincoli/blocchi stipendiali, dovrebbe rimanere stabile. Se ne rileva, invece, la tendenza incrementale in talune realtà regionali e locali caratterizzate dalla sensibile contrazione della consistenza del personale dirigente; il che appare sintomatico della reiterata prassi di ripartire le risorse del trattamento accessorio tra i dirigenti rimasti in servizio, in contrasto con il disposto dell’art. 9, co. 2-bis, d.l. n. 78/2010. Ciò potrebbe significare che la riduzione di personale, in alcuni casi, non comporta risparmi, ma, al contrario, aumenti della spesa.

Fonte: Corte dei conti

 

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