Finalmente una bella notizia: nell’utilizzo dei fondi europei l’Italia ha cambiato verso. Ora ne spendiamo il 77% (eravamo al 58,2%)

Fonte: Italia Oggi

Finalmente una buona notizia. Dopo decenni di ritardi scandalosi, l’Italia si è data una mossa nell’utilizzo dei fondi strutturali europei. La rilevazione è recente: al 31 maggio scorso, il nostro Paese è riuscito a spendere il 77% della dotazione, in pratica 34,3 miliardi di euro, su 46,7 disponibili. Dati, questi, certificati dalla Commissione Ue, validati dalla Ragioneria generale dello Stato e dall’Agenzia per la coesione territoriale. Il balzo in avanti parla da solo: nel periodo 2007-2013 l’Italia non era andata oltre il 58,2% nell’utilizzo dei fondi Ue disponibili. Il cambio di passo è notevole, e richiederà ulteriori approfondimenti per capire meglio di chi sia il merito di questa piccola rivoluzione, che poi tanto piccola non è.

I fondi strutturali europei impegnano ogni anno più di un terzo (37,5%) del bilancio Ue e sono stati ideati per sostenere lo sviluppo delle aree più deboli dell’Unione e quello di alcuni settori particolari. Per il prossimo quinquennio, la Commissione Juncker ha stanziato 300 miliardi, dei quali 41 destinati all’Italia. Gli strumenti usati per distribuire questi fondi sono principalmente due: il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), che assorbe circa due terzi delle risorse, e il Fondo sociale europeo (Fse). Il primo interviene per finanziare infrastrutture e investimenti produttivi, che generano occupazione; il secondo favorisce l’inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie sociali più deboli. Ai due fondi si affiancano poi i cofinanziamenti statali e regionali, con i Pon (Piani operativi nazionali) e i Por (Piani operativi regionali).

Troppa burocrazia? Probabile. Ma non più di tanto, se è vero che, finora, quasi tutti gli altri paesi europei sono sempre riusciti a fare meglio dell’Italia. Tanto è vero che, nel periodo 2007-2013, il nostro paese ha versato all’Europa 109,7 miliardi di euro e ne ha ricevuti indietro 71,8 attraverso i programmi comunitari, comprensivi dei fondi strutturali. Dunque, un saldo negativo di 37,8 miliardi, dovuto soprattutto alla scarsa capacità della burocrazia di aiutare il governo nazionale e le Regioni nella stesura di progetti credibili e tempestivi a Bruxelles. Anzi, più volte le richieste di finanziamento italiane sono state messe alla berlina per la ridicolaggine totale.

Clamoroso il caso dei 750 mila euro spesi a Napoli dalla Regione Campania qualche anno fa per un concerto di Elton John, sotto la voce «sviluppo culturale». Soldi che la Regione è stata poi costretta a restituire all’Ue. Centinaia di casi analoghi, per lo più finanziamenti di sagre paesane molto diffuse nel Sud, sono stati individuati dagli ispettori di Bruxelles, che per questo sono diventati di braccino corto con l’Italia. Resta il fatto che tuttora le Regioni meridionali non sono un modello di efficienza, anche se hanno fatto passi avanti: rispetto alla media nazionale del 77% di fondi Ue spesi, le Regioni del Nord hanno contribuito con l’86,2%, contro il 72,% di quelle meridionali (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia), che sono quelle maggiormente bisognose.

A conti fatti, restano 12 miliardi da spendere del programma Ue 2007-2013. Il governo di Matteo Renzi si è impegnato a farlo entro il 31 dicembre prossimo, pena la perdita dei fondi Ue. Ovviamente sarà determinante, in termini di efficienza, il contributo delle Regioni, che, per questa partita residuale, saranno esentate dall’obbligo del cofinanziamento, novità introdotta dal Cipe nel febbraio scorso. Per coinvolgerle maggiormente nell’uso dei fondi europei, Renzi ha deciso infatti che anche le Regioni dovranno partecipare in futuro al cofinanziamento dei vari progetti approvati da Bruxelles. In media, la quota di cofinanziamento regionale sarà del 50%, mentre per le tre Regioni maggiormente in ritardo nel passato (Campania, Calabria, Sicilia), la quota scende al 25%, a fronte di un taglio netto di 7 miliardi delle risorse disponibili per queste Regioni. Una frustata secca, punitiva per i governatori più inefficienti, ma anche una frustata benefica forse all’origine dell’improvvisa accelerazione nell’uso dei fondi Ue.

Tra i Paesi europei, l’Italia è oggi il quarto contributore netto, con un saldo negativo di 37,8 miliardi tra il versato (109,7 miliardi) e il ricevuto (71,8) nel periodo 2007-2013. Da uno studio di Giuseppe Bortolussi, forse l’ultimo prima della sua scomparsa, emerge che il primo contributore netto è la Germania (con 83,5 miliardi di saldo negativo tra dare e avere), seguita dal Regno Unito (48,8 miliardi) e dalla Francia (46,5). Tutti gli altri paesi sono i percettori netti, avendo ottenuto più di quanto hanno versato a Bruxelles.

Bortolussi aveva calcolato la spesa e l’introito pro capite. Ogni tedesco ha speso 1.034 euro per l’Europa, e ogni italiano 623 euro. Per contro, nel periodo 2007-2013, ogni spagnolo ha ricevuto 355 euro, un polacco 1.522 euro, un portoghese 2.100. Ma sapete chi ha beneficiato maggiormente dei fondi europei? La Grecia. Ovvero il Paese che, secondo il suo premier Alexis Tsipras e i suoi tifosi italiani, sarebbe stato rapinato dal resto d’Europa. Invece Atene ha preso 32,2 miliardi di euro più di quanto ha versato. Pari a 2.960 euro netti per ogni suo abitante..

© RIPRODUZIONE RISERVATA